Social e adolescenti, Francesca Valla: "Insegniamo ai nostri figli l'educazione digitale"

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Giulia Mengolini

Giulia Mengolini

Meta ha lanciato la campagna Genitori Connessi, pensata per parlare ai padri e alle madri dell’importanza dell’uso responsabile dei social. La sfida è quella di guidare i propri figli a un utilizzo sano e consapevole, aiutandosi con una serie di strumenti pratici, dalla gestione del tempo online alla gestione dei commenti e alla supervisione degli adulti su Instagram. La counselor Francesca Valla, volto di SOS Tata, è una degli ambassador. L'abbiamo incontrata

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Nativi digitali, smanettoni, sempre connessi. Sono almeno 100mila gli adolescenti italiani fra gli 11 e i 17 anni che fanno un uso compulsivo e incontrollato di social e piattaforme di streaming, trascorrendo online ore e ore al giorno. Oltre a chattare, si imbattono anche in contenuti di ogni tipo: video, foto e interazioni che non hanno potenzialmente confini o restrizioni, e nessuno di loro ha ricevuto un’educazione digitale per imparare a maneggiarli con cura, evitando rischi e pericoli. Per colmare questo vuoto Meta ha lanciato una campagna pensata per parlare ai genitori e agli educatori dell’importanza dell’uso responsabile dei social da parte degli adolescenti. La sfida è quella di guidare i propri figli e figlie a un utilizzo sano e responsabile di questi strumenti: si chiama “Genitori Connessi” e vuole sensibilizzare gli adulti, fornendo loro gli strumenti necessari per avvicinarsi ai ragazzi e guidarli verso un'esperienza online non solo positiva, ma anche sicura. Per renderlo possibile, Meta ha sviluppato oltre 30 strumenti per guidare gli adolescenti verso un uso consapevole delle piattaforme, dalla verifica dell’età al controllo dei contenuti sensibili fino alla gestione del tempo su Instagram.  

Meta: "Parliamo ai genitori per promuovere consapevolezza"

“Molto spesso i genitori non conoscono i nuovi canali digitali abbastanza bene da poter accompagnare i figli in questo percorso, per questo sentiamo il bisogno di parlare proprio a loro. Con ‘Genitori Connessi’ vogliamo incentivare un dialogo costruttivo tra genitori ed educatori, esperti e figure influenti per creare consapevolezza in materia e promuovere il benessere dei ragazzi”, dice a Sky Tg24  Laura Bononcini, Public Policy Director di Meta per il Sud Europa. La campagna può contare su 13 ambassador che Meta ha selezionato come portavoce, dalla giornalista Francesca Barra al divulgatore Andrea Galeazzi alla counselor familiare Francesca Valla.

Laura Bononcini, Public Policy Director di Meta per il Sud Europa.

Non controllo, ma supervisione

Genitori ed educatori possono supportare gli adolescenti stabilendo insieme a loro dei confini e favorendo una comunicazione aperta sull’utilizzo dei social nelle loro vite. Come? Per esempio impostando la Supervisione genitori, una sorta di “patto” che ogni genitore può fare con il proprio figlio minorenne: “Si chiama appunto di supervisione e non di controllo”, spiega la director di Meta, “proprio perché dà agli adulti la possibilità di supervisionare i propri figli, ma nel pieno rispetto della loro privacy: può essere attivata infatti solo previa autorizzazione dei ragazzi e non consente ai genitori di leggere i loro messaggi privati, perché riteniamo, anche sulla base di quello che ci dicono gli esperti, che sia importante rispettare la privacy dei giovani”. Il rischio di un controllo serrato è infatti che i ragazzi trovino strategie alternative per utilizzare i social, o che lo facciano di nascosto.

Un patto di fiducia tra genitori e figli

“La supervisione è un patto che si basa sulla fiducia e sul dialogo, e non uno strumento di controllo”. Gli strumenti di supervisione sono strumenti pratici che per esempio permettono di vedere quanto tempo l’adolescente passa su Instagram, impostare un limite di tempo e pause programmate, ricevere aggiornamenti sugli account seguiti dall’adolescente e su quelli da cui è seguito, visualizzare le impostazioni dell’account dell’adolescente e ricevere notifiche sulle segnalazioni che l’adolescente desidera condividere e sugli account che decide di bloccare. “Penso che quest’ultimo sia uno degli aspetti più rivoluzionari per la tutela dei ragazzi: sapere quali contenuti e quali account l’adolescente segnala è un campanello d'allarme che può servire al genitore per parlare con i figli, e magari emergere un disagio o una difficoltà che sta vivendo nella sua esperienza online”, dice Bononcini.

Aurora Ramazzotti

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Francesca Valla, counselor familiare,  insegnante e scrittrice, ex volto di “Sos Tata”.

