Dj Fabo, pm: per casi come il suo c'è il diritto al suicidio

Cronaca

I pubblici ministeri hanno inviato al giudice di Milano Luigi Gargiulo l’istanza per il procedimento che riguarda Marco Cappato che accompagnò Antoniani in Svizzera a sottoporsi al suicidio assistito: “La dignità dell’individuo è un principio costituzionale”

Per chi è nelle condizioni di Dj Fabo, soprannome di Fabiano Antoniani, il giovane rimasto cieco e tetraplegico in seguito a un incidente stradale, esiste il "diritto al suicidio". Così i pm Tiziana Siciliano e Sara Arduini motivano la richiesta di archiviazione per Marco Cappato, l’esponente dei radicali indagato per aver accompagnato dj Fabo alla clinica Dignitas vicino a Zurigo dove, il 27 febbraio scorso, ha messo in atto la sua volontà di togliersi la vita con la procedura del suicidio assistito.

La decisione tra almeno due settimane

Il giudice di Milano Luigi Gargiulo, che oggi ha ricevuto l'istanza della Procura, dovrebbe decidere non prima di un paio di settimane se accogliere o meno la tesi dei pm, secondo i quali Cappato ha solo aiutato una persona malata non terminale ma in "condizioni drammatiche" e con una tetraplegia irreversibile che pur avendolo "privato della vista e del movimento non l'aveva reso insensibile al dolore", a esercitare il diritto individuale. Affermazioni che sottolineano la prevalenza del diritto alla dignità e all’autodeterminazione sul diritto alla vita.

“Bisogna riconoscere il diritto al suicidio”

"Nelle condizioni in cui si trovava - argomentano i magistrati - e con l'esito che gli era stato prospettato in caso di rinuncia alle cure, bisogna riconoscere che il principio del rispetto della dignità umana impone l'attribuzione a Fabiano Antoniani, e in conseguenza a tutti gli individui che si trovano nelle medesime condizioni, di un vero e proprio 'diritto al suicidio' attuato in via indiretta mediante la 'rinunzia alla terapia', ma anche in via diretta, mediante l'assunzione di una terapia finalizzata allo scopo suicidario". Nel provvedimento, i magistrati ricordano come dj Fabo avesse ricevuto una "prognosi irreversibile" e sottolineano le "condizioni drammatiche" in cui versava. "Quasi per un assurdo scherzo del destino - scrivono - la patologia che l'aveva privato della vista e del movimento non l'aveva reso insensibile al dolore" e "il corpo, inerte, era percorso da insostenibili spasmi di sofferenza più volte al giorno".

“Antoniani non poteva solo rinunciare alle cure”

Secondo i pm, il riconoscimento del "diritto al suicidio" per chi si trova nelle condizioni di Antoniani rappresenta un “passo oltre”, rispetto a quello a "lasciarsi morire", già sancito in altre vicende giudiziarie come quella di Eluana Englaro. "In questo caso - scrivono i magistrati -  il riconoscimento di tale diritto a ‘lasciarsi morire’ non soddisfa allo scopo: per Fabiano Antoniani, rinunciare alle cure avrebbe significato andare incontro a un percorso certamente destinato a concludersi con la morte, ma solo a seguito di un periodo di degradazione a una condizione ancora peggiore a quella in cui si trovava nel momento in cui ha preso la sua decisione. L'ordinamento italiano, che ha come fine ultimo proprio il perseguimento del 'pieno sviluppo della persona umana', non può consentire una così grave lesione della dignità di un individuo". 

“Se rigettati solleveremo la questione di legittimità costituzionale”

"Qualora si dovesse rigettare l'interpretazione proposta della norma - concludono i pm Siciliano e Arduini - riteniamo che dovrebbe essere necessariamente sollevata questione di legittimità costituzionale della stessa, al fine di verificarne la compatibilità con i principi fondamentali di dignità della persona umana e di libertà dell'individuo, garantiti tanto dalla Costituzione italiana quanto dalla Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali".

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