Città a misura d’uomo: perché lo spazio urbano esclude le donne

Camminare per le vie di una città, soprattutto nel tardo pomeriggio o di sera, può rappresentare un rischio per le donne e per le minoranze di genere. Sottopassaggi bui, negozi chiusi e un’illuminazione urbana spesso insufficiente diventano vere e proprie sfide per chi, in una società patriarcale, non detiene un ruolo dominante. “Di questo si occupa l’urbanistica di genere – spiega l’architetta e scrittrice Florencia Andreola – ovvero di osservare le nostre città da un punto di vista di genere e renderle più accessibili”. “Per questo – continua la collega Azzurra Muzzonigro – abbiamo fondato il collettivo Sex & the City, che mette al centro le donne”. L’urbanistica di genere è un ambito emergente della progettazione urbana che ripensa lo spazio cittadino a partire dalle esigenze di chi, storicamente, non ha mai avuto voce nella sua costruzione. “Le nostre città sono teoricamente progettate per un soggetto neutro – spiega Azzurra Muzzonigro – ma se ci togliamo gli occhiali patriarcali con cui osserviamo il mondo ci accorgiamo che non è così: lo spazio urbano è fatto a misura d’uomo”. Una pianificazione che, di fatto, privilegia un soggetto libero dai carichi di cura. “Se ci prestiamo attenzione – aggiunge Florencia Andreola – le città favoriscono un modello di spostamento pendolare, casa-lavoro. Non c’è quasi spazio per il cosiddetto trip chaining, ovvero uno spostamento a tappe, che è quello più praticato dalle donne”. Più spesso coinvolte nel lavoro di cura, infatti, le donne sono costrette a combinare più attività nello stesso tragitto. dall’accompagnare i figli a scuola ad occuparsi della gestione quotidiana. Inoltre, lo spazio urbano è pensato per un soggetto libero anche da carichi fisici, come passeggini o borse della spesa. Un altro nodo centrale è quello della sicurezza. “A Milano – spiega Muzzonigro – il 36% delle donne dichiara di non uscire la sera per paura. Si crea così un cortocircuito: paradossalmente, gli spazi percepiti come più sicuri sono quelli abitati dalle donne”. Da qui la necessità di interrogarsi su come rendere la città più accogliente e sicura. “Un primo passo – conclude Andreola - potrebbe essere investire nell’illuminazione pubblica, con un lighting design attento alle aree percepite come più insicure. Allo stesso modo, si potrebbero rafforzare le reti di comunità e incentivare i negozi a restare aperti più a lungo, per contrastare il degrado e favorire una maggiore presenza negli spazi urbani”. Muzzonigro e Andreola hanno dato vita nel 2020 al progetto Sex & the City, con l’obiettivo di comprendere come migliorare e rendere più accessibili le città. "Il nostro progetto – spiega Andreola – nasce da un bando dell’Urban Center di Milano, al quale abbiamo partecipato proponendo di sovrapporre gli studi di genere a quelli urbanistici. Da lì è nato l’Atlante di genere di Milano, che racconta come la città viene percepita dalle minoranze e propone strumenti concreti di miglioramento". Nel loro lavoro, Muzzonigro e Andreola mettono al centro donne e minoranze di genere per individuare e affrontare le fragilità dello spazio urbano. "Nel tempo – continua Muzzonigro – il progetto si è ampliato e oggi ci occupiamo anche di consulenza per le pubbliche amministrazioni. Lavoriamo a partire dalle minoranze, attraverso focus group e camminate esplorative che permettono di mappare i punti critici della città, come la vegetazione troppo alta, la mancanza di panchine o la scarsa illuminazione, e di segnalarli". Un approccio necessario, perché, come ricorda Muzzonigro citando Perez: "Se nella pianificazione urbana non si tiene conto del genere, gli spazi diventano di default maschili".

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Benedetta Macchini