I relitti al largo della Sicilia, un patrimonio archeologico sommerso

Cronaca
Raffaella Daino

Raffaella Daino

Attraversato per secoli dalle navi dell'antica Grecia, sorvolato per anni dagli aerei militari durante la Seconda guerra mondiale, il Mediterraneo custodisce centinaia di relitti. "Raccontano la nostra storia e vanno tutelati" dice il  ricercatore subacqueo Mimmo Macaluso che propone la creazione di un museo internazionale sotto l'egida dell'Unesco perchè "ogni relitto è un frammento di epoca che resta congelato nel momento del naufragio"

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I relitti avvistati e ritrovati nei fondali di fronte alla costa meridionale della Sicilia sono così numerosi che sul litorale di Seccagrande, a Ribera, è stato realizzato un monumento a memoria delle migliaia di persone che in mare, su quei relitti, hanno trovato sepoltura: marinai, armatori, piloti, soldati i cui corpi in molti casi non è stato possibile recuperare. E’ composto da due ancore della nave Angelika naufragata mentre navigava tra la Francia e la Grecia ai primi del ‘900 e dai mattoni che stava trasportando. Reperti recuperati in fondo al mare da Mimmo Macaluso, medico chirurgo di professione, ricercatore sub per passione e ispettore onorario per i beni culturali della Regione Sicilia. Innumerevoli volte Macaluso, uno dei maggiori conoscitori dei fondali siciliani, si è immerso nelle acque che bagnano la costa agrigentina e più a nord lungo quella trapanese, avvistando e segnalando numerosi relitti a decine di metri di profondità.

Monumento a  Seccagrande, Ribera

Il relitto della nave Kent

 

Il Mare di Sicilia è quello con il più alto numero di relitti sul pianeta, di fatto un immenso cimitero di antiche navi greche e romane affondate durante una battaglia o dopo aver subito l’attacco dei pirati mentre attraversavano il Mediterraneo cariche di anfore, spezie, tessuti pregiati tra l’Europa e l’Asia, ma anche navi moderne depredate o naufragate mentre trasportavano merci e caccia abbattuti durante la II guerra mondiale. Ognuno ha una sua storia avvincente, a volte svelata, altre rimasta ignota. A 50 metri di profondità davanti a San Vito lo Capo Macaluso ha raggiunto e filmato il relitto della Kent, nave turco cipriota affondata in circostanze misteriose dopo esser stata incendiata nel 1978, forse dopo aver consegnato un carico di AK 47 alla mafia siciliana. Ufficialmente trasportava copie del Corano.

 

La sicurezza, innanzitutto

 

Il fascino di questi relitti è immenso, sono tanti i sub che si immergono per ammirarli ma va tenuto presente che si tratta di immersioni ad alto rischio, che vanno preparate con cura, affrontate con preparazione senza tralasciare dettagli che potrebbero essere fatali. “Ad esempio, molti non sanno che fumare una sigaretta prima di immergersi è assolutamente proibito"- dice Macaluso. "Mi è capitato da medico di soccorrere un ragazzo andato in depressione respiratoria, l’ho rianimato a 30 metri di profondità. Una situazione particolare, su cui ai tempi non c’erano molti case report.  Cosa succede? Il fumo fa accumulare nel sangue ossido di carbonio che con la pressione atmosferica normale non ha conseguenze ma a 10 metri di profondità la pressione di questo gas raddoppia, a 20 metri è due volte di più, a 30 metri diventa tossico. Altri incidenti possono accadere incastrandosi nel relitto. Va evitato di entrare in luoghi angusti, va controllata l’attrezzatura, vanno rispettate tutte le misure di sicurezza e ci si deve sempre muovere in coppia, mai da soli".

 

L'immersione di Macaluso per vedere il relitto del Kent

Cosa ci insegna la tragedia del Titan?

