Lettera delle calciatrici alla Fifa: "Stop ai rapporti con l'Arabia Saudita"

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Più di 100 calciatrici professioniste di 24 Paesi hanno inviato una lettera a Gianni Infantino, presidente Fifa, protestando contro l’accordo di sponsorizzazione con la compagnia petrolifera saudita Aramco. La protesta, secondo le firmatarie, sarebbe indirizzata a "un regime autocratico che viola in maniera sistematica i diritti delle donne e criminalizza la comunità Lgtbqi+"

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Il calcio femminile in rivolta contro l’Arabia Saudita. A pochi giorni dalla conclusione del Six Kings Slam, l’evento che ha portato sei star del tennis mondiale – tra cui il vincitore Jannik Sinner – a contendersi sei milioni di euro in un torneo d’esibizione, 106 giocatrici professioniste hanno inviato una lettera di protesta alla Fifa.

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Calcio femminile contro l'Aramco

La missiva è stata recapitata a Gianni Infantino, presidente della federazione internazionale calcistica, da parte delle firmatarie di 24 Paesi diversi. L’indiscrezione è stata lanciata dal quotidiano spagnolo El Pais, che spiega come l’intenzione sia chiedere di rompere gli accordi con la compagnia petrolifera saudita Aramco, diventato uno dei soci mondiali principali della Fifa dopo un accordo firmato ad aprile e valido fino a fine 2027. Nel contratto di sponsorizzazione rientrano anche Adidas, Qatar Airways, Hyundai e Coca-Cola.

 

La lettera: "Un regime autocratico che viola i diritti delle donne"

"È un regime autocratico che viola in maniera sistematica i diritti delle donne e criminalizza la comunità Lgtbqi+", avrebbero scritto nella lettera le calciatrici. Tra di loro, c’è anche l’attaccante spagnola Maitane Lopez e la capitana della nazionale canadese, Jessie Fleming. "Le autorità saudite hanno speso migliaia di milioni in patrocini sportivi per tentare di sviare l'attenzione dalla brutale reputazione del regime in materia di diritti umani, ma il trattamento delle donne parla da solo".

 

Oltre alle questioni sulla parità di genere e diritti umani, secondo le firmatarie l’Aramco avrebbe anche “una responsabilità evidente nella crisi climatica”. Un motivo per cui “non ha diritto di sponsorizzare il nostro bello sport", concludono le calciatrici.

 

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