Al termine di una lettera diffusa via social dopo l'eliminazione dai Mondiali, l'ormai ex selezionatrice dice: "Lascio la Nazionale dopo tanti anni e sento di ringraziare la Figc e Renzo Ulivieri per la grande opportunità che mi hanno concesso"
"Lascio la Nazionale dopo tanti anni e sento di ringraziare la Figc e Renzo Ulivieri per la grande opportunità che mi hanno concesso". Le parole sono di Milena Bertolini, la ct della Nazionale femminile, al termine di una lettera diffusa via social dopo l'eliminazione dai Mondiali. "Troppo ingenua e scontata - scrive tra l'altro - è la ricerca di un capro espiatorio... Non sento nessun risentimento e non ho nessun motivo che mi spinga a sentirmi o cercare un colpevole, ma piuttosto di ringraziare per gli anni bellissimi e molto intensi, che porterò sempre con me. Auguro alla Nazionale e a tutto il calcio femminile di crescere".
La lettera di Bertolini
"L'uscita dal Mondiale e la sconfitta sportiva che abbiamo vissuto mi hanno portato a riflessioni che ritengo importante condividere con tutte e tutti voi - ai apre la lettera di Bertolini -, proprio partendo da quella posizione di ripiegamento su se stessi che cerca di fare luce nelle ombre che rischiano di insinuarsi dentro di noi, imbruttendo la bellezza dell'esperienza vissuta". "Mi sono data il giusto tempo - continua - per osservare e ascoltare, non tanto i movimenti esterni e le critiche sommarie che vengono fatte in queste "sventurate" circostanze calcistiche, ma la complessità che sempre accompagna ogni criticità in una squadra. Il calcio - sottolinea - è una straordinaria metafora di vita, perché se visto a doppio senso di marcia sa creare ponti. Ponte anche nel passaggio tra vecchie e nuove generazioni, sul quale lasciare preziose eredità, con la consapevolezza e l'umiltà di saper lasciare il proprio posto, che non ci appartiene mai completamente, ma che ci vede passeggeri protagonisti solo se ci consideriamo di passaggio e non su troni acquisiti per un sempre". "Troppo ingenua e scontata - afferma poi - la ricerca di un capro espiatorio: non scordiamoci che quando si punta il dito verso qualcuno, le altre tre dita della nostra mano guardano verso di noi. Il rischio altrimenti è di giocare la partita contro noi stessi e non con noi stessi e con delle avversarie. Pertanto non sento nessun risentimento e non ho nessun motivo che mi spinga a sentirmi o cercare un colpevole. Ripenso alla mia storia sportiva lunga più di quarant'anni, densa di esperienze a più livelli, ricca di vissuti, di legami, di condivisioni e di competenze maturate non solo all'interno della scuola di Coverciano, ma all'interno soprattutto di tantissime relazioni. Quell'ancoraggio necessario, quando fuori imperversa la tempesta e tu hai bisogno di afferrarti saldamente".