Cina, avvocato dei diritti umani condannato a 2 anni di carcere

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Jiang Tianyong durante un incontro con i giornalisti a Pechino nel 2002 (Getty Images)
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Jiang Tianyong è stato giudicato colpevole di azioni contro lo Stato cinese. Il suo processo è stato definito "una farsa" da diverse organizzazioni umanitarie. All'attivista sarebbero state negate le facoltà riconosciute dalla legge

La Cina ha condannato a due anni di reclusione Jiang Tianyong, attivista e avvocato per i diritti umani per "incitamento alla sovversione contro i poteri dello Stato". Lo ha reso noto la Corte Intermedia del Popolo di Changsha, capoluogo regionale della provincia centrale dello Hunan, precisando sui propri account social le motivazioni della sentenza.

La sentenza

Secondo quanto pubblicato dai giudici nella loro sentenza, "Jiang Tianyong è stato infiltrato a lungo e influenzato dalle forze anti-Cina formandosi gradualmente l'idea di voler rovesciare il sistema politico attuale del Paese". Per la giustizia cinese, scrive l'agenzia Xinhua, Jiang è colpevole di avere pronunciato dichiarazioni sui social media per "attaccare o diffamare" dipartimenti governativi cinesi, organi giudiziari e il sistema legale nazionale. I giudici lo hanno anche ritenuto colpevole di essere andato all'estero per chiedere "assistenza finanziaria alle forze straniere anti-Cina". Nel suo messaggio diffuso dal proprio profilo Weibo, il Twitter cinese, il tribunale ha reso noto che Tianyong non ricorrerà in appello contro la sentenza.

Chi è Jiang Tianyong

Jiang Tianyong, 46 anni, è uno dei più importanti avvocati per i diritti civili della Repubblica Popolare cinese. In passato ha lavorato a dossier delicati, come quelli riguardanti i praticanti del Falung Gong, le proteste in Tibet e le vittime del 2008 per il latte contaminato. Tra i suoi clienti ci sono stati alcuni degli attivisti più noti della Cina, come l'avvocato Chen Guangcheng, che oggi vive in esilio negli Stati Uniti. Nel 2009 Tianyong era stato destituito dall'ordine degli avvocati, ma aveva continuato a lavorare come attivista. Dal novembre del 2016 vive isolato in prigione, dopo la sua scomparsa avvenuta durante un viaggio in treno. Solo dopo diverse settimane le forze di sicurezza cinesi hanno ammesso che l'uomo era sotto custodia. Ad agosto 2017 è iniziato il processo a suo carico durante il quale l'attivista ha chiesto ai giudici una "seconda possibilità" e, secondo quanto reso noto dai giornali statali, confessato di aver partecipato a sessioni di indottrinamento all'estero che lo avrebbero forzato a rigettare il sistema politico cinese e la dottrina del partito comunista.

Un processo definito "farsa"

Già ad agosto il gruppo cinese "Human Rights Defenders" aveva definito come falsa l'ammissione di colpevolezza di Jiang, precisando sul proprio account Twitter che la confessione dell'attivista era stata "probabilmente il risultato di torture". Una versione non tenuta in conto dai giudici della Corte di Changsha che il 21 novembre hanno condannato Tianyong a due anni di carcere e alla privazione per tre anni dei suoi diritti politici. Secondo diverse organizzazioni per la difesa dei diritti umani, la sentenza è parte di una più ampia campagna di intimidazione politica contro gli avvocati che prendono parte a processi contro il governo. Sono diverse, secondo il Guardian, le cause simili avviate durante i cinque anni di presidenza di Xi Jinping, un periodo giudicato da attivisti e diplomatici come il peggiore degli ultimi trent'anni.

Le reazioni

"Non accetto questa sentenza: l'intero processo ha completamente ignorato le leggi cinesi e il giusto processo", ha dichiarato la moglie di Tianyong, Jin Bianling, che oggi vive negli Usa dove le è stato concesso asilo politico. Secondo quanto reso noto dalla donna, il governo cinese ha rifiutato gli avvocati che lei stessa aveva assunto per difendere il marito, mentre l'avvocato nominato dallo Stato per la difesa ha sempre rifiutato di parlarle. "Ho parlato brevemente a Jiang Tianyong oggi - ha dichiarato la donna -. Mi ha detto che gli manco, come gli manca nostra figlia. Si preoccupa molto per noi". Secondo Frances Eve, della rete di ong "Chinese Human Righs Defenders", il verdetto di colpevolezza di oggi "è l'atto finale in questo gioco gestito con cura. Le autorità cinesi hanno sottoposto Jiang a una litania di violazioni del giusto processo, tra cui la scomparsa forzata e le torture per ottenere una confessione". Il processo è stato "una farsa fin dall'inizio", ha commentato Sophie Richardson, direttore per la Cina di Human Rights Watch, "sostenuto da nient'altro che pura persecuzione politica, a scapito di fatti o di reali violazioni della legge".

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