Zoom, la versione iOS dell’app al centro di critiche sulla gestione della privacy

Tecnologia
Immagine di archivio (Getty Images)

Stando a quanto riportato dal Motherboard, il software trasmetterebbe dati a Facebook all’insaputa degli utenti. L’azienda di Menlo Park ha dichiarato che chi utilizza le sue API per l’invio di informazioni deve specificarlo con chiarezza nell’informativa sulla privacy

Nelle ultime settimane, l’app di videochiamate di gruppo Zoom Cloud Meeting è diventata molto popolare e utilizzata, perché rappresenta una buona soluzione per chi, come previsto dalle misure di sicurezza introdotte per contrastare la diffusione del coronavirus Sars-CoV-2 (segui la DIRETTA di Sky TG24), deve lavorare da casa. La versione iOS dell’applicazione sembrerebbe però mettere a rischio la privacy degli utenti che ne fanno uso: stando a quanto emerge da un’analisi condotta dal sito specializzato Motherboard, infatti, il software invierebbe dati a Facebook tramite le API anche se chi lo utilizza non ha un account sul social media. Si tratta di un passaggio che l’informativa sulla privacy non illustra a dovere. Interpellata sull’argomento, Facebook ha spiegato che chi utilizza le sue API deve fornire all'utente finale un'informativa trasparente e precisa. Zoom, invece, non ha risposto alle domande di Motherboard sulla questione.

L’invio dei dati a Facebook

Motherboard spiega che Zoom si connette alle API Graph di Facebook nel momento stesso in cui l’applicazione viene aperta. “Graph è il metodo principale utilizzato dagli sviluppatori per movimentare dati da e verso Facebook”, sottolinea il sito. Tramite Zoom l’azienda di Menlo Park ottiene l’accesso a varie informazioni, tra cui il momento esatto in cui l’utente apre l’app, il dispositivo utilizzato, la sua posizione generica (identificabile tramite la città e il fuso orario) e il codice identificativo univoco per la pubblicità. Quest’ultimo è piuttosto importante per il social, perché gli consente di inviare inserzioni pubblicitarie personalizzate all’utente.

La risposta di Facebook 

In una nota, un portavoce del colosso di Menlo Park ha comunicato la posizione dell’azienda in merito a quanto emerso dall’indagine condotta da Motherboard: “È prassi comune che gli sviluppatori condividano informazioni con un'ampia varietà di piattaforme per la pubblicità e l'analisi dei dati. Utilizziamo i dati che le aziende condividono con noi come indicato nella nostra Normativa sui dati e per fornire alle aziende i servizi standard del settore. Chiediamo agli sviluppatori di app di essere chiari con i loro utenti sulle informazioni che condividono con noi. È possibile avere maggiori informazioni sui nostri requisiti per la trasparenza nelle nostre Condizioni per gli strumenti di Facebook Business, in particolare alla sezione 3(b)”.

Zoom e la privacy

Come accennato, Facebook ha spiegato a Motherboard che tutti gli sviluppatori che utilizzano le sue API sono tenuti a fornire all’utente finale un’informativa sulla privacy dettagliata e trasparente. Per ora Zoom non ha commentato la scoperta del sito specializzato. Non è la prima volta in cui la gestione della privacy dell’app viene criticata. Stando a quanto riportato pochi giorni fa dalla Electronic Frontier Foundation (EFF), l’host può controllare se i partecipanti alla chiamata hanno la finestra della conversazione aperta o stanno facendo altro, mentre gli amministratori possono entrare in possesso di dati come l’indirizzo IP, la posizione e il modello del device usato per la connessione di tutte le persone coinvolte nella call.

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