I migliori album del 1980, i dischi più importanti che compiono 40 anni. FOTO

Forse è semplicistico parlare di testamento spirituale, ma come altro definire "Uprising"? Avendo deciso per motivi religiosi di non ricorrere all'amputazione per fermare un melanoma, Marley - l'uomo che aveva reso il reggae globale - sapeva di andare incontro alla fine quando scrisse brani come "Could you be loved" o la conclusiva e toccante "Redemption Song"  (Foto: Getty/Tuff Gong)

Avremmo la stessa percezione di Closer se non fosse uscito due mesi dopo la morte di Ian Curtis? Il secondo LP dei Joy Division trasmette, come un pugno nello stomaco, inquietudine, alienazione, dolore. Il tutto in una raffinata confezione, sonora ed estetica (la foto di copertina scattata nel cimitero monumentale di Staglieno a Genova) passata giustamente alla storia (Foto: ras/Wikipedia/Factory)  

I Dire Straits si presentano ai nastri di partenza del decennio senza poter sbagliare la mossa. Dopo l'ottimo debutto, "Communiqué" non ha fruttato il grande salto, che arriva invece con "Making Movies". Uno stile sempre più delineato e hit impeccabili come "Tunnel of love" e "Romeo and Juliet" fanno della chitarra e della voce di Mark Knopfler due icone anni '80 (Foto: Getty/Vertigo)

Proprio quando sembra che il rapporto artistico sempre più stretto fra David Byrne e il poliedrico produttore Brian Eno stia per condannare la band, i Talking Heads partoriscono il loro capolavoro. In "Remain in light" c'è tutto: funky, percussioni, chitarre affilate, un cantato sempre più destrutturato ed echi di culture che in epoca pre-internet apparivano lontanissime (Foto: Getty/Sire Records)

Il punk dell'esordio per i Clash è ormai alle spalle. La varietà mostrata in "London Calling" si espande ulteriormente in "Sandinista!", triplo Lp che contiene di tutto: ska, dub, jazz e rap. Un disco esplicitamente politico, da brani come "Washington Bullets" contro l'imperialismo americano al titolo, pare scelto contro il tentativo thatcheriano di "censurare" la parola in UK (Foto: Getty/Epic)

Gli Eighties saranno anche un periodo prolifico per la musica metal. Aperto nel migliore dei modi dall'opera più celebre dei Motörhead, che non contenti dei due album del 1979, sganciano la loro bomba con "Ace of spades". Una sferzata di energia che proietta il gruppo e gli amanti del genere nel nuovo decennio (Foto: Getty/Bronze)

Il quinto disco di Springsteen è un po' come la provincia che racconta. Ermetica, isolata, colma di disillusione per una quotidianità che pare impossibile da abbandonare. Così, in un periodo musicalmente colmo di stimoli e contaminazioni, "The River" è solo ottimo rock, grazie a una nuova produzione che permette al Boss e alla E Street Band di portare in studio il suono dei live (Foto: Getty/CBS)

Ora sono un gruppo da Hall of fame, con milioni di dischi venduti, ma "Boy" vede la luce appena quattro anni dopo l'incontro di Bono con gli altri U2 a scuola, a Dublino. È un disco che risente sia della giovane età della band che del contesto musicale dell'epoca. Ma si possono già intravedere il lirismo e i suoni che renderanno la band una delle più amate di sempre  (Foto: Getty/Island Records)

Mentre gli Usa scoprono "Boys don't cry", versione rimaneggiata dell'LP di esordio, i Cure danno alle stampe nell'aprile '80 "Seventeen seconds". Più organico del precedente, svela al mondo quelli che diverranno poi marchi di fabbrica della band, come il basso avvolgente e i suoni minimal di batteria, chitarre e tastiere. Cornice perfetta per la dolente voce di Robert Smith (Foto: Getty/Fiction)

Una gemma nascosta. "Jeopardy" è l'esordio dei The Sound, band post-punk inglese. Trascinati dal leader Adrian Borland, partoriscono un LP che non ha nulla da invidiare a Joy Division o Echo & the Bunnymen. La critica apprezza, ma il disco non sfonda e dopo altri due tentativi la band molla il colpo. Borland tenta la carriera solista, ma soccombe alla depressione nel '99 (Foto: Korova/Wea)  

Gli anni '80 sono anche il decennio dell’esplosione globale dell'hip-hop. Dai block parties di New York alle radio di tutto il mondo, il passaggio obbligato è "The Breaks", che condivide con "Sugarhill Gang" il titolo di primo album rap della storia, per di più prodotto da una major. Contiene lo storico pezzo eponimo, seminale e pluri-campionato nei decenni successivi (Foto: Getty/Mercury Records)

Disco fondamentale. Gli X univano agli ingredienti classici del punk venature rockabilly, country e blues. Una delle influenze più evidenti è quella dei Doors, anche perché la produzione di questo Lp è di Ray Manzarek, che della band di Morrison era il tastierista. Spinti dalle voci di Exene Cervenka e John Doe e dalle chitarre di Billy Zoom, gli X lasciano il segno (Foto: Getty/Slash Records)

È il lavoro che consacra Pino Daniele, grazie a un efficacissimo mix linguistico e musicale. L'abilità stilistica e la vena compositiva del giovane artista irrompono al termine di un decennio che, in Italia, è stato cupo e violento. Portano freschezza, nuovi suoni e il racconto di una 'nuova Napoli' viva e molto lontana dagli stereotipi dell'epoca (Foto: Getty/EMI)

Poetico e prolifico (nel marzo 1980 escono ben due suoi album), con "Sono solo canzonette" Bennato irrompe a modo suo nel dibattito sul cantautorato, ai tempi molto sentito. Il concept album ispirato alla favola di Peter Pan, finisce per renderlo una delle voci di riferimento del decennio. Altro che canzonette... (Foto: Fotogramma/Ricordi)
   

Quando esce "Una giornata uggiosa", Lucio Battisti è assente da radio e tv da quasi 8 anni. A parlare per lui sono i dischi, dai quali emergono sia il desiderio di sperimentazione sempre più forte che la divergenza artistica che si sta creando con Mogol. Questo è l'ultimo lavoro assieme della coppia che ha scritto la storia della musica italiana (Foto: LaPresse/Numero Uno)

Ispiratissimo, l'artista bolognese completa la sua 'trilogia della maturità' (assieme a "Com'è profondo il mare" e "Lucio Dalla"). Ma non ci si ferma a successi come "Balla balla ballerino" o "Futura": Dalla, che ha appena firmato "Banana Republic" con De Gregori, sta per lanciare gli Stadio e occuperà negli anni '80 il meritato ruolo di star della nostra canzone (Foto: Getty/RCA)

Scanzonato, politicamente scorretto, fedele solo a se stesso. Alle porte del decennio bussa, senza troppa grazia, anche Vasco Rossi. "Colpa d'Alfredo" è come un avvertimento, una premonizione dello sconvolgimento (che sorprenderà lui stesso, come ha ammesso) che Vasco porterà nel panorama musicale italiano (Foto: Getty/Targa)