Venezia, agente destituito perché vestito da donna: sentenza del Tar impone risarcimento

Cronaca

A distanza di quasi vent'anni un ex poliziotto ha ottenuto dal Tribunale amministrativo del Veneto il diritto di ricevere gli arretrati non percepiti in conseguenza del provvedimento disciplinare avviato nei suoi confronti dall'amministrazione dello Stato

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Per tre passeggiate vestito da donna, con la minigonna e orecchini pendenti, nell'autunno del 2005 un poliziotto di Venezia era stato sospeso e quindi destituito, a causa di una condotta considerata "riprovevole e che denota mancanza del senso dell'onore e della morale". Ora il Tar del Veneto, come ha riportato il Gazzettino, con una sentenza depositata ieri ha sancito che l’ex agente, oggi sessantenne, ha diritto di ricevere gli arretrati con percepiti in conseguenza del provvedimento disciplinare.

L’ex agente aveva dichiarato di non essere gay o trans ma di amare gli abiti femminili

Il verdetto dei giudici amministrativi regionali ha messo così fine, salvo impugnazioni al Consiglio di Stato, ad una vicenda umana e professionale di un poliziotto che ha sempre sostenuto di non essere "gay né transessuale" ma di amare semplicemente gli abiti femminili al punto di indossarli fuori dall'orario di lavoro, rivendicando "un modo di sentire estroso, anticonformista, non certo immorale". La sentenza chiude una vicenda che per il diretto interessato era rimasta una ferita ancora aperta, dopo essere stato dispensato dal servizio per inabilità fisica. "Veniva dichiarato affetto da un disturbo dell'identità di genere che, oltre a chiarire la condotta oggetto di censura, determinava la declaratoria di permanente non idoneità al servizio" sottolinea il Tar. 

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Il Viminale aveva accertato la disforia di genere

Il ricorso dell'ex agente alle toghe riguardava in particolare la regolarizzazione del trattamento economico. Dopo che il Viminale aveva accertato la disforia di genere, infatti, l'uomo era stato indicato come idoneo al servizio nei ruoli civili del Ministero dell'interno o nelle altre amministrazioni dello Stato. Ma era stata sottolineata la necessità di adibirlo "a mansioni compatibili con la sua capacità lavorativa e la natura delle infermità sofferte". Era stata così disposta la riammissione al lavoro ma con collocamento temporaneo in aspettativa speciale, fino alla conclusione della procedura di cambio al ruolo del personale civile.

 

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La riammissione e la richiesta degli emolumenti non percepiti

L'ex agente ha così chiesto che gli venissero corrisposti gli emolumenti non percepiti a partire dalla sua destituzione, ma la sua domanda era stata respinta dal Dicastero. A quel punto, assistito dagli avvocati Alfredo Auciello e Giacomo Nordio, si è rivolto al Tar. Un'istanza a cui l'Avvocatura dello Stato, a nome del Viminale, ha risposto eccependo la tardiva impugnazione del provvedimento contestato. Alla fine i giudici amministrativi, sciogliendo il nodo tecnico-giuridico, hanno accolto la richiesta di accertamento del diritto alla ricostruzione economica della carriera, come previsto nei casi in cui gli addebiti disciplinari vengono revocati. Secondo le toghe venete, "il passaggio nei ruoli civili" non determina "una nuova assunzione", in quanto i suoi effetti sotto i profili dell'inquadramento e della posizione economica decorrono "soltanto a partire dall'accoglimento della domanda di transito".

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