Carabiniere ucciso, parla l’uomo dello zaino: non sono un pusher, a Cerciello devo la vita

Cronaca

Sergio Brugiatelli, l'uomo derubato dai due americani, rende "onore" a Mario Cerciello Rega: "Un eroe". E spiega: "Ho chiamato subito il 112 perché ho avuto paura delle minacce dei ragazzi". Il suo legale: "Non ricorda di aver detto che gli aggressori fossero magrebini"

"Non sono un intermediario di pusher né, tanto meno, un informatore delle forze dell’ordine". A chiarirlo, attraverso il suo legale, è Sergio Brugiatelli, l'uomo a cui i due ragazzi americani - arrestati per l'omicidio del vicebrigadiere Mario Cerciello Rega - hanno rubato lo zaino lo scorso 26 luglio (COSA SAPPIAMO FINORA - LA CAMERA ARDENTE - I FUNERALI). In una nota diffusa dall’avvocato Andrea Volpini, Brugiatelli rivela: "In questi giorni e notti passate pensando alla tragedia che ha distrutto la famiglia del carabiniere che mi ha salvato la vita, ho letto e sentito dai media sulla vicenda curiose e false ricostruzioni che proseguono anche dopo la conferenza stampa degli inquirenti”. Volpini ha aggiunto che Brugiatelli "non ricorda di aver detto subito dopo l'omicidio di Cerciello che gli aggressori fossero magrebini: l'unica cosa che ha detto in quel momento, in cui era sotto shock per quanto accaduto, che si trattava di persone con accento straniero". Il penalista ha poi annunciato che il suo assistito si costituirà parte civile per il furto subito e la tentata estorsione.

"Ho avuto paura"

Brugiatelli nella nota ricostruisce la successione degli eventi che lo hanno portato a segnalare il furto. ”Se dopo il furto subìto ho chiamato il 112, senza aspettare l'indomani per sporgere denuncia, come mi era stato in un primo momento consigliato dai carabinieri, è stato perché ho avuto paura - spiega -. Quando ho chiamato il mio numero di cellulare, chi ha risposto non ha solo preteso denaro e droga per riconsegnare le mie cose. Mi hanno minacciato, dicendo che sapevano dove abitavo e sarebbero venuti a cercarmi”.

"Vita di un giovane eroe finita troppo presto"

"Nel borsello rubato, oltre al documento d'identità - racconta l'uomo che la notte del 26 luglio è stato avvicinato dai due ragazzi americani in piazza Mastai in cerca di droga, un paio d'ore prima della morte del vicebrigadiere - c'erano anche le chiavi della casa dove vivo con mio padre, che è molto malato, mia sorella e mio nipote. Ho avuto paura che potessero far del male a me e soprattutto a loro, e per questo ho chiesto aiuto al 112. Le stesse minacce che avevano rivolto a me, sono state ripetute poco dopo, quando, con il telefono in viva voce, ho richiamato di fronte ai carabinieri il mio numero di cellulare. Il resto - conclude Brugiatelli - è storia nota, alla quale non voglio aggiungere altro, a parte tutto il mio dolore e rispetto, per la vita di un giovane eroe finita troppo presto".

Cronaca: i più letti