 

"La prima è la sicurezza, la seconda è la tutela" dice Macaluso. "Occorre tenere a bada la diffusa, morbosa attrazione verso i relitti. Titanic e Andrea Doria sono le navi più saccheggiate. Per recuperare le pregiate ceramiche dalla Andrea Doria sono stati effettuati dei fori utilizzando dell’esplosivo. La tutela dei relitti antichi dovrebbe essere un imperativo. Un relitto è un frammento di epoca che resta congelato nel momento del naufragio, racconta la storia della nave, cosa trasportava, l'architettura navale, la rotta che stava compiendo".

 

I relitti depredati

 

Anche nel Canale di Sicilia i saccheggi sono stati innumerevoli, dalle anfore prelevate dalle antiche navi greco romane ai reperti militari portati via dai caccia.  A volte anche nel corso di missioni ufficiali, come accadde nel '97 con un episodio definito di “imperialismo archeologico” quando l’oceanografo Robert Ballard, lo stesso che trovò nell’85 il relitto del Titanic,  si immerse a bordo di un NR 1, sommergibile nucleare della Marina degli Stati Uniti d’America, tra la Sicilia e la Tunisia, di fronte alle coste agrigentine e portò via, trasferendoli negli Stati uniti, decine di reperti di inestimabile valore archeologico e storico.

 

La denuncia

 

Nell’autunno del 1997 Mimmo Macaluso, intervenuto ad un forum internazionale, riuscì a fare firmare ad oltre 120 archeologi, personalità politiche e diplomatici, una risoluzione di condanna, che fu presentata all’Unesco. La stampa americana criticò l’operato di Ballard. Gli Stati Uniti annullarono un’altra operazione di recupero di materiale archeologico prevista per il 1998, non concedendo all’oceanografo Ballard l’uso del sommergibile nucleare NR-1.  Macaluso denunciò l’accaduto, la violazione della Convenzione Internazionale sul diritto del Mare di Montego Bay, all’assessore ai Beni Culturali della Regione Siciliana, al Tribunale Internazionale del Mare di Amburgo e fece pervenire all’allora deputato nazionale Antonino Mangiacavallo una dettagliata relazione sull’accaduto. Il deputato riberese investì della questione il Parlamento Italiano, che, tramite il ministro degli Esteri Lamberto Dini, chiese chiarimenti sulla deplorevole vicenda agli Stati Uniti. Mangiacavallo presentò un progetto di legge per la tutela del patrimonio archeologico sommerso. Ma nel 2003 Ballard tornò  ad immergersi nel mare di fronte alla costa sud della Sicilia a prelevare altri oggetti, altri reperti.

 

Relitti di caccia militari avvistati da Macaluso

Non solo relitti delle antiche navi

 

“Tanti gli aerei che hanno sorvolato il sud della Sicilia durante la seconda guerra mondiale quando tra i campi di aviazione di Sciacca e Castelvetrano infuriavano furiose battaglie" mi racconta Macaluso. "Qui ho trovato il Macchi 202, il caccia più bello dell’Aeronautica italiana e il motore di un B24 Liberator. Anche i relitti dell’aeronautica vanno tutelati e protetti dai saccheggi. L’elica del Macchi ora fa parte di un monumento ai caduti nell’atrio del Comune di Ribera, l’abbiamo recuperata appena in tempo perché stava per essere trafugata. Hanno notevole pregnanza storica, vanno protetti.”

 

L’idea di un museo internazionale Unesco

 

Il compianto Assessore ai Beni Culturali della Regione Sebastiano Tusa sognava la creazione di un grande museo subacqueo. L’archeologo, che perse la vita nel tragico incidente aereo in Etiopia il 10 marzo 2019, riuscì a realizzare la prima Soprintendenza del Mare a Palermo, mentre a livello internazionale, una serie di conferenze portava nel 2001 alla stesura del Convenzione Unesco di Parigi, per la tutela del patrimonio culturale sottomarino. “La mia idea è che si vada oltre” dice Macaluso “con la creazione di un museo internazionale sotto l’egida dell’Unesco, per conservare in questo tratto di mare così ricco di storia questi relitti che fanno parte del patrimonio dell’umanità”.

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