Collegno, uccise padre violento: presentato ricorso contro l'assoluzione di Alex Pompa

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Il giovane nell'aprile 2020 assassinò il padre che, in uno dei suoi frequenti scatti di collera, si era scagliato contro la madre. Per la Corte d'Assise, che lo scorso novembre ha scagionato il ragazzo dalle accuse, fu legittima difesa, ma secondo il pm di Torino, Alessandro Aghemo, i giudici hanno valutato l'accaduto "in modo erroneo"

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"Non vi è prova di una lotta" tra Giuseppe Pompa e il figlio Alex, "ma solo del tentativo" del genitore di sottrarsi "all'aggressione". E "non vi è la prova del fatto che il padre fosse riuscito ad armarsi, ma solo del fatto che fosse riuscito a impossessarsi di uno dei coltelli impugnati" dal ragazzo, "perdendone subito il possesso per l'intervento" dell'altro figlio Loris. Sono le motivazioni con le quali il pm torinese Alessandro Aghemo, come anticipato dalle pagine locali dei quotidiani, ha presentato appello contro l'assoluzione del giovane dall'accusa di omicidio.

L'omicidio

Il 30 aprile 2020, nella casa di famiglia a Collegno (Torino), Alex Pompa trafisse il padre per 34 volte servendosi di sei coltelli da cucina diversi. Per la Corte d'Assise, che lo scorso novembre lo ha scagionato, fu legittima difesa. Per l'accusa, che aveva chiesto 14 anni di carcere, i giudici hanno valutato "in modo erroneo" le prove, "in modo da offrire una ricostruzione dell'accaduto completamente sganciata da quanto era emerso nel dibattimento, frutto di una rivisitazione del compendio probatorio dominata da una tesi preconcetta d'innocenza dell'imputato".

Il ricorso

Il padre, secondo il racconto dei testimoni, aveva trasformato la vita familiare in un inferno: scenate furibonde, comportamenti ossessivi, crisi di gelosia prive di fondamento. I figli, Alex e Loris, avevano preso l'abitudine di registrare di nascosto i suoi momenti di crisi: "se ci avesse ammazzati - dicevano - sarebbe rimasta una traccia". Agli atti ci sono 250 file (per un totale di 9 ore e 47 minuti). Solo quel giorno Giuseppe chiamò la moglie, Maria, cassiera in un supermercato, 101 volte. Ultimamente era infuriato perché gli era parso di avere visto la donna, al lavoro, parlare con un collega. Per avventarsi contro di lei non attese nemmeno che entrasse nell'appartamento. Ma è a questo punto, secondo il pm Aghemo, che la ricostruzione della Corte va fuori misura. Per i giudici di primo grado Alex agì per salvare la propria vita. Per l'accusa è "inverosimile", visto che sferrò 34 fendenti con 6 coltelli diversi senza riceverne nessuno. Il giovane, che una perizia dichiarò seminfermo di mente al momento del fatto e portatore di un disagio provocato dallo stress, immaginò "una situazione di pericolo che non esisteva". E la sua fu quindi una "reazione sproporzionata".

Quanto alla vita familiare, per il pm la maggior parte dei testimoni, al processo, ha esagerato nel raccontare i fatti. Moglie e figli, durante i litigi, gli tenevano testa e le sue erano in prevalenza "aggressioni verbali": la Corte non ha tenuto conto - secondo il pm - del fatto che i conoscenti non hanno mai parlato di "atti violenti". "La sua sorte - si legge nel ricorso - poteva essere diversa se solo si fossero attivati i supporti, anche psicologici, previsti per la situazione in cui versava".

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