Zoom e i problemi di privacy, Space X ne vieta l’uso ai dipendenti

Tecnologia

La compagnia aerospaziale fondata da Elon Musk, secondo una comunicazione di cui è entrata in possesso l’agenzia di stampa Reuters, ha disabilitato tutti gli accessi all’app che permette videoconferenze da remoto 

La compagnia aerospaziale statunitense Space X, nata nel 2002 grazie all’iniziativa dell’imprenditore sudafricano Elon Musk, ha deciso di vietare ai propri dipendenti di utilizzare Zoom, l'app per le videoconferenze che negli ultimi tempi ha preso particolarmente piede visti i provvedimenti di lockdown che stanno riguardando metà della popolazione mondiale. A dirlo è l’agenzia Reuters, citando "importanti problemi di privacy e sicurezza" legati a Zoom, rilevati all’interno di una comunicazione via e-mail del 28 marzo, in cui si comunicava che tutti gli accessi all’app sarebbero stati disabilitati con effetto immediato.

Un’indagine sulla privacy negli Usa

“Comprendiamo che molti di noi stavano usando questo strumento per conferenze e riunioni da remoto", ha scritto Reuters riportando un passaggio della mail che Space X ha inoltrato ai dipendenti. "Si prega di utilizzare e-mail, messaggi di testo o il telefono come mezzi di comunicazione alternativi". A conferma di ciò, due persone che hanno familiarità con la questione avrebbero anche confermato il contenuto della comunicazione. La decisione di Space X, tra l’altro, arriva proprio in giorni particolarmente turbolenti per Zoom. Come riportano diverse agenzie e testate, tra cui anche Agi e il New York Times, l’app è al centro di una bufera legata proprio alla privacy, che non sarebbe totalmente garantita agli utenti. L’Fbi, negli Stati Uniti, ha lanciato un'allerta agli utenti, su invito del procuratore generale di New York, Letitia James, che ha ha anche invitato la società che gestisce Zoom a risolvere il problema, impedendo ai pirati informatici di "ottenere accesso furtivo alle webcam dei consumatori". E’ successo, infatti, che anche visto l’importante aumento di accessi di questo periodo, l’applicazione sia stata oggetto di costanti hackeraggi durante i meeting virtuali, anche con immagini violente, messaggi razzisti, antisemiti o pornografici. Il fenomeno è stato ribattezzato "zoombombing".

I problemi già risolti

Zoom, come scritto sul blog della compagnia da Eric S. Yuan, ceo e fondatore dell’applicazione, si è dimostrata disponibile a migliorare e risolvere tutte le problematiche relative alla privacy, nonostante un afflusso di utenti che nemmeno l’azienda si aspettava potesse arrivare così all’improvviso. Tra le prime iniziative intraprese, proprio nei giorni scorsi, quella dedicata gli utenti iOS che hanno visto bloccato l'invio delle statistiche d'utilizzo a Facebook. Motherboard, un sito di settore, aveva spiegato che Zoom si connetteva alle API Graph di Facebook nel momento stesso in cui l’applicazione veniva aperta. “Graph è il metodo principale utilizzato dagli sviluppatori per movimentare dati da e verso Facebook”, hanno detto gli specialisti. Tramite Zoom, infatti, l’azienda di Menlo Park poteva ottenere l’accesso a varie informazioni, tra cui il momento esatto in cui l’utente sceglieva di utilizzare l’app, il dispositivo utilizzato, la sua posizione generica (identificabile tramite la città e il fuso orario) e il codice identificativo univoco per la pubblicità.  

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