Covid, lo studio: cani addestrati riconoscono positivi con sensibilità comparabile ai test
Lo studio "C19-screendog", coordinato dall'Università Politecnica delle Marche, ha mostrato come gli animali - preparati da cinofili esperti - sanno riconoscere la positività al coronavirus SarsCoV2 e superano anche la fase dei test nei drive in, in situazioni reali. In 5 mesi il test è stato utilizzato in 1.251 soggetti, tra vaccinati e non, ed è emersa una sensibilità dei cani specializzati a rilevare il Covid-19 tra il 98% e il 100%
I cani addestrati, grazie al loro fiuto finissimo, sanno riconoscere la positività al coronavirus SarsCoV2 e superano anche la fase dei test nei drive in, in situazioni reali: sono questi i risultati dello studio multicentrico italiano "C19-screendog", coordinato dall'Università Politecnica delle Marche
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L’obiettivo dei test, hanno spiegato i ricercatori, è quello di validare un protocollo di addestramento di cani specializzati nel rilevare i positivi al coronavirus e dimostrare che i cani - preparati da cinofili esperti - possono costituire un valido sistema di screening su persona, senza prelievo di campioni biologici da far annusare, con specificità e sensibilità comparabile ai test antigienici rapidi
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Secondo i risultati presentati dall’università, in 5 mesi il test è stato utilizzato in 1.251 soggetti, tra vaccinati e non, ed è emersa una sensibilità dei cani specializzati a rilevare il Covid-19 tra il 98% e il 100%. Una sensibilità maggiore rispetto ai test antigienici rapidi
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Ricerche scientifiche pubblicate di recente su riviste internazionali, ha spiegato l'Ateneo, hanno dimostrato che i cani da rilevamento sono in grado di riconoscere campioni di sudore ascellare prelevati da soggetti positivi al Sars-Cov-2, con sensibilità e specificità comparabili a quella dei migliori test rapidi
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Durante lo studio sono stati raccolti i campioni di sudore per “l'imprinting” (la formazione) nei drive in di Macerata e Sassari (Area Vasta 3 e Assl Sassari)
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I campioni sono stati collezionati e conservati nei laboratori di ricerca della Politecnica delle Marche e dell'Ats di Sassari
Poi c’è stata la fase di imprinting dei cani e validazione: gli animali sono stati educati dai cinofili a distinguere i campioni positivi dai negativi, a segnalare (sedendosi) solo i positivi e a seguire uno specifico protocollo
Infine, la fase più importante: la validazione del test ai drive in, fondamentale per dimostrare che i cani sono in grado di segnalare i positivi in una situazione reale, in cui non è più il campione di sudore a essere annusato ma la persona stessa
Lo studio è stato promosso da Maria Rita Rippo dell'Univpm; il protocollo è stato ideato da Roberto Zampieri, fondatore dell'associazione cinofila "Progetto Serena Onlus". A introdurre la presentazione dei dai sono stati il rettore Univpm Gian Luca Gregori, il pro-rettore Andrea Spaterna, la dott.ssa Daniela Corsi (direttrice Area Vasta 3), Franco Dettori (Dipartimento di Prevenzione ASL Sassari)
In 5 mesi sono stati testati 1.251 soggetti, tra vaccinati e non, di cui 206 positivi. Grazie alla collaborazione dei ricercatori veterinari dell'università di Camerino, è stata inclusa nello studio anche l'analisi del benessere dei cani in tutte le fasi dello studio: si è giunti alla conclusione che nessun indicatore comportamentale di stress, stanchezza o esaurimento è stato rilevato durante tutte le fasi, inclusa la sessione di screening, e che quindi questa attività non ha avuto un impatto negativo sul benessere del cane
Questo è il primo studio in Italia, probabilmente anche a livello globale, in cui la validazione del test di screening con i cani da rilevamento è stata eseguita direttamente su persona (senza l'ausilio della raccolta del campione di sudore) su una coorte numerosa di soggetti. Il progetto è stato approvato dai comitati etici delle Regione Marche e dell'Ats Sardegna