Lo storico e filosofo della scienza dell'Università Bicocca di Milano ha commentato la notizia delle dimissioni da Google del "pioniere dell'Ai" Geoffrey Hinton sottolineando che "i protagonisti siamo sempre noi, non usiamo l'intelligenza artificiale come un alibi"
"Confesso che sono sempre un po' perplesso quando dei tecnici che per una vita hanno lavorato in questo settore avanzano di colpo questo tipo di perplessità e di ripensamenti". Lo ha detto Stefano Moriggi, storico e filosofo della scienza all'Università Bicocca di Milano, commentando a Sky TG24 la notizia delle dimissioni di Geoffrey Hinton da Google e le dichiarazioni dell'informatico, noto come il "padrino" o il "pioniere" dell'artificial intelligence, sui pericoli dell'Ai. Alla Bbc, Hinton ha spiegato di ritenere che alcuni dei pericoli dei chatbot di intelligenza artificiale siano "abbastanza spaventosi".
"Dobbiamo sviluppare una cultura del dato, non solo una scienza dei dati"
Secondo Moriggi questo tipo di decisioni, "così come quelle di altri che hanno proposto di sospendere lo studio e la ricerca sull'intelligenza artificiale", suonano più come "tecniche di marketing che non come effettive riflessioni che pur sarebbero necessarie". Per l'esperto "noi viviamo in una società digitalmente aumentata e questo significa che sempre più avremo a disposizione e produrremo dati che dovremo gestire, processare, utilizzare anche ridisegnare nuovi concetti di cittadinanza". E per fare tutto questo gli algoritmi e l'intelligenza artificiale "saranno necessari" perché una società senza algoritmi, "una società del futuro ma anche del presente, senza intelligenza artificiale è destinata a collassare. Ma a collassare nel senso più proprio del termine". Secondo Moriggi quindi "dobbiamo sempre di più sviluppare, a diversi livelli, una cultura del dato, non solo una scienza dei dati, ampliando la possibilità di accesso e di formazione, a partire dalle scuole fino all'università e oltre, in modo tale da rendere queste paure non solo degli spauracchi fantascientifici ma dei momenti di riflessione necessari per ridisegnare il futuro della cittadinanza e delle professioni che ci attendono".
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"Protagonisti siamo sempre noi, non usiamo l'intelligenza artificiale come un alibi"
Alla domanda sulla compnente di rischio legata all'intelligenza artificiale Moriggi ha risposto con "un paradosso. Di che cosa abbiamo davvero paura? Ammesso che sia così perché così emerge dalla testimonianza di questo superesperto. Abbiamo paura che l'intelligenza artificiale impari a decidere da sola? Che acquisisca autonomia? Che pensi come pensiamo noi? È uno specchio, abbiamo paura di noi stessi". Allora per il filosofo della scienza bisogna andare "fino in fondo a questo ragionamento e provare a chiederci: siamo così intelligenti da pensare il nostro futuro in maniera sostenibile? Perché i protagonisti siamo sempre noi, non usiamo l'intelligenza artificiale come un alibi".