Cina, dal 2020 stop a computer e software stranieri

Tecnologia
Immagine di archivio (Getty Images)

Secondo il Financial Times dal 2020 Pechino avvierà un piano graduale per arrivare entro il 2022 ad avere soltanto tecnologie cinesi negli uffici del governo e delle istituzioni pubbliche 

La Cina ha ordinato la rimozione di tutti i computer e software esteri dagli uffici governativi e dalle pubbliche istituzioni entro il 2022. La notizia è stata riportata dal Financial Times, secondo cui il piano disposto dal Partito Comunista di Pechino sarebbe mirato a sostenere lo sviluppo delle tecnologie domestiche, con l’effetto però di infliggere un duro colpo a colossi come HP, Dell o Microsoft. La guerra commerciale tra la Cina e gli Stati Uniti, portata avanti dai due Paesi con l’imposizione dei dazi, si estende ora al campo tecnologico e come spiega il FT la mossa di Pechino potrebbe imitare “gli sforzi dell’amministrazione Trump di ridurre l’uso delle tecnologie cinesi negli Stati Uniti e i suoi alleati".

La Cina sostituirà 30 milioni di pezzi hardware stranieri

Il piano del Partito Comunista cinese prevede che la rimozione di software e computer stranieri avvenga gradualmente. Entro il 2020 dovrebbero essere sostituite il 30% delle tecnologie, mentre un ulteriore taglio del 50% è previsto nel 2021; infine, Pechino vorrebbe centrare entro il 2022 l’obiettivo di avere soltanto programmi e dispositivi cinesi negli uffici del governo e nelle istituzioni pubbliche. Secondo gli analisti di China Securities, come riportato sul FT, la direttiva porterà a rimuovere e sostituire tra i 20 e i 30 milioni di pezzi di hardware in totale. A livello software, invece, l'impresa più dura sarà quella di rimpiazzare i sistemi operativi Office di Windows e MacOS di Apple, estremamente diffusi in tutto il mondo.

Cina, risposta agli Usa per il ban Huawei

L’ordine di dotarsi di tecnologie esclusivamente cinesi fa parte di un piano più ampio della Cina, che vuole affidarsi sempre di più al mercato domestico riducendo allo stesso tempo la dipendenza dai venditori stranieri. Il canale più colpito da questa decisione, conseguenza anche della legge sulla sicurezza informatica del 2017, è certamente quello con gli Usa, visto che i ricavi dei colossi statunitensi del settore tech in Cina sono pari a circa 150 miliardi di dollari all’anno, sebbene provengano in buona parte dal settore privato. Di certo, la rimozione delle tecnologie statunitensi potrebbe essere considerata una risposta alla decisione di Washington di tagliare i rapporti commerciali tra le aziende Usa e Huawei a causa dei timori di spionaggio e ai tentativi di Trump di dissuadere l’Europa dall’utilizzare le tecnologie della casa di Shenzhen. 

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