
Peste suina africana, i casi in Italia e quali sono i rischi: cosa sappiamo
Confagricoltura ed Ente produttori selvaggina (Eps) chiedono urgenti interventi, mentre per il sottosegretario alla Salute Andrea Costa bisogna ridurre il numero di cinghiali. In Liguria e Piemonte ci sono 117 casi. Regione Lazio: a Roma 6 casi

In Italia si allarga l’emergenza peste suina africana con Confagricoltura ed Ente produttori selvaggina (Eps) che sollecitano il Governo, le Regioni e i Comuni ad assumere con urgenza ogni iniziativa utile ad alleviare lo stato di sofferenza economica e gestionale in cui sono precipitate le aziende agricole e gli istituti privati di gestione della fauna
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Per il sottosegretario alla Salute Andrea Costa bisogna “ridurre i cinghiali per tutelare l'agricoltura ed evitare rischi per l'incolumità dei cittadini”. “Oggi la densità dei cinghiali in alcune zone d'Italia è almeno 5 volte superiore rispetto alla sopportabilità dell' ecosistema e, al di là del fattore contingente della peste suina, resto convinto - ha spiegato - che questa è un'emergenza dinanzi alla quale occorre prevedere il prolungamento dell'attività venatoria da 3 a 5 mesi e la possibilità alle Regioni di rideterminare le quote”
Peste suina, Costa: "Valutare l'abbattimento dei cinghiali"
Dagli ultimi dati, tre nuovi casi di Peste suina africana sono stati accertati dall'Istituto Zooprofilattico Sperimentale di Piemonte, Liguria e Valle d'Aosta nella zona infetta tra Piemonte e Liguria, analizzando campioni biologici di cinghiali morti

Le positività al virus sono state riscontrate a Serravalle Scrivia (terzo caso dall'inizio dell'emergenza), Vignole Borbera (primo caso), entrambe in provincia di Alessandria, e a Ronco Scrivia, in provincia di Genova (ottavo caso). Il totale dei casi sale così a 117, di cui 71 in Piemonte e 46 in Liguria, riscontrati nel territorio di 28 comuni

A Roma, sei casi positivi confermati. "Dall'Istituto Zooprofilattico confermano che i casi positivi sono sei tutti riferiti alla stessa area", ha dichiarato l'Assessore alla sanità della Regione Lazio, Alessio D'Amato

Per D'Amato il numero di cinghiali "è al di fuori dell'equilibrio normale" proprio per questo "ci saranno anche abbattimenti". Dello stesso parere il presidente della Regione Lazio Nicola Zingaretti: "È stato annunciato, e penso sia giusto farlo, anche un lavoro di depopolamento nelle forme che il commissario deciderà, perche è evidente che quanto è successo è figlio dell’eccessiva promiscuità e presenza di cinghiali in città e del rapporto non sano con i rifiuti e con la dimensione urbana”

Intanto Fabrizio Pregliasco, professore associato di Igiene dell'Università Statale di Milano, ha ribadito che "la peste suina non si trasmette agli uomini" poiché "è una patologia tipica dei suini, di cui il cinghiale è un esempio". Spiegando anche che è una malattia "virale emorragica che nei cani non si evidenzia", ma questi possono essere elementi di diffusione, anche solo come veicolo indiretto”

Il ministero della Salute, a tal proposito, ha pubblicato una serie di raccomandazioni per evitare la diffusione della peste suina africana che “è una malattia virale, altamente contagiosa e spesso letale, che colpisce suini e cinghiali, ma che non è trasmissibile agli esseri umani”

La malattia comporta pesanti ripercussioni sul patrimonio zootecnico suino, con danni ingenti sia per la salute animale (abbattimento obbligatorio degli animali malati e sospetti tali), che per il comparto produttivo suinicolo, nonché sul commercio comunitario ed internazionale di animali vivi e dei loro prodotti

I sintomi principali negli animali colpiti sono: febbre, perdita di appetito, debolezza del treno posteriore con conseguente andatura incerta, difficoltà respiratorie e secrezione oculo-nasale, costipazione, aborti spontanei, emorragie interne ed emorragie evidenti su orecchie e fianchi

La presenza del virus nel sangue (viremia) dura dai 4 ai 5 giorni; il virus circola associato ad alcuni tipi di cellule del sangue, causando la sintomatologia che conduce inevitabilmente al decesso dell’animale, spesso in tempi rapidissimi

Gli animali che superano la malattia possono restare portatori del virus per circa un anno, giocando dunque un ruolo fondamentale per la persistenza del virus nelle aree endemiche e per la sua trasmissione

Il ministero evidenzia che chiunque provenga da aree in cui la malattia è presente può rappresentare un veicolo inconsapevole di trasmissione del virus agli animali. Anche i cinghiali rappresentano uno dei mezzi di diffusione del virus, qualora entrino in contatto con allevamenti che non rispettano le norme di biosicurezza o con rifiuti alimentari abbandonati o con lavoratori del settore domestico

Per prevenire la diffusione della malattia, si raccomanda di non portare in Italia, dalle zone infette comunitarie, prodotti a base di carne suina o di cinghiale; smaltire i rifiuti alimentari in contenitori idonei e chiusi e non somministrarli per nessuna ragione ai suini domestici o ai cinghiali; non lasciare rifiuti alimentari in aree accessibili ai cinghiali; informare tempestivamente i servizi veterinari del ritrovamento di una carcassa di cinghiale

Ai cacciatori si raccomanda di pulire e disinfettare le attrezzature, i vestiti, i veicoli e i trofei prima di lasciare l’area di caccia, eviscerare i cinghiali abbattuti solo nelle strutture designate ed evitare i contatti con maiali domestici dopo aver cacciato. Gli allevatori sono invitati a rispettare le norme di biosicurezza, in particolare il cambio di abbigliamento e calzature quando si entra o si lascia l’allevamento e scongiurare i contatti anche indiretti con cinghiali o maiali di altri allevamenti