Migranti, processo Open Arms: a ottobre Richard Gere deporrà al processo

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Il dibattimento in corso a Palermo vede imputato il ministro Matteo Salvini, accusato di sequestro di persona e rifiuto di atti d'ufficio, per avere impedito lo sbarco di un gruppo di migranti soccorsi dalla nave della Ong spagnola nell'agosto del 2019

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L'attore Richard Gere sarà sentito il 6 ottobre come teste di parte civile al processo Open Arms, in corso a Palermo, che vede imputato il ministro Matteo Salvini, accusato di sequestro di persona e rifiuto di atti d'ufficio per avere impedito lo sbarco di un gruppo di migranti soccorsi dalla nave della ong spagnola Open Arms nell'agosto del 2019. Salvini è presente in aula.

"Richard Gere ci ha raggiunti a Lampedusa per dare il suo sostegno al nostro equipaggio e a tutte le persone a bordo". E' quanto si legge in una nota di Open Arms, la Ong spagnola che lo scorso 1 agosto ha salvato nel Canale di Sicilia 124 persone che si trovavano su due
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Le testimonianze in aula sui soccorsi a profughi

Intanto, oggi è stato sentito come teste di parte civile Francisco Gentico, volontario della Ong catalana. Il testimone ha raccontato come si svolsero i soccorsi dei migranti a cui poi fu impedito l'attracco. "Per primo avvistammo una barca di legno sovraccarica, con a bordo 55 persone. Quando ci siamo avvicinati ci hanno mostrato i bambini e abbiamo visto 15-16donne e 20 minori. Nessuno era al comando del barcone che aveva il motore a un lato e girava in tondo - ha detto - Non c'erano giubbotti di salvataggio solo pneumatici e c'era molto caldo. Uno dei bambini, tutti piccolissimi, non stava bene". I profughi furono portati sulla Open Arms. Poche ore dopo il secondo soccorso di un gommone mezzo sgonfio con a bordo 69 persone. "Le persone erano sui bordi con le gambe giù a penzoloni, c' erano due donne incinte e due bimbi uno dei quali stava male". Il racconto è proseguito con il resoconto del terzo soccorso, avvenuto il 9 agosto. "Ricevemmo una segnalazione di una barca in zona Sar maltese. Il mare era agitato. La ricerca fu molto lunga, a bordo c'erano 39 persone - ha spiegato - in maggioranza magrebini. I migranti stavano male, vomitavano e uno mostrava la gamba dicendo che l'avevano ferito con una pistola. Facemmo la stessa procedura delle altre volte, ma siccome il mare era mosso in molti, tra cui anche noi soccorritori, ci sentimmo male. Ci dissero che avevano bevuto acqua di mare".

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“A bordo situazione fuori controllo”

"I profughi soccorsi erano sul ponte dell'imbarcazione. C'erano due bagni e donne e bambini erano separati da una striscia di plastica. Finché avevamo a bordo 120 persone la situazione tutto sommato era sotto controllo, poi con l'ultimo salvataggio le cose si fecero difficili. Per fare un po' d'ombra avevamo messo una copertura di plastica che ovviamente non proteggeva dal calore. Quando poi il mare era mosso i migranti si bagnavano. Avevamo poca acqua che cercavamo di tenere da parte per berla, soprattutto non sapendo quanto saremmo rimasti in mare", ha aggiunto Gentico raccontando le condizioni a bordo della Open Arms dopo i soccorsi. "A un certo punto facemmo rotta per Lampedusa, le persone hanno cominciato a festeggiare perché non sapevano che non si poteva entrare in porto - ha proseguito - Restammo davanti all'isola per cinque giorni. Nel frattempo a bordo col passare del tempo le condizioni fisiche e psichiche delle persone cominciarono a peggiorare. Alcuni avevano la scabbia e tutti erano disperati perché non potevano scendere e comunicare con le famiglie. Addirittura a uno fu fatto il funerale perché i parenti temevano fosse deceduto". "Prima di arrivare a Lampedusa - ha raccontato - una persona ci chiese della carta, fecero dei cartelli e cominciarono una manifestazione pacifica chiedendo di poter entrare in Europa. Poi alcuni cercarono di fare uno sciopero della fame anche se noi tentavamo di dissuaderli visto che le loro condizioni erano precarie". "Vedendo la terra vicina poi - ha proseguito - in quattro si buttarono in acqua per raggiungerla a nuoto". "Quando li riportammo a bordo - ha concluso - gli altri hanno cominciato a picchiarli. C'era una situazione di isteria, eravamo fuori controllo. Temevano di essere riportati in Libia".

L'arrivo della Open Arms a Porto Empedocle (Agrigento), 21 agosto 2019. ANSA/PASQUALE MONTANA LAMPO

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