Spagna, ok legge su diritti transgender: cambio di genere dai 14 anni senza referto medico

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Approvata dal Congresso un norma che, tra le altre novità, introduce la possibilità per chi è transessuale di cambiare genere all'anagrafe senza autorizzazione giudiziaria o referti medici a partire dai 14 anni. Un provvedimento che, se passerà al Senato, farà del Paese iberico uno dei pochi al mondo a consentire l’autodeterminazione sessuale attraverso una semplice dichiarazione amministrativa. Non mancano le polemiche 

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La Spagna vicina alla svolta sui diritti delle persone transgender. Con 188 voti favorevoli su 350, il Congresso ha infatti approvato una legge che, tra le altre novità, introduce per chi è transessuale la possibilità di cambiare sesso all'anagrafe senza autorizzazione giudiziaria o referti medici a partire dai 14 anni (dai 16 senza consenso genitoriale). Un provvedimento che, se passerà fra pochi giorni anche l'esame del Senato, farà del Paese iberico uno tra i pochi a consentire l’autodeterminazione di genere attraverso una semplice dichiarazione amministrativa. 

Un iter lungo

Dopo mesi di scontri pubblici e privati, in parlamento e perfino nella coalizione di governo, con Podemos favorevole e gli altri membri della maggioranza contrari, la settimana scorsa la Commissione Parità ha risolto la questione decidendo a maggioranza che il testo della norma da votare restasse quello attuale: il cambio anagrafico con vidimazione giudiziale tra 12 e 14; previo consenso di padri, madri o rappresentanti legali tra i 14 e i 16 anni; libero oltre i 16.

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Le criticità

Al di là della ferma opposizione delle forze di destra come Vox e il Partito Popolare, la norma ha sollevato anche critiche da più fronti sul tema dei diritti riconosciuti ad altre minoranze. Molte delle quali provenienti proprio dai partiti minori della coalizione. Isabel Pozueta, di Eh Bildu, ha sottolineato ad esempio come non sia previsto nulla “sulle persone non binarie, sui minori di età inferiore ai 12 anni o sugli immigrati che arrivano perché in fuga dalla discriminazione nei loro Paesi d'origine”. Accesa è stata anche la polemica interna agli ambienti del femminismo. Rosa Romero dei popolari, ad esempio, ha accusato il Governo di aver portato avanti una legislazione che fa “passi indietro” nella lotta femminista e ha sostenuto che associazioni di donne, medici e famiglie, nonché “madri con figli con disforia di genere” non sono d'accordo.

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