Call My Agent Italia, la recensione degli episodi 3 e 4 con Favino e Matilda De Angelis
Da oggi arrivano su Sky Serie e Sky Cinema Uno le puntate 3 e 4 della nuova serie Sky Original prodotta da Sky Studios e Palomar, remake del cult francese Dix pour cent. Diretta da Luca Ribuoli e scritta da Lisa Nur Sultan, vede protagonisti Michele Di Mauro, Sara Drago, Maurizio Lastrico, Marzia Ubaldi, Sara Lazzaro, Francesco Russo, Paola Buratto, Kaze. In questi episodi le guest-star sono Pierfrancesco Favino, Anna Ferzetti, Matilda De Angelis
Per cercar di ragionare sul senso profondo di Call My Agent – Italia, di cui il 27 gennaio vengono rilasciati gli episodi numero 3 e 4, decidiamo di partire dalle parole di Antonella D'Errico, il vice-presidente esecutivo, o se si preferisce l’EVP, della programmazione di Sky Italia: “Siamo probabilmente all’apice dell’età̀ dell’oro delle produzioni originali per la tv, dopo un periodo di crescita costante culminato nelle quasi 850 serie scripted prodotte solo negli Stati Uniti nel 2022, un numero triplicato rispetto a solo 10 anni fa; così come sono aumentate le piattaforme distributive che si sono aggiunte ai metodi di visione lineare tradizionali. I consumatori finali, i cui palati si sono fatti via via più fini e ricercati, selezionano i contenuti con maggiore attenzione e tutta l’industry […] è chiamata a un ragionamento strategico per identificare ciò che davvero riesca a perforare questo grande rumore di fondo e attrarre l’audience.”
Ecco, bisogna partire da queste pertinenti considerazioni per capire che cosa sia davvero uno show come CMA, cosa rappresenti all’interno del fenomeno di crescita esponenziale della serialità tv italiana, e come sarà ricordato un giorno quando gli storici dei mezzi di comunicazione di massa e i critici di settore vorranno analizzarlo. Allora si dovrà riconoscere che dietro questa operazione commerciale c’è stato un pensiero, che nasce sì da una strategia aziendale consolidata nel corso del tempo, la quale si accorda tuttavia con una precisa politica culturale.
Eh sì, se le parole esistono bisogna pure avere il coraggio di usarle; perché vedendo queste altre puntate della serie-tv brandizzata “Sky Original”, ci si rende immediatamente conto che non si tratta soltanto di una scusa per sbirciare dietro le quinte dello showbusiness di casa nostra, ciò che pure vien fatto con garbo e intelligenza; ma è anche e soprattutto il pretesto e il mezzo per rappresentare dei temi di stringente, flagrante, attualità sociale, affrontati con audace e perspicace lucidità.
Una politica editoriale che posa le fondamenta sulla rodatissima sinergia tra Sky Studios e la Palomar di Carlo Degli Esposti e Nicola Serra, e sulla scelta di affidare la traduzione del copione del modello originale, la serie francese Dix pour cent, alla sceneggiatrice del momento, Lisa Nur Sultan: “Quel che ho cercato di fare – ha dichiarato l’autrice degli script di Sulla mia pelle, 7 donne e un mistero e Beata te - è usare il formidabile dispositivo creato da Fanny Herrero per parlare di noi, e del nostro presente. Cercando – ogni tanto – di dire qualcosa, possibilmente facendo ridere.”
Trova perciò qui spazio una satira puntualissima delle ipocrisie delle quote rosa, nere e LGBTQ+ oppure della mania trendissima del veganismo eletto a categoria etico-ideologica, come una neo-religione. Appunti da block-notes non banali sulle relazioni nate sui siti di incontri sentimentali, anche omosessuali, e sugli attori “afro-discendenti” usati come categoria di marketing; sulle aste digitali e sugli NFT, ovvero le certificazioni di identità digitali. Storie mai raccontate prima, quanto meno con questa perspicua onestà intellettuale.
Il quarto episodio, per esempio, interpretato da Matilda De Angelis, costituisce un pretesto per affrontare uno dei temi più attuali della contemporaneità: la suscettibilità dell’opinione pubblica circa infrazioni delle sacre regole imposte dal “politically correct”. In questo caso una battuta infelice che la giovane attrice emiliana diffonde via social sul film di Alan Pakula La scelta di Sophie che, come ogni cinefilo ricorderà, parla di Olocausto; abbinato improvvidamente a una opzione di gola.
