MasterChef 8, nove cose da sapere sul semifinalista Alessandro

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Barbara Ferrara

Il trentatreenne lodigiano impiegato nell’azienda di proprietà del suocero è il primo dei quattro finalisti a uscire di scena durante la finale di MasterChef Italia. Leggi l'intervista

Soprannominato “il killer del Pressure Test” Alessandro Bigatti è arrivato in finale a seguito di un percorso ad ostacoli. Ha guadagnato il suo posto tra i quattro finalisti di MasterChef 8 a suon di Pressure, riuscendo a evitare l’eliminazione anche quando sembrava cosa fatta. Puntata dopo puntata ha dimostrato di avere stoffa e il grembiule di MasterChef lo ha indossato ben stretto fino all’ultimo, fino a quando in finale con Gloria, Gilberto e Valeria, è uscito lasciando il podio ai compagni rivali. Lo abbiamo incontrato in occasione della conferenza milanese negli studi di Sky Italia, continua a leggere e scopri cosa ci ha raccontato di questa sua straordinari avventura.

Chi immaginava sul podio del vincitore?
Sinceramente Valeria. Per le sue capacità, l’avevo scelta accanto a me nella prova con i giudici che è quella più difficile, l’ho sempre vista come la vincitrice ideale non solo per la bravura, ma per la passione per la cucina e per quello che riesce a trasmettere.
Cosa è stato più difficile per lei davanti alle telecamere?
L’impatto iniziale è duro come andare a sbattere contro un muro, poi in realtà non è così difficile. Ci sono un sacco di persone attorno a te e ti senti un po’ invaso nel tuo mondo, ho cercato di non pensare, di essere me stesso e di lasciarmi andare. Ci sono riuscito, anche se il palcoscenico di MasterChef è tosto.
Ci si ritrova nell’immagine del buono che ha trasmesso?
Sono contento di essere riuscito a mostrare il lato migliore di me, quello che non faccio mai vedere a nessuno. Non sono così buono come sembra, soprattutto quando ero più giovane bastava una mezza parola storta a infiammarmi. Comunque sono abituato alla pressione.
Di pressione a MasterChef ce n’è da vendere.
Sì, però è diverso perché stavo facendo qualcosa per me, qualcosa che mi piace davvero, ero felice e sereno, tutti gli altri si agitavano e io cercavo di tranquillizzarli dicendogli che non c’era niente per cui agitarsi.
Dove trova tanto autocontrollo?
Agitarsi porta negatività a te e a chi ti circonda, e con il lavoro che faccio i problemi da gestire ci sono in ogni momento, da questo punto di vista sono abituato allo stress e lo tengo sotto controllo.
Cosa ha imparato da questa esperienza?
La cosa importante è che ho trovato tutte le risposte che cercavo, ho avuto la spinta che volevo. Nella mia vita bene o male ho sempre tenuto un profilo basso, non mi sono mai esposto, a scuola come a casa ho sempre pensato “poca spesa tanta resa”.
A MasterChef questo motto non vale.
Infatti all’inizio anche Cannavacciuolo mi ha spronato ad avere mire più alte come gli altri. Mi sono dato una mossa diciamo e ho voluto partecipare a MasterChef unicamente per me, non l’ho fatto per il bisogno di cambiare vita come altri.
Il momento più bello?
Sono stati due, la vittoria con chef Pierre White che non mi aspettavo minimamente, sono entrato in feeling con lui in una maniere incredibile, è stato il top. Da quel momento c’è stata una nuova consapevolezza, mia e degli altri: ho dimostrato di non essere lì per scaldare il banco. L’altro indimenticabile è stato la vittoria nell’unica esterna che ho vinto con Valeria.
Il giudice a cui si è sentito più legato?
Quello da cui mi sono sentito più capito è stato Joe Bastianich, pe rme è un fenomeno, l’ho sempre seguito. E’ quello che mi somiglia di più, è il mio modello, ha tante competenze culinarie e le usa per fare business nella ristorazione come vorrei fare io.

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