Alessia Pifferi sulla morte della figlia Diana: "Non le ho mai dato tranquillanti"

Cronaca

Questa la testimonianza della 38enne in corte d'assise a Milano, dove è imputata per omicidio con l'accusa di aver lasciato morire di stenti, nel luglio dello scorso anno, la figlia di un anno e mezzo. "L'ho lasciata da sola pochissime volte”, ha testimoniato ancora

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"Quello che so per certo è che io non ho mai dato gocce o tranquillanti a mia figlia". Queste le dichiarazioni di Alessia Pifferi, presente in corte d'assise a Milano, dove è imputata per omicidio con l'accusa di aver lasciato morire di stenti, nel luglio dello scorso anno, la figlia Diana, di un anno e mezzo. La donna, poi, ha parlato anche dell'uomo che frequentava all'epoca dei fatti. "Ha provato un paio di volte a mettermelo nel bicchiere, ma io non ho mai preso tranquillanti. Non me ho mai avuto bisogno", ha raccontato la Pifferi. Il tranquillante "l'ha portato lui perché' l'usava per dormire", ha poi aggiunto.

La testimonianza: "L'ho lasciata da sola pochissime volte"

C’è ancora il compagno di quel periodo nei racconti della donna. "Andavo da lui il fine settimana. Le prime volte portavo la bambina, mentre altre volte la lasciavo a questa amica che non si trova. L'ho lasciata da sola pochissime volte. L'indomani tornavo a casa, di solito", ha riferito ancora la donna durante l'udienza in Corte d'assise. "Pensavo che il latte le bastasse, la lasciavo sola nel lettino, in un lettino da campeggio”, ha testimoniato, con riferimento proprio a quando usciva di casa per recarsi dal compagno. Secondo Pifferi, tra l’altro, la bambina "non era in grado di uscire da sola dal lettino”, stesso. "Quando tornavo era tranquilla, la cambiavo, le davo la pappa, era tranquilla. Le cambiavo anche il pannolino sporco di urina".

Il giorno della morte della piccola

“Quando sono rientrata quel 20 luglio del 2022 ho trovato mia figlia nel lettino, sono andata subito da mia figlia, non ricordo se la porta era aperta o chiusa. L’ho accarezzata, ma non si muoveva: ho capito che c’era qualcosa che non andava, non era in piedi come le altre volte”. Questo, ancora, uno dei passaggi dell’interrogatorio della donna accusata, relativo proprio al giorno del decesso della piccola.  “Non era fredda la bambina, ho tentato di rianimarla, l’ho presa in braccia e le ho faccio il massaggio cardiaco, in bagno ho provato a bagnarle le manine, i piedini e la testa per vedere se si riprendeva”, ha aggiunto. "Tremai, sudai, mi misi a piangere, chiama il 118”, poi ecco la richiesta al compagno  di raggiungerla ma “lui non venne. "Piangevo, tremavo, ero sotto choc, capii che non c’era più nulla da fare quando vidi i medici”, ha proseguito.

"Non tornai da Diana per paura del mio compagno"

"Avevo paura di parlare. Non dissi niente e lui mi riportò a casa sua. Per questa ragione non sono tornata a casa da Diana", ha continuato nel suo racconto Pifferi, rispondendo alle domande del pm. Quando lui, due giorni prima del ritrovamento del corpo della bimba, era dovuto andare a Milano per lavoro, la donna lo aveva accompagnato, ma senza passare dalla casa di via Parea in cui la piccola Diana era da sola. "Io mi preoccupavo di mia figlia, ma purtroppo avevo paura delle reazioni del mio compagno. Avevo paura di parlare con lui, era parecchio aggressivo nel verbale. Una volta ha anche cercato di sbattermi contro a un vetro in una discussione". 

 

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"Non ho mai pensato di far fuori mia figlia"

La testimonianza della donna ha toccato poi altri aspetti. “Non pensavo potesse succedere una cosa del genere, anche perché io non ho mai pensato di far fuori mia figlia”, ha riferito al pm Francesco De Tommasi che le ha chiesto se avesse compreso ciò che poteva succedere se Diana fosse rimasta senza alimentazione. “Non ho idea di cosa potesse succedere se non mangiava, ma certo non una cosa così. In carcere le psicologhe mi hanno detto che un biberon non bastava per sopravvivere”. Poi l'ammissione. "Mi manca mia figlia, mi sento spenta, mi sento buia. Ero orgogliosa di mia figlia, non è mai stata un peso per me", ha detto Pifferi. "Vivo alla giornata ma vivo malissimo. La mia bambina mi manca tantissimo. Il carcere non è di certo un bel posto. Se tornassi indietro non lo rifarei di sicuro".     

 

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