Beata te, la recensione del film con Serena Rossi disponibile su Sky Cinema e NOW

Cinema sky cinema

Alessio Accardo

È disponibile in esclusiva su Sky Cinema e in streaming su NOW,  la nuova commedia Sky Original prodotta per Sky da Cinemaundici e Vision Distribution che affronta, con toni leggeri ma non banali, il delicato tema della maternità e della libera scelta

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Quando suona l’orologio biologico ogni donna se lo deve domandare: ma un figlio mio lo voglio veramente? Quali sono i pro e i contro, quante gioie ti regalano e quali rinunce ti impongono? 

 

In un periodo storico in cui la curva di natalità è in flessione epocale, l’interrogativo non è affatto peregrino. A porselo è Beata te, nuovo Sky Original declinato al femminile: è una donna Luisa Merloni, autrice del testo teatrale, "Farsi Fuori", da cui è tratto il copione. Sono donne le due sceneggiatrici: Lisa Nur Sultan, che ha anche scritto Sulla mia pelle, La serie-tv Circeo e 7 donne e un mistero; e Carlotta Corradi, autrice e regista teatrale specializzata in tematiche femminili di ambito borghese. È una donna la produttrice, Olivia Musini che con la sua Cinemaundici ha iniziato producendo il cinema di Ermanno Olmi e dei fratelli Taviani. È donna Paola Randi, una regista che ama frequentare territori artistici pochissimo battuti in Italia, come la fantascienza di Tito e gli alieni o il fantasy de La Befana vien di notte 2. Ed è donna la protagonista, Serena Rossi, che dopo le convincenti prove dei neo-musicarelli dei Manetti Bros. Ammore e malavita e Song ‘e Napule, meritava un palcoscenico tutto per sé. 

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              Serena Rossi nel film Beata te
Serena Rossi in una scena di Beata te

Si dice palcoscenico non a caso perché il film è per fortuna assai debitore della pièce da cui è ricavato: la Rossi è Marta una regista teatrale che sta per debuttare con la sua versione dell’Amleto; e il teatro nel film c’è e si vede, ci sono i provini e gli applausi a scena aperta, i riti scaramantici e le lusinghe delle serie-tv. E poi si dice palcoscenico perché è da quello di un locale romano che si dipana la vicenda: dopo aver eseguito al karaoke Don’t Stop Me Now dei Queen, Serena\Marta tiene un discorso solenne ma semiserio sul passaggio potenzialmente critico agli “anta”. Sta per compiere 40 anni, momento in cui – così perlomeno declama trionfalmente - le donne cominciano a raccogliere ciò che hanno seminato sinora.

Già le donne, perché oltre a essere un film tutto al femminile, Beata te è anche un film femminista. Lo è per il tema che affronta e che l’autrice della commedia teatrale riassume così: “In una società che vede forse per la prima volta una generazione di donne ritardare sempre più la scelta di diventare madri, la maternità, come scelta, come dovere, torna a essere tema discusso e controverso nonché un nodo nevralgico dove si scontrano spesso visioni differenti sulla vita, la religione, la spiritualità”. Un femminismo, che non viene però affrontato in modo militante ma coi toni allegri della commedia di costume.

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                                           Serena Rossi nel film Beata te
Serena Rossi e Fabio Balsamo insieme in Beata te

Proprio in quel giorno fatidico, Marta riceve la visita dall’arcangelo Gabriele, che ha le fattezze di Fabio Balsamo, il quale, provenendo dal gruppo comico The Jackal, aveva già duettato con la Rossi sul set di 7 ore per farti innamorare di Giampaolo Morelli. La prima sorpresa però è che i due - napoletani doc- qui non si affidano come fatto finora alla musicalità galeotta del proprio dialetto, ma optano per ragioni di copione l’una per un romanesco convincente, l’altro per un buffo italiano-spagnoleggiante (perché obbligato a parlare come il Papa corrente).

Ebbene, come si sarà capito, l’arcangelo è in momentaneo soggiorno terrestre per fare l’annunciazione, sì proprio quella che ricevette nella notte dei tempi la Vergine Maria (e che – visto che parliamo di comici napoletani - è stata immortalata in chiave comica dalla Smorfia di Massimo Troisi, Lello Arena ed Enzo Decaro). Qui però, pur stando dentro il perimetro della commedia, c’è poco da ridere: si affronta in chiave allegorica un tema serio, quello della maternità. Ovvero, per una donna di mezza età, “single ma non sola”, socialmente attiva, culturalmente evoluta, e professionalmente affermata che cosa vuol dire decidere di mettere al mondo un figlio?

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Serena Rossi nel film Beata te
Un'altra scena con Serena Rossi in Beata te

Inizia così il casting dei potenziali papà, in una sequenza ben congegnata e spassosissima in cui spiccano l’ex fidanzato fuggito a Bombay, interpretato da Corrado Fortuna e Lorenzo Renzi (era uno dei fratelli Buffoni nella serie Romanzo criminale, e uno dei pazienti della clinica psichiatrica di Tutto chiede salvezza di Francesco Bruni) che si produce qui in un macchiettone romanesco davvero esilarante. Fuori quota, il geniale Herbert Ballerina: un precipitato di comicità pura dalle potenzialità probabilmente ancora parzialmente inespresse, il quale – provare per credere – grazie a una sola battuta si merita qui l’intero cachet e pure una standing ovation!

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Fabio Balsamo nel film Beata te
Fabio Balsamo è l'arcangelo Gabriele in Beata te

Il film affronta pure i dubbi (è il caso di dire amletici) di una donna di mezza età che arriva a chiedersi “Come ho fatto a ridurmi così? Che cos’è che andato storto?”. E mentre lei se lo domanda la regista gioca cogli gli stilemi della “rom-com”, ovvero le commedie romantiche di scuola anglosassone che tra una risata e l’altra raccontano intrighi d’amore, dolci baci e languide carezze. E gli esempi – da Quattro matrimoni e un funerale a Il diario di Bridget Jones, passando per i film della coppia Rock Hudson\Doris Day come Amore ritorna o Il letto racconta - si sprecano.

A legare i saliscendi emotivi della protagonista, la colonna sonora è punteggiata da alcuni classici della canzone leggera come Come prima di Tony Dallara (in versione spagnola) e Nessuno mi può giudicare di Caterina Caselli. Però trattandosi di un film di Paola Randi non mancano nemmeno i siparietti musical con Fabio Balsamo che si esibisce in una versione ironica del celebre Quizás, Quizás, Quizás. Le musiche originali sono del bravo Giordano Corapi.
 

Il titolo del film gioca sul doppio senso della beatitudine angelica e di quella delle donne prive di prole e perciò, in quanto tali, teoricamente libere di fare quello che vogliono. A patto di saperlo.

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