Kobe Bryant, storia del gigante del basket che ha fatto sognare dall'Italia agli Usa

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Cecilia Mussi

Aveva 41 anni ed è morto a causa dello schianto del suo elicottero, sui cui viaggiava anche una delle figlie, Gianna Maria, 13 anni. Bryant è stato uno dei simboli del basket Nba. Dall'infanzia in Italia all'Oscar vinto dopo il ritiro, ecco la storia del "Black Mamba"

“Mamba out”. Sono state le ultime parole da giocatore di Kobe Bryant, morto domenica 26 gennaio in un incidente aereo insieme ad altre otto persone, tra cui anche una delle quattro figlie, Gianna Maria, 13 anni (FOTO STORY - VIDEO E FOTO DELL'INCIDENTE). A poche ore di distanza dalla notizia della sua scomparsa, le bacheche social di tutto il mondo sono state sommerse da messaggi di cordoglio provenienti da sportivi, politici e semplici tifosi (L'ADDIO DEI FAN LAKERS), che hanno usato questa frase come un triste ritornello per ricordare uno dei giocatori di basket più famoso ed amato della storia dell’Nba e della pallacanestro mondiale. Anche il campionato americano si è fermato per rendergli omaggio, tra minuti di silenzio e la commozione dei suoi ex compagni di squadra (LEBRON JAMES PIANGE PER LA MORTE DI KOBE).

Dall'Italia agli Usa

Kobe era nato a Filadelfia il 23 agosto 1978. Figlio d’arte (suo padre è l'ex cestista Joe Bryant), ha trascorso diversi anni in Italia, seguendo la carriera di “Jellybean” Byant sui parquet di Pistoia, Rieti, Reggio Calabria e Reggio Emilia. Parlava benissimo in italiano, come testimoniano le diverse interviste rilasciate negli anni a tv e radio del nostro Paese, dove tornava spesso per trascorrere le vacanze. Il suo legame con l’Italia era così forte da aver spinto le figlie (tutte con nomi legati all'Italia: Gianna Maria, Bianka Bella, Natalia Diamante e Capri Kobe) a studiare l’italiano. A soli 18 anni fa il suo l’esordio nel massimo campionato professionistico americano, dove viene scelto dai Charlotte Hornets per poi essere ceduto ai Los Angeles Lakers, che diventeranno la sua “casa” cestistica per i successivi vent’anni.

I Lakers

Con la maglia numero 8 (diventata poi 24, entrambe ritirate dalla società dopo il suo ritiro) Kobe Bryant ha vinto tutto: cinque “anelli”, cioè il campionato Nba, due titoli di Mvp (miglior giocatore) delle finali del 2009 e 2010, due titoli di capocannoniere della stagione regolare. Dal 2007 al 2012 ha giocato anche nella nazionale Usa, con cui ha vinto due medaglie d’oro alle olimpiadi di Pechino 2008 e Londra 2012.

Il soprannome Black Mamba

Kobe era conosciuto come “the Black Mamba”: il nomignolo era nato proprio da Kobe dopo aver visto “kill Bill2”, dove si parlava del velenossissimo serpente nero che, secondo il giocatore, ricordava il suo modo di muoversi sul campo da basket.

Il ritiro

Nell’aprile 2016, dopo le ultime stagioni segnate da diversi infortuni, Bryant lascia il basket professionistico con un’ultima partita in cui segna 60 punti contro gli Utah Jazz. Qualche mese prima era apparsa sul sito "The Players Tribune” la sua lettera di addio allo sport, intitolata “Dear Basketball”. Un testo che diventa un cortometraggio, con cui nel 2018 Bryant diventa il primo cestista Nba a vincere anche un Oscar. Tra i passaggi più celebri, la frase finale, che - oggi - suona quasi come una sorta di testamento: "Ci siamo dati l’un l’altro tutto. Ed entrambi sappiamo che, qualsiasi cosa farò, sarò sempre quel bambino con i calzettoni, il cestino della spazzatura nell’angolo e 5 secondi ancora sul cronometro, palla in mano. 5… 4… 3… 2… 1". 

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