The Last of Us, un sesto episodio dal sapore western. La recensione

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Gabriele Lippi

Gabriele Lippi

Tra gli spazi sterminati e panorami mozzafiato prosegue il viaggio di Joel ed Ellie alla ricerca di Tommy e verso un evento destinato a cambiare gli equilibri della serie. La nuova puntata in versione originale coi sottotitoli della serie tv HBO è andata in onda il 20 febbraio alle 3 del mattino in esclusiva su Sky e in streaming solo su NOW in contemporanea con gli Stati Uniti. Già disponibile on demand. Lunedì 27 l'episodio doppiato in italiano

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Spazi sterminati, panorami mozzafiato, conversazioni notturne davanti al fuoco. E un silenzio impenetrabile e assordante che viene spezzato solamente dal sarcasmo di una Ellie sempre più irriverente e brillante. Il sesto episodio di The Last of Us (andato in onda alle 3 del mattino di lunedì 20 febbraio in esclusiva su Sky e in streaming solo su NOW, in contemporanea con gli Stati Uniti, e già disponibile on demand) è praticamente un western per atmosfere e ritmo, Il Grinta con gli zombi (anche se in tutto l’episodio non se ne vede nemmeno uno), e segna una svolta fondamentale nello sviluppo della trama.

Né buoni né cattivi

Ellie e Joel sono ormai arrivati in Wyoming alla ricerca di Tommy, pur di trovarlo sono disposti a qualunque cosa, persino a prendere in ostaggio e minacciare una coppia di anziani innocui e innocenti auto-esiliatasi da decenni in una baita di legno in mezzo al nulla. È il modo che Mazin e Druckmann trovano per mostrarci come in The Last of Us non ci siano buoni e cattivi ma solo persone che cercano di sopravvivere e persone che non ce l’hanno fatta. E lo stesso accade a Jackson, nella comunità di cui Tommy è diventato uno dei leader.

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UNA STORIA DI LEGAMI

Restano i legami però. Quelli di sangue e quelli elettivi, quelli cercati e quelli che invece sembrano cercarti, quelli recisi e quelli che non si possono recidere. Joel e Tommy, che si ritrovano nonostante tutto per allontanarsi di nuovo nelle tensioni tipiche di due fratelli. Tommy e Maria, che si sono incontrati per caso ma che scientemente hanno scelto di stare insieme e formare una famiglia. Joel ed Ellie, che ormai non possono più fare a meno uno dell’altra.

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LE FRAGILITÀ DI JOEL

Per la prima volta, The Last of Us ci mostra un Joel fragile, pieno di angosce, paure, sensi di colpa. Insicuro di sé stesso, sopraffatto da un passato che scava dentro una ferita mai rimarginata, in un dolore impossibile da sopire. C’è una netta differenza tra il Joel interpretato da Pedro Pascal e quello immaginato da Neil Druckmann per il videogame Naughty Dog del 2013: mentre il secondo sembra volersi disfare di Ellie come se si trattasse di un pacco da scaricare il prima possibile (salvo poi accorgersi all’improvviso di essersi realmente affezionato alla ragazza), il primo non si nasconde e ammette di essere pronto a lasciarla andare col fratello perché si ritiene inadeguato. Sono lo stesso Joel, con gli stessi sentimenti, ma uno li dissimula, l’altro no. E alla fine entrambi non possono far altro che prendere atto della verità: non bastano vent’anni per dimenticare una figlia perduta, ma qualche mese può esserne sufficiente per trovarne un’altra.

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L'ADATTAMENTO DAL VIDEOGAME

Il lavoro di adattamento di Druckmann e Mazin è ancora una volta superlativo. Il segmento del gioco viene asciugato e privato di una lunga sparatoria, sintetizzato e compresso in un episodio di 56 minuti senza che perda un grammo della sua potenza espressiva, mentre rimandi al primo videogame e al suo sequel vengono distribuiti sapientemente nel corso della puntata in un gioco che gli autori continuano a giocare con i fan della prima ora senza per questo appesantire l’esperienza visiva dei neofiti.

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UN IDILLIO TEMPORANEO

Jasmila Zbanic (due nomination ai Bafta nel 2021 per Quo Vadis, Aida?) dirige l’episodio girato ad Alberta, in Canada, con grande equilibrio, affidando i momenti cardine ai confronti a due tra Joel e Tommy e Joel ed Ellie. Inquadrature, scenografie e fotografia dipingono nella prima parte dell’episodio una parentesi idilliaca, una sosta nella guerra che i due protagonisti sono costretti a portare avanti nel tentativo di salvare l’intera umanità. E un’alternativa possibile a un’esistenza fatta di pellegrinaggi, fughe e lotte, al caldo di un focolare, sotto un albero di Natale, davanti a un piatto di bacon croccante.

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UN PUNTO DI SVOLTA PER ELLIE

Poi, però, il viaggio ricomincia, nella desolazione di un Paese lacerato, in un enorme campus universitario abbandonato, privato della sua stessa essenza e abitato esclusivamente da babbuini fuggiti dalle gabbie in cui erano tenuti come cavie. È qui che, in un finale improvvisamente pieno di azione, accade ciò che porterà Ellie a un prematuro passaggio all’età adulta, con l’inversione dei ruoli fino a qui strutturati, mettendole sulle spalle tutto il carico di una responsabilità che non può rifiutare.

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