Perché con "Ghost of Yotei" puoi vivere una vera esperienza da samurai

"Ghost of Yotei" è uno dei titoli esclusivi di PlayStation più attesi della stagione, da qualche settimana a disposizione degli appassionati di videogame. Si tratta di una storia di cappa e spada, ambientata nel Giappone dei samurai e sequel di "Ghost of Tsushima". Abbiamo chiesto a Nathan Fox, direttore creativo di Sucker Punch, lo studio che ha sviluppato il gioco, di raccontarci la sua ultima fatica. Oltre al prequel, quali sono state le principali fonti di ispirazione per la trama e l'ambientazione di "Ghost of Yotei"? Per "Ghost of Yotei" ci siamo ispirati molto al mito dell'Onryō, uno spirito vendicativo tornato dal mondo dei morti per vendicarsi. Si tratta di una nuova storia di fantasmi per la nostra serie. La protagonista, Atsu, ha subito una terribile perdita traumatica da bambina e ora, 16 anni dopo, è tornata per vendicarsi. Il giocatore la guida in questo viaggio alla ricerca dei Sei di Yotei per dare pace agli spiriti della sua famiglia. Come avete sviluppato il sistema di combattimento e quali sono state le principali sfide nel bilanciare la difficoltà? Il combattimento in "Ghost of Yotei" si basa sui classici film di samurai, dove si vede una precisione letale, due guerrieri immobili e poi, con pochi movimenti della spada, qualcuno che sanguina e cade morto. Volevamo renderlo interattivo in modo che i giocatori potessero provare la tensione e la letalità di quei film. Con "Ghost of Yotei", volevamo anche assicurarci che i giocatori provassero l’esperienza di dovere improvvisare. Atsu, farà tutto il necessario per vincere in un combattimento, dal gettare sabbia negli occhi di un nemico, al raccogliere una spada da terra e infilarla nello stomaco di un altro nemico. In questo modo, i giocatori hanno una certa libertà di esplorare modi diversi e imprevisti per uscire vivi da situazioni davvero disperate. Ci sono caratteristiche o modalità di gioco che avete preso in considerazione ma che alla fine avete deciso di non includere? Perché? Per "Ghost of Yotei" abbiamo avuto la grande fortuna di poter contattare alcuni artisti che ci hanno ispirato moltissimo, e loro sono stati così gentili da accettare di collaborare con noi. Quindi, oltre al consenso della fondazione di Akira Kurosawa per questa modalità che rende il gioco in bianco e nero e altera il suono per ricreare l'atmosfera dei film d'epoca, abbiamo la modalità Miike, che avvicina la telecamera per rendere i combattimenti più reali. Il sangue e il fango sono accentuati in modo da poter sentire l’azione durante i combattimenti. Abbiamo anche contattato Wasanabe, che ha ideato una serie chiamata "Samurai Champloo", caratterizzata da ritmi lo-fi in un'antica storia giapponese. Molte persone sono state ispirate a scoprire il cinema samurai guardando questa serie. Pensiamo che sia un ottimo modo per esplorare il gioco in modo diverso. Come avete integrato gli elementi culturali e storici nel design dei personaggi e degli ambienti? Sucker Punch è uno studio americano e non abbiamo una conoscenza culturale tale da rendere autentico il mondo di questo gioco senza un aiuto consistente. Abbiamo diversi studi PlayStation, quindi possiamo contattare i nostri colleghi di Tokyo che possono giocare, leggere le sceneggiature e darci consigli. Inoltre, ci circondiamo di consulenti che possono insegnarci cose sulla religione o revisionare i nostri costumi o l'architettura, in modo da dare un senso di autenticità. Ora, questo senso di autenticità a volte può influire anche sul gameplay. Una delle cose che amo di più è la pittura Sumi-e, l'arte di applicare l'inchiostro nero su carta. E la rendiamo interattiva per il giocatore attraverso il controller DualSense, con una semplice interfaccia touch. È