Macerata, un anno fa il raid razzista di Luca Traini

Cronaca

Pietro Adami

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Era il 3 febbraio 2018 quando il 28enne aprì il fuoco per le vie della città marchigiana, ferendo 6 persone di colore. Giustificò il gesto come una vendetta per l’omicidio della diciottenne Pamela Mastropietro. Il 3 ottobre 2018 la condanna a 12 anni con rito abbreviato

È passato un anno dal raid razzista di Macerata: l’allora 28enne Luca Traini sparò all’impazzata per le vie della città marchigiana contro alcune persone di colore. Lo fece, raccontò dopo la cattura, per vendicare la morte di Pamela Mastropietro, la 18enne uccisa e fatta a pezzi il 31 gennaio 2018. Nella sparatoria rimasero ferite 6 persone, tutti migranti di origini sub-sahariana. Il gesto di matrice xenofoba avvenne in piena campagna elettorale e alimentò diverse polemiche tra le forze politiche. Due diversi cortei furono organizzati a distanza di pochi giorni nella cittadina marchigiana per manifestare contro il razzismo e il fascismo. Il 3 ottobre 2018 Traini è stato condannato a 12 anni con rito abbreviato. Ecco cosa accadde il 3 febbraio e le tappe della vicenda fino a oggi.

Il raid

Il 3 febbraio 2018 Macerata è ancora sotto shock per l’omicidio di Pamela Mastropietro - la 18enne uccisa e fatta a pezzi pochi giorni prima - quando si ritrova travolta da una nuova ondata di terrore. Intorno alle 11 di mattina, in pieno centro cittadino, da un’Alfa 147 nera in movimento vengono esplosi colpi di pistola. Chi ha aperto il fuoco spara sui passanti, prendendo di mira persone di colore. Nella sparatoria rimangono ferite sei persone, tutte di origine africana, di età compresa tra 20 e 32 anni. Viene colpita anche la sede locale del Partito democratico. Dopo circa un’ora l’uomo alla guida della vettura viene fermato: si chiama Luca Traini, ha 28 anni, è marchigiano ed incensurato. Raggiunto dagli agenti in piazza della Vittoria, scende dall’auto, si toglie la giacca e indossa una bandiera tricolore sulle spalle. Una volta arrivato sui gradini del Monumento ai caduti, si gira verso la piazza e fa il saluto romano. A bordo della sua auto vengono trovate una pistola e una tuta mimetica, sul cruscotto piume bianche, appunti a penna e bottiglie d'acqua.

La volontà di vendicare Pamela

Traini spiega subito agli agenti che il suo raid nasce dalla volontà di vendicare Pamela, tanto che nella sua folle corsa passa anche nella zona in cui abitava Innocent Oseghale, il 29enne nigeriano arrestato per l’omicidio della 18enne. Pamela Mastropietro il 29 gennaio si era allontanata dalla comunità “Pars” di Corridonia, dove era ospite da qualche settimana. Non aveva portato con sé né il cellulare né i documenti. Due giorni dopo il suo corpo viene trovato dilaniato all’interno di due trolley. La sera stessa del ritrovamento del cadavere, i carabinieri fermano Oseghale, che confessa in seguito di aver fatto a pezzi il corpo della giovane, ma nega di averla stuprata e uccisa. Il processo che lo vede imputato per stupro e omicidio inizierà il prossimo 13 febbraio.

Chi è Luca Traini

A poche ore dall’arresto di Traini emergono i primi dettagli sulla vita del ragazzo originario di Tolentino. Nella sua casa vengono rinvenuti elementi riconducibili all'estrema destra, tra cui una copia del Mein Kampf e una bandiera con la croce celtica. Viene inoltre accertato che si era candidato con la Lega per le elezioni comunali di Corridonia, città di 15mila abitanti in provincia di Macerata, senza ottenere alcuna preferenza. Un suo conoscente, titolare della palestra di Tolentino che Traini frequenta, racconta di averlo cacciato “dalla palestra a ottobre, aveva atteggiamenti sempre più estremisti, faceva il saluto romano e battute razziste”. Secondo il titolare, Traini è stato “rovinato da amicizie sbagliate" e nell’ultimo periodo si è avvicinato a Forza Nuova e Casapound. L’uomo rivela poi che "era andato in cura da uno psichiatra, che a quanto diceva lo aveva giudicato borderline", aveva una vita familiare disastrosa e da poco aveva perso il lavoro.

Le polemiche politiche e i due cortei

Da subito esplodono le polemiche politiche, alimentate dalle imminenti elezioni legislative. Se tutti i partiti condannano unanimemente il gesto, il leader della Lega Matteo Salvini aggiunge: "È chiaro ed evidente che un'immigrazione fuori controllo, un'invasione come quella organizzata, voluta e finanziata in questi anni, porta allo scontro sociale". Una frase che scatena la reazione delle altre forze politiche, con l’allora presidente del Senato Pietro Grasso che tuona: "Chi, come Salvini, strumentalizza fatti di cronaca e tragedie per scopi elettorali è tra i responsabili di questa spirale di odio e di violenza”. Tensioni si registrano anche per la decisione di diverse realtà sociali provenienti da ogni parte d'Italia, tra cui Legambiente ed Emergency, di scendere in piazza il 10 febbraio per manifestare “contro ogni fascismo e razzismo". Un’iniziativa contestata dal sindaco della città Romano Carancini e dall'allora ministro dell’Interno Marco Minniti, contrari a un corteo a pochi giorni dal raid. Alla fine la manifestazione viene autorizzata e secondo gli organizzatori sono circa 30mila i partecipanti che sfilano in maniera pacifica per le vie del centro. Macerata torna in piazza una settimana dopo, con un corteo organizzato stavolta dall’amministrazione comunale.

La condanna 

Traini sceglie di essere giudicato con il rito abbreviato. Il 3 ottobre 2018, a otto mesi esatti dalla sua sparatoria, viene condannato dalla Corte di assise di Macerata a dodici anni di reclusione per strage aggravata dall'odio razziale e porto abusivo d'arma. Oltre alla pena, che coincide con la richiesta della Procura, il 29enne deve scontare anche tre mesi di libertà vigilata e deve risarcire le parti civili. La Corte, inoltre, ritiene del tutto capace d'intendere e di volere Traini che, all’inizio dell’udienza, esordisce dicendo: "Scusate, ho sbagliato". "Non provo nessun odio razziale, volevo fare giustizia contro i pusher per il bombardamento di notizie sullo spaccio diffuso anche a causa dell'immigrazione: anche la mia ex fidanzata assumeva sostanze. In carcere ho maturato una nuova cognizione dei fatti". Contro la sentenza gli avvocati difensori decidono di ricorrere in appello.

Il messaggio per Pamela a un anno dalla morte

Il 31 gennaio 2019, a un anno dall’assassinio di Pamela Mastropietro, Traini decide di rivolgere un pensiero alla diciottenne morta dal carcere di Montacuto, in provincia di Ancona, dove è tuttora detenuto. “Il lupo, Traini Luca, vuole che in questo giorno di lutto ognuno ripensi a Pamela che poteva essere una figlia, sorella, una qualsiasi ragazza normale con delle fragilità! Caduta nelle mani di mostri senza scrupoli… Ricordare perché non accada più”, scrive in un messaggio che invia al fratello.

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