Dove si può individuare per un genitore una linea di confine tra tutela e controllo dei propri figli?

Questo è un aspetto altamente sfidante: spesso i genitori mi raccontano della fatica che fanno nel trovare questa linea. Penso che per prendersi cura dei figli e delle figlie anche nella sfera della vita online si debba partire dall’educare, definendo regole precise e condivise, creando un dialogo aperto, promuovendo l’ascolto attivo e un approccio non giudicante verso i ragazzi.
 

I ragazzi e le ragazze di oggi sono nativi digitali, ma non per questo sanno usare la tecnologia in maniera corretta, non esiste una formazione sul tema. Quanto può essere pericoloso questo utilizzo completamente privo di strumenti?

Sì, sono "nativi digitali" per la familiarità che hanno con la tecnologia fin da piccoli, ma non la sanno utilizzare in maniera consapevole e responsabile. Questo tema va preso seriamente in considerazione perché un uso inappropriato della tecnologia può comportare rischi per la privacy, la sicurezza online, il benessere personale, persino le relazioni. Senza una guida appropriata, i nostri ragazzi possono essere esposti a contenuti online pericolosi o inappropriati. È importante che genitori e insegnanti forniscano una formazione educativa sulla tecnologia. Non solo: è anche indispensabile occuparci della vita offline dei nostri figli.
 

L’educazione digitale dovrebbe essere insegnata a scuola?

Credo che non si possa delegare a una sola agenzia educativa il compito di educare. Famiglia e scuola devono insieme prendersi cura dei bambini e delle bambine. Diventa quindi necessario che in classe, fin dai primi anni della scuola primaria, si lavori nella direzione di sviluppare competenze digitali e una consapevolezza digitale dei bambini; la tecnologia ha un fortissimo impatto sulla loro vita quotidiana, sulla società e sulla stessa istruzione.
 

Qual è, se esiste, il confine che non andrebbe superato per non sfociare nella dipendenza dai social media?  

Senza dubbio è importante partire da un patto educativo in famiglia, quindi stabilire insieme regole chiare che siano condivise. Ad esempio diventa necessario impostare un tempo prestabilito, inserire delle pause offline, attivare la modalità non disturbare (o spegnere lo smartphone del tutto) mentre si studia o si fanno altre esperienze, aprire al dialogo sulle esperienze social in famiglia, creare in casa una zona senza dispositivi (ad esempio la camera da letto). Aggiungo che per iscriversi a un social network le indicazioni dicono che bisogna avere almeno 13 anni.
 

Quali sono i campanelli di allarme di una possibile dipendenza da social network?

Alcuni segnali che vengono spesso evidenziati sono: trascorrere un tempo eccessivo online, isolamento sociale, disinteresse per altre attività, stato di irritabilità e ansia, cambiamento di comportamento e rendimento nell’ambito scolastico, desiderio di condivisione eccessiva, ricerca di conferme attraverso i “like”…
 

Come si prevengono?

Stabilendo limiti, confini chiari e condivisi. Ed è importante anche che gli adulti conoscano gli strumenti che le piattaforme mettono a disposizione, ad esempio strumenti come “Prenditi una pausa” e la modalità "non disturbare" per la gestione del tempo. O, altrettanto importante, la possibilità di nascondere il numero di mi piace in modo da dare importanza al contenuto che si sta condividendo e non al numero di mi piace ottenuti, imparando a gestire di conseguenza la pressione sociale.

I ragazzi sono bombardati di immagini e video di ogni tipo. Come si può disincentivare l’inevitabile influenza di modelli scorretti sui social media, da quelli di perfezione irraggiungibile a quelli più negativi?

Sicuramente bisogna iniziare quando sono piccoli, lavorando a livello preventivo nello sviluppo del pensiero critico e sull’educare all’empatia. Una volta cresciuti dobbiamo aiutarli a distinguere ciò che è reale da ciò che è manipolato o falso e continuare a educarli all’empatia. In famiglia dovremmo cercare sempre di costruire un dialogo aperto con i nostri figli sui media e sui contenuti che incontrano online: aiutiamoli a raccontarci cosa vedono e soprattutto come si sentono rispetto a certi contenuti. Il nostro approccio di genitori, però, deve essere aperto e mai giudicante.

Pensa che i genitori di oggi siano sufficientemente attenti al rapporto dei loro figli con i social? Quali sono gli errori più frequenti? E cos'è più difficile per loro?

La maggior parte dei genitori è attenta, ma dichiara di non sentirsi sempre all’altezza per affrontare in famiglia il tema dell’educazione digitale dei figli. Forse la parte forse più faticosa che mi viene raccontata dai padri e le madri è la difficoltà nel far rispettare limiti sui social.

Oggi è la Giornata dedicata alla Salute Mentale. Imparare a disconnettersi è una buona pratica per prendersene cura?
Sicuramente sì.

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