ll Kaiser - Franz Beckenbauer, la recensione del film Sky Original in onda questa sera

Cinema

Alessio Accardo

La giovane promessa e il dirigente FIFA, il campione dei due mondi e il tesserato fedele alla squadra della sua città, il marito fedifrago e il figlio devoto, il burbero polemico e il brillante showman, il simbolo sportivo e l’amministratore discusso. A due giorni dalla fine dei controversi mondiali di calcio del Qatar, arriva il nuovo Sky Original che racconta le luci e le ombre di uno dei calciatori più leggendari di tutti i tempi, Franz Beckenbauer, in arte il Kaiser.

Non si è mai ben capito il motivo per cui due spettacoli appassionanti come il cinema e il calcio abbiano sempre faticato ad andare d’accordo. Esiste, è vero, l’eccezione di Fuga per la vittoria, il solo film dedicato allo sport più popolare del mondo che ha avuto un certo successo, anche se ciò è soprattutto dovuto allo stuolo di campioni e di stelle che componevano il suo cast (Pelè, Bobby Moore e Osvaldo Ardiles per il calcio; Michael Caine, Max Von Sydow e Sylvester Stallone per il cinema); ma quasi tutti gli altri tentativi si sono rivelati piuttosto deludenti.

Ci prova oggi Il Kaiser, Sky Original (in onda in prima tv 16 dicembre) prodotto da Bavaria Fiction per Sky Studios,   che racconta la vita privata e i trionfi sportivi del leggendario campione tedesco, Franz Beckenbauer, innestandosi piuttosto nel filone di certi biopic recenti tipo Zlatan, dedicato al campione svedese Ibrahimovic. E anche qui i rischi sono sempre in agguato: le biografie cinematografiche sono infatti sempre suscettibili di essere declinate in maniera pedissequa e bidimensionale. Il film che vi raccontiamo oggi, invece, a nostro avviso questo pericolo lo scampa, nella misura in cui affronta la parabola esistenziale del campione tedesco raccontando le ombre dell’uomo accanto alle luci dell’atleta, e allargando il campo d’osservazione al tempo storico in cui la sua stella ha brillato. 

Si apre sulle vere immagini del trionfo sportivo più importante di Franz Beckenbauer, II Kaiser: la vittoria dei mondiali di calcio del 1990 in Italia, sotto un mare di bandiere tedesche che sventolano dagli spalti dello Stadio Olimpico di Roma. Eccolo Kaiser Franz - come venne soprannominato, pervia del suo carisma dalla stampa specializzata - camminare sul parto verde indossando la sua mitica giacca color melanzana su pantaloni crema, mentre il suo “voice over” almanacca i due trionfi che fanno di lui uno sportivo da record: è il solo giocatore, assieme al brasiliano Mario Zagallo e al francese Didier Deschamps, ad aver vinto un campionato del mondo sia da calciatore che da allenatore.

Immagini vere dicevamo, perché in un film del genere non possono naturalmente mancare le immagini di repertorio, che vengono però qui mostrate con moderazione: i totali delle partite sono “footage” ma i primi piani mimano la realtà grazie al make-up e all’invecchiamento della pellicola.

Messo in chiaro il palmarès del giocatore più importante della storia del calcio tedesco, il film può cominciare. E come ogni biopic che si rispetti, Il Kaiser lo fa ripartendo da capo, o quasi: da quando la futura leggenda teutonica dava spettacolo, a beneficio delle belle concittadine, palleggiando con un pacchetto di sigarette accartocciato per le vie della sua Monaco di Baviera.

Lavora come impiegato della compagnia di assicurazioni Allianz, il giovane Beckenbauer, e naturalmente non ne è contento. Troppo grigio e barboso quell’impiego, accettato soltanto per accontentare il padre, per un tedesco meridionale come lui, pieno di talento e di joie de vivre. Sì, perché la prima rivelazione che ci offre il film diretto da Tim Trageser consiste nello scoprire che l’austero capitano della nazionale è stato un autentico tombeur de femmes: si sposerà con tre diverse donne dalle quali avrà cinque figli.

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"Il Kaiser - Franz Beckenbauer", dal 16 dicembre su Sky e NOW

Poi c’è il calcio, naturalmente. E l’incredibile teoria di premi stravinti da questo prodigio della natura, a cominciare dalla prima delle quattro Coppe di Germania, vinta nel 1966. E la precoce convocazione in nazionale ad appena 20 anni: il più giovane giocatore della storia, un altro primato. A giocarsi la coppa del mondo a casa di chi il football lo ha inventato, quell’Inghilterra che vinse il suo primo titolo con un celeberrimo non-goal; però il Kaiser divenne già allora un top player universale, come si sarebbe detto in seguito.

