Esodo Rohingya, l’Onu aumenta la pressione sulla Birmania

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Continua l'esodo dei Rohingya: da fine agosto sono 600mila quelli fuggiti in Bangladesh (Getty Images)
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Il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite chiede di fermare le violenze contro la minoranza. La dichiarazione non parla però di eventuali sanzioni nel caso in cui la richiesta non venga messa in atto

Il consiglio di sicurezza dell’Onu ha emesso una dichiarazione unanime, anche se moderata da Cina e Russia, per chiedere alla Birmania di porre fine alla sua campagna militare contro i Rohingya e permettere il ritorno a casa degli esuli.

La denuncia delle Nazioni Unite

La nuova denuncia delle Nazioni Unite, rispetto alle violenze commesse negli ultimi due mesi e mezzo nello Stato asiatico nei confronti della minoranza etnica di fede musulmana, è arrivata nella serata di lunedì 6 novembre. Nel timore di un veto da parte di Cina e Russia, Gran Bretagna e Francia hanno però rinunciato a depositare un progetto di risoluzione, che sarebbe stato ben più duro rispetto alla dichiarazione congiunta alla fine formulata. Uno "statement" che riprende le tre richieste formulate due mesi fa, in occasione di un'altra riunione dedicata alla crisi dei Rohingya (e disertata dalla leader birmana Aung San Suu Kyi): fine delle violenze, possibilità di accesso degli aiuti umanitari nello Stato del Rakhine (nell'ovest del Myanmar) e ritorno degli esuli nelle loro zone d'origine.

La dichiarazione del Consiglio di sicurezza

Il Consiglio di sicurezza, in particolare, ha espresso la sua "profonda preoccupazione rispetto alle informazioni che parlano di violazioni dei diritti umani e di abusi commessi anche dalle forze di sicurezza birmane, in particolare contro le persone appartenenti alla comunità Rohingya", come scrive il quotidiano "Le Monde". Violazioni che l'Onu ha bollato come "pulizia etnica" e che comprendono uccisioni e abusi sessuali, oltre che la distruzione delle case e dei beni appartenenti a persone della minoranza. Questa ondata di violenze ha costretto, dalla fine di agosto, oltre 600mila Rohingya a lasciare la Birmania per il sud del Bangladesh, dove vivono in condizioni disperate nei campi profughi.  

Le critiche: nessuna sanzione prevista

La dichiarazione richiede anche un rapporto entro un mese da parte del segretario generale dell'Onu Antonio Guterres ma non prevede l'eventualità di sanzioni nei confronti della Birmania se nessuna risposta verrà data, ancora una volta, alle richieste sollevate. Per questo motivo, critiche sono arrivate dalle Ong come Human Rights Watch: "La politica del Consiglio di sicurezza dovrebbe essere dettata dai bisogni delle vittime – dice un esponente dell'organizzazione – non dalle obiezioni cinesi".  

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