Cala la fiducia, crescono gli investimenti: a che punto è l'auto a guida autonoma

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Native digitali e case produttrici tradizionali continuano a puntare sulle vetture driverless. Molte le sfide da vincere, a partire dal calo della fiducia degli utenti dopo gli incidenti di Uber e Tesla

La guida autonoma è un mercato ancora giovane. E in continua evoluzione. Il 2018, che per molti osservatori sarebbe dovuto essere l'anno della consacrazione, si è aperto con una frenata. Non perché gli investimenti stiano rallentando, ma perché le vetture hanno incontrato alcuni problemi tecnici.

Gli incidenti del 2018

A marzo, un'auto di Uber ha travolto e ucciso una donna mentre testava la propria tecnologia a guida autonoma. La vittima ha attraversato la strada in un punto poco illuminato e restano ancora da accertare le responsabilità. Ma le conseguenze si sono fatte sentire: Uber ha sospeso i test i Arizona e l'opinione pubblica è tornata a interrogarsi sulla bontà della tecnologia. Un altro incidente mortale ha riguardato Tesla, che monta già sulle proprie vetture dei sistemi di guida assistita. Una Model X si è schiantata contro un guardrail in California, uccidendo l'uomo al volante. Secondo la moglie, al momento dello scontro, era attivo il “pilota automatico”. Anche in questo caso, le responsabilità sono tutte da definire, ma una conseguenza c'è già stata: un forte calo della fiducia nelle auto driverless.

Il calo della fiducia

Secondo un sondaggio condotto dall'American Automobile Association ad aprile, il 73% degli utenti “sarebbe preoccupato di salire in un veicolo totalmente autonomo”. Meno di gennaio 2017 (quando la quota era al 78%) ma molto di più rispetto allo scorso dicembre, quando gli utenti dubbiosi erano il 63%. Per il momento, quindi, accanto allo sviluppo tecnologico e commerciale, la guida autonoma deve affrontare una sfida culturale. Che non riguarda solo i potenziali clienti più anziani ma anche quelli più giovani. Secondo l'American Automobile Association, infatti, negli ultimi cinque mesi il peggioramento più marcato si è osservato tra i millennial: i timorosi sono passati dal 49 al 64%. Il sondaggio conferma i risultati di altre ricerche compiute nei giorni scorsi. Secondo il sito CarGurus, l'84% dei proprietari statunitensi di auto non ha intenzione di acquistare una vettura a guida autonoma nei prossimi cinque anni. E il 79% non è entusiasta della nuova tecnologia.

Le prospettive di sviluppo

A giudicare dall'impegno delle società impegnate nel settore, però, questi sondaggi non preoccupano più di tanto. La tecnologia non è ancora matura, ma produttori e sviluppatori puntano su un'accelerazione repentina. E alcune ricerche sembrano dare loro ragione. Uno studio di Juniper sostiene che nel 2026 circoleranno nel mondo 20,7 milioni di veicoli totalmente autonomi. Dietro questo numero ci sono auto private, taxi, navette. L'orizzonte non è quindi immediato, ma è comunque vicino. E cambierà rapidamente sotto la spinta di diversi attori: case automobilistiche, fornitori di tecnologia e produttori di nuova generazione.

Gli ostacoli da superare

Le incognite sono tante. E solo in piccola parte sono tecnologiche. I temi tecnici si incrociano infatti con quelli normativi ed etici. Servono nuove regole e, a oggi, nessun Paese si è dotato di leggi dettagliate ad hoc. Riguardano il codice della strada ma anche le eventuali responsabilità in caso di incidente: se a guidare non è l'uomo, di chi è la colpa? Del proprietario? Del produttore? Degli sviluppatori del software? Legato a doppio nodo con queste domande è il settore assicurativo, che sarà rivoluzionato dalla guida autonoma. Preoccupa poi la questione cybersicurezza. Se a guidare è un software, si moltiplica la cosiddetta “superficie di attacco”. Cioè l'insieme di dispositivi esposti a compromissioni esterne. E visto che si tratta di automobili, le conseguenze di una possibile offensiva informatica sarebbero particolarmente severe.

Le native digitali

Waymo, la controllata di Alphabet, non produce proprie auto. Per il momento stringe accordi con le case tradizionali (da Fca a Jaguar) e integra la propria tecnologia. A oggi è una delle società con il maggior numero di miglia percorse, a fronte di un numero molto ridotto di incidenti. Tra le “native digitali” c'è anche Apple. Si parla da tempo del “progetto Titan”, con il quale la Mela dovrebbe portare su strada veicoli elettrici autonomi. Le ultime indicazioni indicano un ridimensionamento. Anche se non mancano indizi in direzione contraria: Cupertino ha appena siglato una partnership con Volkswagen per lo sviluppo di van autonomi utilizzabili dai propri dipendenti. Sugli accordi puntano anche Uber (con Volvo quello più consistente) e Lyft, perché non sono interessate a una vendita diretta di vetture ma a una flotta di taxi autonomi. Samsung sta acquisendo società focalizzate sul settore automobilistico come Harmann.

L'avanzata cinese

Una spinta al settore arriva anche dai capitali cinesi. Il nome più noto in occidente è quello di Alibaba. Il suo alleato è un'altra società digitale, Baidu: hanno stanziato un fondo da 1,3 miliardi di euro per sviluppare l’auto a guida autonoma con Apollo, il software open source che vede fra i partner anche Daimler e Hyundai. Dall'altra parte c'è Tencent, che sta lavorando a progetti di guida autonoma con FAW China (società partecipato dallo Stato che conferma l'impegno pubblico di Pechino). Senza dimenticare Didi: la Uber cinese sostenuta dai miliardi di SoftBank ha appena ottenuto il permesso di testare i propri veicoli autonomi anche in California. Un piccolo segnale del mercato che verrà, senza rigidi steccati tra oriente e occidente.

Le case automobilistiche tradizionali

Se dalle native digitali si passa alla auto tradizionali, lo scenario non cambi: tutte corrono verso la guida autonoma. General Motors sta espandendo i propri test in diverse città e punta a portare su strada un modello senza controlli manuali entro il 2019. Nel 2018 anche Ford ha stretto un  accordo con Lyft e investito un miliardo di dollari in Argo AI, società specializzata in intelligenza artificiale “a bordo”. Nissan dovrebbe portare i suoi primi taxi autonomi in Giappone nel 2020Toyota ha avviato un fondo di venture capital con una dotazione di 100 milioni di dollari. Bmw, che un fondo d'investimento ce l'aveva già, lo ha reso più ricco: la sua disponibilità è passata da 100 a 500 milioni di dollari. Mercedes ha dato un assaggio della sua linea di prototipi EQ. E poi c'è Tesla, che monta già tecnologia per la guida assistita.

In arrivo anche le navi autonome

Dopo le auto autonome e i taxi volanti, c'è spazio anche per barche senza pilota. Progettate da ricercatori del Massachusetts Institute of Technology (Mit), possono essere facilmente stampate in 3D e saranno presentate alla Conferenza Internazionale sulla Robotica e l'Automazione che si tiene a Brisbane, Australia, dal 21 al 25 maggio. Potranno trasportare persone e merci in città ricche di canali, come Venezia, alleggerendo il traffico sulle strade. Le barche autonome hanno scafi rettangolari di 4x2 metri equipaggiati con sensori, microcontrolli, minicomputer, Gps e altri equipaggiamenti che permettono un'elevata manovrabilità e un controllo molto preciso.

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