Quindi – ma questo si sapeva – il film mette in chiaro che Franz era dotato sin da subito di una sconfinata ambizione, quasi superba: era già convinto di voler diventare il più grande giocatore di tutti i tempi. E, tutto considerato, ci è andato parecchio vicino…

C’è anche – e come poteva essere diversamente? – la “partita del secolo” contro la nazionale italiana di Rivera & co., la mitica Italia-Germania 4-3 (talmente mitica che nel 1990 è diventata anche il titolo di un film con Massimo Ghini e Fabrizio Bentivoglio). Ai mondiali messicani lì dove la leggenda si mutò in icona, grazie alla lussazione della spalla che lo costrinse a giocare stoicamente col braccio fasciato al collo. E le lodi giustamente si sperticarono.

Non mancano neanche i “trivia”, le curiosità, le chicche: quanti sanno ad esempio che subito dopo il secondo posto ai mondiali d’Inghilterra il Kaiser fu a un passo dall’essere tesserato dall’Inter? Ma poi, come si sa, la storia racconta che rimase per sempre fedele alla città della sua squadra, quel Bayern Monaco con cui se legò in un rapporto quasi perenne, prima di andare a svernare negli Stati Uniti, assieme ad altri campioni come Pelè, Chinaglia e Cruijff, nei Cosmos di New York.

E insomma la biografia di Beckenbauer ci viene squadernata tutta sotto gli occhi, con divertito rigore: dai primi contratti faraonici alle incursioni nel canto, dagli spot pubblicitari alla disinvolta vita sentimentale. Come una star, prima che il calcio diventasse un affare da star.

E tuttavia – come si diceva al principio – questa produzione tedesca decide intelligentemente di non limitarsi al racconto della vita del campione. Oltre al repertorio sportivo, la pellicola ospita svariate altre immagini d’archivio sulla storia del costume, che aiutano a periodizzare il passare degli anni. Ecco, dunque, i figli dei fiori del Festival di Woodstock e gli articoli su Mao Tse-tung. Le fotografie con Mick Jagger e con Andy Warhol, nel periodo americano del kaiser; e i readings con Peter Handke, lo scrittore tedesco de La paura del portiere prima del calcio di rigore (che poi diverrà anche un film di Wim Wenders).  Le citazioni di Che Guevara, Grace Kelly e Willy Brandt; e la sua scarsa fascinazione per le idee rivoluzionarie del comunista Paul Breitner, che diverrà in seguito un suo acerrimo nemico

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Dal 16 dicembre il Kasiser Franz Beckenbuer è su Sky

E poi le ombre, dicevamo, ovvero gli aspetti meno edulcorati della vicenda di Beckenbauer: le pretese economiche di cui si fa portavoce, con una qualche arroganza, durante i vittoriosi mondiali del 1974, quando esautorò di fatto l’allenatore Helmut Schöne, che poi quella coppa la vinse, criticando platealmente le sue scelte al cospetto della stampa; e le irrituali parole di fuoco contro i compagni di squadra dopo l’inaudita sconfitta contro la Repubblica democratica tedesca. Non solo, il film racconta anche le vicende legali che hanno tormentato il campione, a partire dall’accusa di evasione fiscale, a causa di un sospetto conto in Svizzera cointestato assieme allo storico manager, Robert Schwan. Oppure, sul lato privato, la spietatezza con cui è solito liquidare le mogli, quando cade nello sguardo galeotto della conquista successiva.

Insomma, ecco, tutt’altro che un santino agiografico.

Infine, per sfuggire alle gabbie drammaturgiche che il biopic impone, Trageser sceglie di ricorrere all’espediente delle “interpellazioni” del protagonista che, di punto in bianco, si rivolge direttamente allo spettatore, guardando in macchina con straniamento da teatro sperimentale; stabilendo così un contatto diretto che, da un lato rompe il racconto altrimenti pedissequo di fatti pubblici e privati, e dall’altro riscalda la temperatura del film.

Tra le tante cose, negli oltre 90’ minuti della sua durata Il Kaiser racconta anche lo storico passaggio dal ruolo di mediano talentuoso a quello di “libero” del suo protagonista, ruolo che il giocatore bavarese incarnò alla perfezione, in modo paradigmatico; anzi lo fa lo spiegare dettagliatamente dalla viva voce del Beckenbauer fictional, il quale teorizza una nuova idea di gioco che superasse l’antiquato concetto del “catenaccio” all’italiana.

Libero ovvero il difensore centrale libero da marcature, libero di avanzare, libero di nome e di fatto. Ma libero anche nel senso di “frei-man”, come si dice nel film: uomo libero, come Il Kaiser, ad onta delle sue ombre, ha provato sempre ad essere.

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