La battaglia invisibile: come l’Italia vuole proteggere le sue infrastrutture critiche

L’Italia si trova a un bivio cruciale nella sua storia recente: le minacce cibernetiche che incombono sulle infrastrutture strategiche non sono più una possibilità remota, ma una realtà incombente. In un momento storico in cui l’ammiraglio Giuseppe Cavo Dragone, ai vertici della NATO, definisce il panorama delle minacce odierne più complesso di quello della Guerra Fredda, e l’ex premier olandese Mark Rutte denuncia l’insufficienza del 2% del PIL destinato alla difesa militare, emerge con forza la necessità di un cambio di paradigma. Le infrastrutture critiche - reti elettriche, sistemi di trasporto, ospedali, banche - sono sempre più esposte agli attacchi di attori ostili, siano essi Stati-nazione o gruppi criminali. Per affrontare questa sfida, il ministro della Difesa Guido Crosetto ha da tempo lanciato una proposta ambiziosa ma necessaria: creare una forza di "riservisti cyber", esperti del settore pronti a intervenire per proteggere il Paese in caso di crisi cibernetiche. Si tratta di una visione innovativa che punta a integrare le competenze del settore pubblico con quelle di professionisti altamente qualificati. L’idea non nasce dal nulla: il modello dei riservisti cyber ha già trovato applicazione in Paesi come l’Estonia, dove, dopo l’attacco informatico del 2007, il governo ha istituito una Cyber Defence Unit composta da volontari. Questo gruppo di esperti lavora in stretta collaborazione con le forze armate per prevenire e rispondere agli attacchi. L’esperienza estone dimostra che, in un contesto globale sempre più digitalizzato, la collaborazione tra pubblico e privato è fondamentale per garantire la sicurezza nazionale. Ma come rendere operativa una forza di riservisti cyber in Italia? La risposta risiede in due parole: addestramento avanzato. I cyber range, piattaforme che simulano scenari realistici di attacco e difesa, rappresentano una risorsa imprescindibile. In questi laboratori virtuali, i partecipanti possono affrontare situazioni complesse in un ambiente controllato, sviluppando competenze tecniche e tattiche essenziali per contrastare minacce reali. Eventi come la "Locked Shields", organizzata annualmente dal Centro Europeo per la Difesa Cibernetica della NATO , mostrano l’importanza di queste simulazioni nel rafforzare la cooperazione tra Stati e nel migliorare la capacità di risposta agli attacchi. In Italia, esistono già alcune iniziative promettenti nel campo dei cyber range, sebbene non ancora integrate a livello nazionale. Leonardo, una delle principali aziende del settore della difesa, ha sviluppato una piattaforma chiamata "Cyber Range e Simulation" per addestrare operatori e testare nuove tecnologie di sicurezza. Inoltre, diverse università, come l’Università di Genova, e centri di ricerca collaborano su progetti che includono simulazioni avanzate di attacchi cibernetici. Anche il CINI Cybersecurity Lab lavora su strumenti educativi e pratici. Tuttavia, manca un coordinamento centrale che coinvolga l’Agenzia per la Cybersicurezza Nazionale e che permetta di sfruttare pienamente queste risorse per la difesa del Paese. Un progetto nazionale che integri queste risorse, coinvolgendo università, centri di ricerca e aziende tecnologiche, potrebbe creare un ecosistema solido e resiliente. Questa infrastruttura, oltre a fornire addestramento, potrebbe diventare un hub di innovazione, attirando talenti e sviluppando nuove tecnologie di difesa. Le lezioni del passato recente sono chiare. Gli attacchi contro la rete elettrica ucraina e il caso del Colonial Pipeline negli Stati Uniti hanno dimostrato quanto siano vulnerabili le infrastrutture critiche. Un attacco su vasta scala potrebbe paralizzare l’economia italiana e mettere a rischio la sicurezza nazionale. Tuttavia, una tecnologia avanzata, per quanto indispensabile, non basta: è necessaria una cultura della resilienza che coinvolga personale addestrato e una cittadinanza consapevole. La creazione di riservisti cyber e l’implementazione di cyber range non sono solo una necessità tecnica, ma un imperativo strategico. L’Italia ha l’opportunità di assumere un ruolo di leadership in Europa, dimostrando che è possibile trasformare la crisi in un’occasione di crescita e innovazione. Come ha sottolineato l’ammiraglio Cavo Dragone, affrontiamo una sfida più complessa di quelle del passato. Non c’è tempo da perdere: il futuro della nostra sicurezza dipende dalle decisioni che prendiamo oggi.

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