Viaggio di Sky TG24 presso Conte Vistarino nell’Oltrepo Pavese, da sempre sinonimo di azienda vinicola tecnologicamente avanzata e "illuminata". Ecco come attraverso tecnologie in vigna e in cantina si rispetta la qualità del vino, si aiuta il lavoro dell'uomo e si diventa più sostenibili
Dopo aver visitato Caviro, una delle cantine più “tech” del mondo, e l’azienda Ariola Vigne e Vini del pluripremiato produttore Marcello Ceci nel Parmense continua il viaggio di NOW alla scoperta delle cantine innovative italiane e dei produttori di vino “tecnologicamente illuminati”. Questa settimana visitiamo nell’alto Oltrepo Pavese, in provincia di Pavia, terra di pinot nero, la storica azienda familiare Conte Vistarino a Rocca de Giorgi. Un’azienda che dà lavoro ad oltre quaranta persone e che grazie a un’estensione di più di 820 ettari (150 di vigneto, 300 di bosco) tra campi e colline produce principalmente pinot nero (si tratta del produttore più grande in Italia) ma ha anche vigneti di riesling renano, chardonnay e altre uve tipiche della zona. Da Conte Vistarino l’innovazione tecnologica è assolutamente protagonista, a servizio - ci spiegano - della biodiversità e dell’ambiente, per preservare il metodo artigianale e far compiere alla tecnica tutti quei processi che prima erano svolti dalla chimica.
Uno sguardo al passato per pensare al futuro
L’innovazione tecnologica, ci racconta Ottavia Giorgi di Vistarino, pervade l’azienda da sempre, dai tempi del suo nonno, del suo bisnonno, del suo trisnonno. Innovazioni che hanno aiutato a mantenere, nel tempo, un processo produttivo artigianale non mirato all’abbattimento dei costi ma all’aumento della qualità. Innovazione tecnologica, ci spiega la produttrice Ottavia Giorgi, che è sempre stata fondamentale nel corso del tempo, perché significava un modo di lavorare migliore e di conseguenza una vita migliore per chi passava la giornata nei campi. A partire dai primi trattori e dalle prime aratrici meccaniche fino a macchinari importati dalla Francia come torchi idraulici o presse in grado di offrire livelli differenziati di pressatura. Nel 1929, ricorda ancora, il Conte di Torino e il Duca delle Puglie hanno preso ad esempio l’azienda quando si è scelto di passare dall’aratro manuale tirato dal bue e spinto dall’uomo alla meccanizzazione.
L’innovazione nei campi
“Oggi - ci racconta orgogliosa Ottavia Giorgi - abbiamo un’azienda in grado di adattarsi al cambiamento climatico rispettando l’ambiente e la sostenibilità. E in questo la tecnologia ci aiuta, perché abbiamo la possibilità di gestire il suolo e la pianta ogni anno in maniera diversa, adattandoci al clima. Quest’anno, ad esempio, è un anno di grande siccità e operiamo sul suolo in una maniera particolare; quello che conta per noi è la sostenibilità, ed è per questo che ci impegniamo a utilizzare strumenti tecnologici più che prodotti chimici”. Facendo un giro in jeep in una mattina assolata per i terreni della tenuta scopriamo i lavori che vengono fatti proprio in questo periodo. Molti sono dedicati a garantire la minima evaporazione dell’acqua dal terreno, considerato appunto un inverno con poche piogge. E così si utilizza un attrezzo (l’erpice rotante da filare) che sminuzza, affina e spiana il terreno in modo tale che il rullo che ha posteriormente vada a chiudere in parte i micro-pori del terreno e riduca di conseguenza l’evaporazione del terreno. Le zolle affinate permettono, infatti, all’acqua (e alla neve, quando c’è) di rimanere il più possibile nel terreno, e questo evita ovviamente di utilizzare la chimica, permettendo allo stesso tempo alla vigna uno sviluppo equilibrato. Poi c’è un’altra fase, quella della spollonatura: attraverso delle lame per la lavorazione sottofila si eliminano i germogli inutili presenti nella parte bassa della pianta che non portano uva e sottraggono energie alla parte più nuova e produttiva della vite: anche qui agendo con macchinari particolari si evita l’uso di diserbanti. “La buona tecnologia - ci spiegano - si avvale delle vecchie tradizioni, ha semplicemente meccanizzato tutte le operazioni che erano svolte manualmente, facendole anche meglio. Per questo motivo - ci ricordano - la tecnologia senza l’uomo preparato e istruito non serve a niente”.
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L’innovazione in cantina
La cantina di Conte Vistarino è un piccolo gioiello, con un occhio che parte dal passato e guarda il futuro. Le operazioni svolte in maniera manuale sono certamente ancora tante, ma grazie ad accorgimenti tecnologici si riesce a produrre migliorando il vino qualitativamente anno dopo anno, rispettando la materia prima e valorizzando le uve. La cantina è composta di quattro livelli per 3.300 metri quadri nei quali l’uva e il vino si muovono, passaggio dopo passaggio, sempre per caduta, sfruttando le tecniche dei vignerons de Bourgogne (e infatti il progetto è stato ideato insieme a un enologo francese). Dopo la raccolta dell’uva, che viene fatta rigorosamente a mano, viene raffreddata a 3 gradi, poi portata in alto e caricata nelle presse sfruttando la gravità, con macchinari che fanno in modo che l’acino cada in maniera soffice. Un visore ottico controlla che ogni acino sia perfetto e scarta attraverso un getto d’aria quelli non conformi. Poi, ci spiegano, avviene un’altra rivoluzione per il mondo del vino: attraverso macchinari che riproducono la pressatura con i piedi si evita di stressare l’acino, garantendo al vino eleganza. Il prezioso nettare viene messo a riposare in botti di acciaio o di legno mentre dei computer vasca dopo vasca controllano automaticamente le temperature con un sistema di gradiente termico. Infine, dal punto di vista energetico l’edificio è stato lasciato volutamente senza sistemi di climatizzazione, sfruttando le antiche tecniche di costruzione che lo rendono fresco anche d’estate, mentre le acque recuperate con un circuito di grondaie intelligenti vengono sfruttate per l'irrigazione o la pulizia.
E in futuro, chiediamo prima di congedarci, cosa accadrà? Si andrà sempre più verso una meccanizzazione maggiore? “Sono convinta - ci risponde Giorgi - che si andrà ancora avanti soprattutto dal punto di vista dell’abbattimento dei consumi energetici e del rispetto dell’ambiente, mantenendo i costi di produzione controllati. Quello che mi auguro è che tra vent’anni potremo essere, e avremo capito come farlo, sempre più sostenibili”.