Il ventenne arrestato per tentato omicidio dopo aver assalito due militari e un agente lo scorso 18 maggio è stato interrogato in carcere: “Avevo assunto cocaina”. Il legale ha chiesto la perizia psichiatrica. Proseguono le indagini dell’antiterrorismo
"Ho rubato quei due coltelli perché in stazione c'erano delle persone che volevano farmi del male, per difendermi. Ricordo che ero in stazione ma non ricordo nulla dell'aggressione, quando mi sono svegliato avevo il sangue sulle mani". È quanto avrebbe detto nell'interrogatorio, stando al suo legale Giuseppina Regina, Ismail Tommaso Hosni, il ventenne arrestato giovedì scorso per aver ferito due militari e un agente alla stazione centrale di Milano. "Quel giorno avevo assunto cocaina", ha aggiunto il ragazzo arrestato per tentato omicidio e anche indagato per terrorismo internazionale.
La perizia psichiatrica
L’interrogatorio si è svolto nel carcere milanese di San Vittore, davanti al gip Manuela Scudieri. Il pm Maura Ripamonti ha chiesto al gip di convalidare l'arresto e di disporre la custodia cautelare, mentre l’avvocato di Hosni, come già annunciato, ha chiesto una perizia psichiatrica per il suo assistito. Il ventenne, come riferito dal legale, "è controllato 24 ore su 24 nel centro di osservazione psichiatrica di San Vittore e lo psichiatra ha chiesto che venga visitato da personale del Sert". L'avvocato lo ha descritto come "assente e con lo sguardo basso" durante l'interrogatorio e ha spiegato che "ha chiesto di poter parlare al telefono con la nonna che sta in Tunisia".
L’ipotesi della radicalizzazione
L’avvocato ha spiegato inoltre che nell'interrogatorio, durato circa un'ora e mezza, non sono state fatte domande o accenni all'ipotesi di terrorismo, anche se proseguono le indagini dei pm dell'antiterrorismo Alberto Nobili e Alessandro Gobbis sulla radicalizzazione del giovane, su un suo possibile reclutamento e sul fatto che il ragazzo potesse avere già in mente di compiere un'azione violenta con i due coltelli rubati. Secondo gli inquirenti Hosni avrebbe potuto contare su alcuni appoggi, in modo particolare potrebbe aver subìto una sorta di instradamento di un 24enne libico già noto alle forze dell’ordine per la sua vicinanza ad ambienti radicali. Parlando nei giorni scorsi con il difensore, Hosni aveva detto sì di esser musulmano, ma non praticante, e aveva escluso un suo legame con persone vicine all'Isis.
La vita tra Tunisia e Italia
Il ventenne ha ripercorso davanti al gip le varie tappe della sua vita: ha detto di essere andato in Tunisia dall'Italia a due anni e mezzo perché la madre era stata arrestata e la sorella era stata affidata ad una altra famiglia, e di essere stato anche da uno psicologo in Tunisia quando aveva 10 anni. Tornato in Italia nel 2015, ha aggiunto, "non mi trovavo bene con mia madre e il nuovo marito", così è partito in direzione Milano "dove sono stato un mese e mezzo da mia zia ma poi sono andato a vivere in strada, dormivo nel mezzanino della stazione e a volte anche in qualche dormitorio, da cui però spesso mi hanno cacciato". Il giovane ha anche parlato di "persone più grandi di me” che “mi picchiavano e mi davano la droga" da spacciare.