ChatGPT adesso vuole anche fare musica

Finora ChatGPT è stato il simbolo dell’intelligenza artificiale conversazionale: un assistente in grado di dialogare, spiegare concetti e creare testi con un linguaggio sempre più naturale. Così come, grazie a piattaforme come Sora 2, creare video ed elaborare immagini. Tutto partendo anche da prompt molto semplici. Ma la sua prossima evoluzione potrebbe spostare il baricentro della creatività digitale. OpenAI starebbe infatti lavorando – lo dice un report di The Information - a una tecnologia di generazione musicale integrata, capace di trasformare input testuali in brani completi o partire da campioni e frammenti costruendoci intorno canzoni fatte e finite. Non più soltanto parole o immagini ma suoni, voci, arrangiamenti: una nuova estensione del modello che trasforma ChatGPT in una piattaforma creativa pressoché totale. E d’altronde c’è da domandarsi come non ci fosse arrivata prima, su questo fronte già altrove molto florido. Dal testo alla musica: la nuova era della generazione creativa Negli ultimi mesi la musica è in effetti diventata il nuovo terreno di sperimentazione per l’intelligenza artificiale. Piattaforme come Suno, Riffusion e Udio consentono già di creare canzoni in pochi secondi a partire da un prompt scegliendo atmosfera, genere, voce e strumenti. O imitando lo stile di qualche popstar o compositore. L’AI è ormai in grado di produrre melodie accettabili, orchestrazioni piuttosto complesse e perfino testi coerenti per quanto banali. Anche se, secondo noi, un buon orecchio è ancora in grado di distinguere quella roba da una produzione originale. Il punto è che su questo aspetto la musica, specialmente per quanto riguarda certi generi, parte in svantaggio rispetto all’AI perché già da decenni impiega tecnologie digitali che hanno trasformato sia l’impostazione classica che quella moderna in qualcosa di molto più sintetico, iper-prodotto e spesso altrettanto inascoltabile della “AI slop” sfornata da questi modelli. In questo scenario, l’ingresso di ChatGPT rappresenta naturalmente un salto di scala: significa portare la generazione musicale dentro l’ecosistema più diffuso e accessibile dell’AI, con un’interfaccia familiare e un pubblico di centinaia di milioni di utenti. Che da pochi giorni possono anche utilizzare il nuovo browser per il web Atlas. ChatGPT contro le piattaforme specializzate Se la qualità sarà all’altezza delle aspettative, ChatGPT potrebbe scavalcare rapidamente le piattaforme nate esclusivamente per la produzione musicale. A suo favore giocano l’integrazione con gli altri strumenti creativi, la capacità di lavorare in continuità tra testo, suono e immagini e una diffusione planetaria che nessuna startup specializzata può al momento eguagliare. Immaginare un autore che chiede a ChatGPT di scrivere un testo, comporre la base e poi suggerire la voce più adatta – magari per un provino da sviluppare con assoli e progressioni armoniche da lavorare autonomamente - non sarà insomma più fantascienza ma una possibile realtà imminente. Che andrà a mescolare le acque in un mondo se possibile ancora più devastato di molti altri dal punto di vista della creatività, del diritto d’autore, della redditività per gli artisti in carne e ossa. Dove agli artisti specialmente di medio livello, per campare, non rimangono che i live e gli accordi d’immagine con gli sponsor. Per le piattaforme specializzate il rischio è invece quello di diventare strumenti di nicchia, utili magari per il perfezionamento o la post-produzione. O magari di essere “mangiate” proprio da Sam Altman e soci. Invece di generare musica da zero, potrebbero concentrarsi sul resto: editing, mastering, collaborazione tra artisti. È tutto da vedere. Le opportunità sono enormi: musicisti emergenti , creatori di contenuti, registi, mondo della pubblicità, del cinema e dei media potranno avere a disposizione colonne sonore personalizzate in pochi minuti, abbattendo tempi e costi di produzione come d’altronde è già possibile fare nel mondo della grafica, della produzione video e di molti altri settori. Ma il rovescio della medaglia è altrettanto evidente: una musica più standardizzata, meno empatica e imperfetta come dovrebbe essere, sfornata in massa da algoritmi che imitano stili preesistenti in un clamoroso scopiazzamento globale. Praticamente un incubo a occhi aperti.

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Simone Cosimi