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1994, la serie tv raccontata dal regista Giuseppe Gagliardi

Serie TV

Paolo Nizza

In attesa del prossimo appuntamento con 1994 (previsto per venerdì 11) abbiamo incontrato Giuseppe Gagliardi, regista degli episodi 1, 2, 3  e 5 del capitolo finale della trilogia. Leggi l’intervista

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Sarà pur vero che la matematica non è un’opinione. Tuttavia, se si tratta di 1994, mutando l’ordine dei fattori, il prodotto cambia. Giuseppe Gagliardi, cineasta cosentino (già regista di 1992 e 1993) ha diretto  il primo, il secondo, il terzo e il quinto episodio dell’ultimo capitolo della trilogia, cambiando ogni volta stile. Tamerlano, il mitico condottiero e stratega a capo dell’invincibile orda d’oro sosteneva “che nel movimento è la vittoria” Così Gagliardi ci ha spiazzato già con le prime due puntate di 1994 così diverse, eppure egualmente emozionanti e suggestive. In attesa dei prossimi episodi, ecco cosa ci ha racconta il regista

Rispetto a 1992 e 1993, hai cambiato approccio per dirigere 1994?

Sì, in questa stagione, ogni episodio ha uno stile diverso e un’atmosfera differente. Quindi è stato entusiasmante raccontare ogni protagonista della trilogia con una luce specifica e personalizzata.  L’atteggiamento dei protagonisti della serie non muta rispetto a 1992 e 1993, cambia invece la forma, il modo di descriverli, di rappresentarli. Ho potuto inserire alcuni stilemi del cinema degli anni Novanta. Per esempio, all’inizio del primo episodio di 1994, c’è un piano sequenza di 3 minuti che è un omaggio al cinema di Brian De Palma. È una modalità che consente allo spettatore di calarsi in quel periodo, una sorta di macchina del tempo che permette al pubblico di vivere o rivivere quel periodo insieme al personaggio.

In 1994 si respira un’aria più pop e spesso ci si diverte

È vero, non volevamo riproporre qualcosa di già visto nelle precedenti stagioni.  Quindi, in qualche modo  è come se ogni episodio fosse un vero film da 50 minuti. Ogni puntata è stata ripresa con una tecnica particolare.

Come hai vissuto la presenza degli sceneggiatori sul set?

Si è rivelata molto utile, perché, al netto di quello che si dice sempre alla fine di un film o di una serie tv, 1994 è davvero il frutto di un lavoro corale. La quotidiana interazione tra me, gli sceneggiatori e gli attori ha contribuito ad ampliare la dimensione di ogni personaggio

Per 1994, hai riguardato qualche filmato d’epoca?

Certo.  Addirittura in qualche scena abbiamo usato il vecchio formato betacam e le zoomate. Insomma, sono stati utilizzati spesso e volentieri stilemi di taglio televisivo.  Perché, parimenti alla televisione che in quell’anno modificò le regole della politica e della società la serie riflette questo mutamento attraverso uno specifico stile di ripresa.

In questa trilogia, qual è stata la scena più complessa da girare?

Direi che la più delicata è stata la sequenza iniziale di 1993, in cui tirano le monetine a Bettino Craxi davanti all’hotel Raphael. Non dovevamo e non volevamo avere un approccio populistico. La sfida era narrare l’evento attraverso lo sguardo di un personaggio della serie, mantenendo però tutta la responsabilità di raccontare un momento epocale per il nostro Paese

Al di là del racconto di tre anni che hanno cambiato per sempre l’Italia, credo che la serie vada oltre i confini nazionali e assuma un valore universale

È vero, noi raccontiamo le dinamiche del potere, quindi un argomento che non riguarda solo il nostro Paese. Ed è il motivo per cui la serie ha avuto molto successo anche all’estero

Il tuo ricordo più vivido del 1994?

Avevo 16 anni all’epoca. Ricordo la profonda spaccatura che attraversava il Paese. Silvio Berlusconi aveva diviso l’Italia, una metà lo amava, l’altra no.