possibile esplorare un'arte che tutti possono comprendere, perché tutti abbiamo impugnato un pennello almeno una volta nella vita. Inoltre, suonare uno shamisen, uno strumento musicale, in questo caso quello della madre di Atsu, collega la protagonista al suo passato. E possiamo usare questa pratica per collegarla alla sua famiglia. Il giocatore è lì per farlo in modo interattivo. In questo caso, fa cambiare direzione al vento, guidando il giocatore verso un nuovo obiettivo. E, naturalmente, la madre di Atsu è lì ad aiutarla lungo il percorso. Qual è stata la parte più difficile dello sviluppo del gioco e come l'avete superata? Una delle parti più difficili dello sviluppo è prendere tutte le idee che vengono generate in uno studio. E in uno studio di videogiochi, tutti sono molto, molto creativi e hanno ottime idee. Quindi la domanda è: quali di queste idee realizzeremo tutti insieme? E così, come direttore creativo, io e i miei partner ci chiediamo come creare momenti interattivi che permettano ai giocatori di vivere davvero l'esperienza di Atsu e poi far sapere al team quali di queste idee intendiamo davvero sostenere. Poi tutti lavoriamo insieme per realizzare quei momenti, in modo che i giocatori possano immergersi completamente in queste esperienze. Non si tratta di trovare idee, ma di selezionare quelle che meglio rappresentano la personalità di Atsu. Prima ha parlato del vento, in che modo influenza l'atmosfera e le sequenze di combattimento, contribuendo a creare determinate emozioni o effetti narrativi? Il vento in "Ghost of Tsushima" è un elemento potente. Il giocatore può utilizzarlo per dirigersi verso un obiettivo. In alcune parti, il vento proviene dalla madre di Atsu, che ha detto che sarebbe sempre stata con lei, aiutandola a guidandola lungo il suo cammino di vendetta. È la natura stessa che la aiuta. La natura è dalla sua parte in "Ghost of Yotei". E mentre ti immergi in questa avventura insieme ad Atsu, puoi sempre andare da qualche altra parte ed esplorare il mondo del gioco sapendo che non ti perderai. Ed esplorare, uscire dai sentieri battuti, è una grande esperienza che ti consente il titolo. A volte è ancora la natura che ti spinge a esplorare. Un uccellino “guida” tutto giallo potrebbe cinguettare e invogliarti a seguirlo. Una volpe potrebbe invogliarti a seguirla. Potresti vedere una strana roccia su una collina o un albero rosso che esplode di colore all'interno di una foresta verde. Tutte queste cose hanno lo scopo di stimolare la curiosità del giocatore, per spingerlo a voler guardare più a fondo ed esplorare i segreti e le storie di Ezo, la regione teatro della storia. Come avete sviluppato i flashback nel gioco? Qual è il loro scopo nell'avanzamento della trama e nella rilettura dei singoli personaggi? Una delle tecnologie che abbiamo sviluppato sin dall'inizio per Yotei era la possibilità, premendo un pulsante, di tornare indietro nel tempo nei ricordi di Atsu. Riteniamo che questo sia davvero importante perché tutti noi abbiamo vissuto l'esperienza di tornare a casa, nel luogo in cui siamo cresciuti, e vedere una parte di quella casa, e in un attimo siamo riportati indietro a chi eravamo da giovani. È inevitabile. Tutti abbiamo nella nostra mente dei ricordi che determinano chi siamo da adulti. Quindi Atsu ha dei ricordi della sua giovinezza, quando i tempi erano felici, prima di perdere tutta la sua famiglia. E sono proprio queste esperienze intense che, come giocatore, puoi rivivere tornando indietro nel tempo. Ti fanno capire perché lei sia così furiosa. Un videogame è uno strumento interattivo, quindi volevamo rendere interattivi anche i ricordi stessi.

Cosa vedere:

Come vederlo:

Online con Sky:

Perché con "Ghost of Yotei" puoi vivere una vera esperienza da samurai

Cristian Paolini