G8 dieci anni dopo, per Genova una ferita ancora aperta

Cronaca
Giuseppe Pericu, sindaco di Genova dal 1997 al 2007, e Marta Vincenzi, attuale primo cittadino della città
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Il sindaco Marta Vincenzi ricorda Carlo Giuliani: "Era un ragazzo, figlio di questa città". Per Giuseppe Pericu, primo cittadino nel 2001, i temi sollevati allora dai No global sono ancora attuali. Su quei giorni "serviva una commissione parlamentare"

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di Isabella Fantigrossi

Il decennale del G8 di Genova “per noi sarà l’occasione per cercare di uscire definitivamente da un lutto non ancora elaborato”. Sono le parole di Marta Vincenzi, sindaco di quella città che nei giorni di luglio del 2001 “è stata calpestata”. Il suo pensiero è rivolto a Carlo Giuliani: “Era un ragazzo, solo un ragazzo. Carlo era figlio di questa città”. E, a proposito delle celebrazioni per i dieci anni dal più drammatico Summit degli otto Grandi della Terra, Vincenzi, che allora era presidente della Provincia, è certa: “Genova darà una risposta all’altezza della sua storia”.

A ricordare cosa è successo dieci anni fa mentre i leader di allora – Silvio Berlusconi, premier da poco più di un mese, Tony Blair per la Gran Bretagna, il francese Jacques Chirac, Gerhard Schröeder per la Germania, Vladimir Putin per la Russia, George W. Bush per gli Stati Uniti, Jean Chretién per il Canada e il giapponese Junichiro Koizumi - discutevano arroccati nella cittadella, è Giuseppe Pericu, primo cittadino di Genova all’epoca del G8: “Prima che cominciasse il Summit, ci furono incontri e discussioni con i manifestanti sul tema della globalizzazione ingiusta. Il 19 luglio ci fu il primo grosso evento, un corteo pacifico molto partecipato dalla gente. Venerdì 20 invece cambiò tutto, perché alcuni manifestanti cercarono di entrare nella zona rossa e c’erano all’interno di loro alcuni Black bloc che tentavano di distruggere ogni cosa. All’inizio sembrava comunque che tutto si fosse svolto in maniera pacifica, seppur molto tesa, ma poi intervenne la morte di Carlo Giuliani”. E tutto cambiò. “Sapevamo tutti che ci sarebbero state manifestazioni e scontri, perché era già successo a Göteborg, a Nizza, a Napoli e prima ancora a Seattle. La differenza è che a Genova ci fu l’uccisione di Giuliani”. Un evento così non è mai più successo anche perché “dopo Genova non si è più organizzato un G8 in una grande città. Li hanno fatti solo su isole deserte o in cima a una montagna”. Il giorno dopo la morte di Giuliani ci furono altri scontri: “La città fu ulteriormente blindata e la Polizia caricò ancora”, ricorda Pericu. E sul perché ci fosse fin dall’inizio un tale spiegamento di forze, l’ex sindaco ricorda: “C’erano state minacce di terrorismo internazionale. Si parlava allora di un possibile attentato di Bin Laden e questo accentuò moltissimo le misure di sicurezza prese allora Genova”. Sui fatti della Diaz e quelli di Bolzaneto, invece: “Quelli sono successi dopo, quando le manifestazioni stavano finendo. Sono fatti gravissimi e criminosi, la polizia si è messa a manganellare a destra e a sinistra”.

Per Pericu ciò che vale la pena ricordare oggi è però anche il dibattito aperto allora dal movimento No Global: “Il movimento era contrario al fatto che otto capi di governo potessero decidere da soli le sorti del mondo. I manifestanti volevano maggiore partecipazione democratica e riaffermare il primato della politica sull’economia”. Sono questioni “che non riguardavano solo Genova ma tutti quanti. E che oggi, dopo dieci anni, sono ancora aperte”. Su tutto il resto, invece, dice Pericu, sapremmo qualcosa di più se ci fosse stata una commissione parlamentare d’inchiesta: “I magistrati possono accertare le responsabilità individuali ma non perché sono potute accadere certe cose. Per capire di chi fossero le responsabilità politiche, serviva una commissione. Noi come Comune di Genova l’abbiamo chiesta tante volte, ma il Parlamento non ne ha voluto sapere, ha solo fatto un’indagine conoscitiva iniziale che non ha portato a niente”.

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