Battuta di spirito per cui viene stigmatizzata dalla rete, quindi bullizzata, emarginata, ostracizzata e via discorrendo; come usa oggi “in the age of social media”, quando è sufficiente un minuscolo scivolone per essere esposti al pubblico ludibrio e rischiare di compromettere una carriera. Soprattutto se si inciampa su uno dei temi tabù su cui non è ammesso il benché minimo umorismo, come quelli legati ad esempio alle violazioni dei dogmi di “inclusion” su razza e genere. Basta pochissimo per scatenare formidabili “shit-storming” alimentati per lo più da gente sola, frustrata e malata, come esclama furibonda la stessa Matilda: “Siamo arrivati al punto che abbiamo paura di ridere!” Nascono allora campagne di diffamazione mezzo stampa, forsennate come delle fatwa talebane, che giungono a un passo dal linciaggio morale; da cui ci si salva coprendosi il capo di cenere fino a mortificarsi in pubbliche abiure oppure con un colpo di genio come quello escogitato dagli autori che per ovvi motivi non sveleremo.
approfondimento
Call My Agent - Italia, Favino è il Che nel terzo episodio. VIDEO
Il terzo episodio è invece dedicato a Picchio Favino e a sua moglie Anna Ferzetti, intitolato per l’appunto “Pierfrancesco e Anna”, e ambientato alla vigilia dei David di Donatello. Il Picchio nazionale è desaparecido, su di lui circolano strani rumors: si vocifera che stia male. Deve preparare una serie sull’alta finanza intitolata Draghi (chiaro omaggio a Diavoli con Borghi e Dempsey) in cui interpreta proprio l’ex primo ministro Mario Draghi, ma di lui si sono perse le tracce.
Si scopre presto che il virtuoso attore romano, che è noto per applicare il celebre “Metodo Stanislavskij” con mimetico manierismo (come si vede in capolavori di recitazione come Il Traditore e Hammamet) è rimasto intrappolato nel personaggio: portata al parossismo, la sua virtù si tramuta in vizio. Dovendo interpretare Che Guevara, per immedesimarsi nella parte Favino è giunto al punto di vietare all’intera famiglia di bere la coca cola e giocare con le Barbie, simboli dell’imperialismo a stelle e strisce! Perché qui Favino è il Che, con la stessa assoluta veridicità con cui è stato Bettino Craxi e Tommaso Buscetta, e non riesce letteralmente più a uscire dal personaggio, con effetti comici a dir poco esilaranti.
Momenti cult: una telefonata col compagno Gianni Minà a parlare di Cassius Clay e Orietta Berti; e questa battuta definitiva: “Non è così facile entrare e uscire dalle vite degli altri, ogni tanto ne incontri qualcuna in cui ti piacerebbe restare”.
Però - a dire ancora della stratificata complessità testuale di un lavoro come questo, che già si candida a diventare serie di culto per i rimandi molteplici che evoca – si deve aggiungere che anche nei personaggi minori si annidano delle chicche imperdibili.
Viene ad esempio qui sviluppato il personaggio di Sofia, scelta per un provino per una nuova serie americana, genere high-school musical sulla Divina Commedia, in cui la Beatrice dantesca deve essere una cosiddetta “nuova italiana”. La interpreta Kaze nata Paola Gioia Kaze Formisano, da madre africana del Burundi e padre italiano, che è prevalentemente una cantante, ma – lo vedrete – si disimpegna da attrice con straordinaria naturalezza. Il suo sub-plot si intreccia con quello del personaggio interpretato da Maurizio Lastrico che è di una bravura commovente.
Detto che anche la città di Roma è non solo location ma ingrediente fondamentale dell’impasto drammaturgico, si vuol chiudere dedicando due righe alla meravigliosa colonna sonora composta da Fabio Amurri, che dice di essersi ispirato alle sonorità che hanno caratterizzato i momenti d’oro della musica e del cinema italiano, ovvero gli score di maestri come Piero Umiliani, Carlo Rustichelli e Nino Rota. Echi rivisitati con sapiente empatia, che donano alla serie un ulteriore, irresistibile, livello di charme.