Tante le persone presenti alla manifestazione, promossa dal Coordinamento A.G.i.Te. contro l'atomica, tutte le guerre e i terrorismi, a cui partecipa un centinaio di sigle, tra cui i sindacati e i rappresentanti di tutte le professioni religiose
Torino scende di nuovo in piazza Castello contro l’invasione russa in Ucraina. Tante le persone presenti alla manifestazione, promossa dal Coordinamento A.G.i.Te. contro l'atomica, tutte le guerre e i terrorismi, a cui partecipa un centinaio di sigle, tra cui i sindacati e i rappresentanti di tutte le professioni religiose. "La guerra non risolve nessun problema, semplicemente distrugge", sostiene Zaira Zafarana di A.G.i.Te. (LO SPECIALE - LA DIRETTA - IL RACCONTO DELL'INVIATO)
Le voci dalla piazza
"I lavoratori sono da sempre contrari alla guerra - aggiunge Enrica Valfrè, segretario generale della Cgil Torino - Siamo qui perché la guerra non è in grado di risolvere le questioni tra i Paesi, serve la diplomazia, e per esprimere solidarietà agli ucraini ma anche ai russi che manifestano in tutta la Russia, certo non con la libertà di espressione che abbiamo. Questa vicenda mette in luce la debolezza dell'Europa, che al più presto deve trovare una politica estera condivisa e concreta". "Non subiremo la fatalità della guerra come soluzione delle controversie, o peggio, come 'igiene del mondo' per pulirlo dai suoi errori. Essere in piazza è fondamentale, per nulla banale", si legge su un volantino distribuito da Se non ora quando, tra le tante associazioni presenti in piazza.
"Non si può essere equidistanti"
"Oggi non si può essere equidistanti, chi ha aggredito per primo è Putin e dobbiamo con forza chiedergli di deporre immediatamente le armi, poi dopo, ci si potrà sedere intorno ad un tavolo e cominciare a parlare di confini, allargamento della Nato e quant'altro. Ma prima di tutto cessi subito la guerra che uccide persone e porta disperazione", dice Paolo Candelari, portavoce del Coordinamento A.G.i.Te. "In questa tragedia c'è un evento positivo - aggiunge Giampiero Leo, del Coordinamento interconfessionale -, il coinvolgimento della gente, un popolo che si muove perché ha capito quanto il momento sia delicato e occorra scendere in campo. Per essere efficace questa mobilitazione deve diventare un movimento educativo permanente. Che educhi e formi insieme all'amore e alla consapevolezza dell'importanza della difesa dei diritti di tutti".