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Il 31 ottobre del 1975 usciva Bohemian Rhapsody dei Queen, la storia del brano

Approfondimenti

Manuel Santangelo

Esattamente 47 anni fa usciva il brano che avrebbe segnato la svolta per il gruppo inglese e forse anche per l’intera storia della musica. Un capolavoro che salta da un genere all’altro per quasi sei minuti e che non ha un vero e proprio ritornello. Sembrava un suicidio commerciale (e forse anche artistico) ma la testardaggine del visionario Freddie Mercury ci ha regalato un successo capace di andare ancora oggi oltre ogni convenzione

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In questo periodo storico si finisce per provare molto spesso una nostalgia posticcia. Persino coloro che non hanno mai avuto a che fare con reperti di un’altra epoca come le musicassette o i videoregistratori ne sono in molti casi perversamente affascinati. Chi vorrebbe addirittura il grande ritorno degli elenchi telefonici ha ora tuttavia un motivo in più per perorare la sua causa: su quelle pagine zeppe di numeri non solo si cercava il numero di una pizzeria ma c’era anche lo spazio per scrivere capolavori come Bohemian Rhapsody. Freddie Mercury scrisse la prima parte della sua visionaria opera rock nella propria casa di Kensington a Londra e, probabilmente, l’ispirazione arrivò così forte da sorprenderlo in un momento in cui non aveva altro posto dove appuntare un primissimo abbozzo di quello che sarebbe diventato, contro ogni pronostico, “il” capolavoro dei Queen. Bohemian Rhapsody uscì diversi mesi dopo quel primo spunto sull’elenco telefonico il 31 ottobre 1975 e nessuno, a parte gli autori, sembrò quel giorno crederci in fondo troppo.  Con il senno di poi sono i numeri, oltre alla portata artistica dell’operazione, a far ricredere gli scettici: quella composizione tanto bistrattata è diventata il primo video musicale pre-1990 a raggiungere un miliardo di visualizzazioni su YouTube e il brano del ventesimo secolo più ascoltato in streaming. Chapeau, direbbe qualcuno.

Oh mama mia, mama mia, mama mia, let me go

Nel film sulla storia dei Queen che prende il nome proprio da questa canzone ancora oggi fuori dai canoni si vedono le scaramucce della band con la propria casa discografica la quale, a onor del vero, fu molto restia all’idea di lanciare Bohemian Rhapsody come singolo. Troppo lunga, troppo ricca di riferimenti anche alti e senza un significato univoco: ancora oggi un brano del genere non sembrerebbe avere vita facile a livello radiofonico. Lo stesso manager del gruppo John Reid era poco convinto della scelta operata dai suoi assistiti, tanto da chiedere un parere all’amico Elton John. Quest’ultimo, pur apprezzando il lavoro dei colleghi, di certo non lo tranquillizzò: “Sei impazzito! Le radio non la passeranno mai!!”, fu il commento della popstar che poi però sarà in seguito tra i primi ad omaggiare il brano. Anche i Sir possono sbagliare, basta che siano pronti a fare ammenda in seguito.

Per superare l’impasse e dissipare i dubbi di quasi tutti, Freddie Mercury decise allora di prendere il toro per le corna. Chiamò il suo amico dj Kenny Everett e gli chiese di passare quella creatura musicale così particolare nella radio in cui lavorava. Un solo weekend bastò per far capire persino ai manager della EMI il potenziale (anche commerciale) di Bohemian Rhapsody, che passò in “heavy rotation” su Capitol Radio per 48 ore sotto espressa richiesta del pubblico.

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So you think you can stop me and spit in my eye

Va detto che lo scetticismo iniziale non era stato comunque del tutto ingiustificato. Pensare che un brano così complesso per struttura e riferimenti potesse funzionare era un atto di fede di un certo livello. A complicare ulteriormente le cose c’era poi il fatto che il testo non avesse un significato chiaro ed era difficile da comprendere, soprattutto se non si coglievano tutte le suggestioni tra le righe. Esistono ad oggi molte interpretazioni differenti del significato di questo caposaldo del rock ma nessuno, neanche gli stessi membri della band, seppero mai dare una spiegazione univoca. Freddie Mercury liquidò una volta la questione con un lapidario: “Penso che le persone dovrebbero semplicemente ascoltarla, pensarci solo un attimo e poi decidere autonomamente cosa dice loro la canzone”. Oggi che l’autore del testo e leader della band non c’è più la domanda su cosa voglia dire effettivamente Bohemian Rhapsody continua comunque ad essere fatta al chitarrista Brian May, il quale però in merito brancola nel buio come il resto degli ascoltatori: “Freddie era una persona molto complessa. Irriverente e divertente in superficie ma con un'anima che arrivava a strane profondità. Della sua infanzia non ha mai parlato molto ma c'è molto di se stesso e delle sue origini in quella canzone. Non credo sapremo mai quale sia il significato di Bohemian Rhapsody, ma anche se lo sapessi non lo direi”.

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The Cowboy Song

Quello che è certo è che, pur mancando di una coesione d’insieme, il testo di Bohemian Rhapsody contiene un sacco di strizzate d’occhio e riferimenti alla cultura anche molto alta. Basti pensare già al titolo (che nasce come un omaggio all’Hungarian Rhapsody di Franz Liszt) e all’esplicito riferimento all’opera rossiniana contenuta nell’evocazione di Figaro. Non solo musica comunque, viste anche le citazioni della Commedia dell’Arte, di Galileo e del Corano susseguitesi una dopo l’altra, quasi ci si trovasse in un pastiche postmoderno. Ogni singolo verso di Bohemian Rhapsody è stato analizzato nel dettaglio e persino i versi apparentemente più comprensibili, come il celebre “Mamaaa, just killed a man” sono diventati nel tempo oggetto di speculazione. Nel documentario Days of Our Lives, il tastierista Chris Smith dice per esempio che quella frase era nata già ai tempi in cui lui, May e Mercury suonavano negli Smile. Il racconto di una sparatoria doveva richiamare a un brano dalle atmosfere western che Smith soprannominò ai tempi The Cowboy Song. Il paroliere Tim Rice, amico personale di Mercury, dice invece che con quel “Mamaaa, just killed a man” il cantante evocasse la morte di un "vecchio Freddie”, destinato a venire sostituito da una nuova e migliore versione di se stesso.

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Magnifico oooh ooh

Abbiamo parlato del testo di Bohemian Rhapsody ma non si pensi che la gestazione della parte strumentale sia stata meno interessante. Il brano “contiene moltitudini” e ha una complessità tale da aver richiesto ben sei settimane di lavoro in studio, una delle quali dedicata solo alla sezione operistica. Quei quasi sei minuti vennero registrati alla fine in ben sei studi diversi e, almeno secondo la leggenda, tutti loro finirono i nastri di incisione disponibili dopo il passaggio dei Queen. Tranne Freddie Mercury, tutti gli altri coinvolti nel progetto non avevano idea di quale sarebbe stato il risultato finale di un lavoro così pantagruelico ma erano abbastanza affascinati dall’ambizione del frontman per lasciarsi coinvolgere. Persino il produttore Roy Thomas Baker dichiarò che non aveva idea di come sarebbe suonato il tutto su disco. Tanta fiducia in Mercury fu ben riposta e oggi sappiamo che è in parte merito suo anche l’iconico assolo firmato da Brian May. Lo stesso chitarrista ha raccontato come è nato quel momento di poesia sonora, non togliendo i meriti al sodale: “Freddie arrivò in studio con un nastro su cui aveva registrato la demo. Ci disse: 'Ascoltate questo, cari. Credo che vi sorprenderà'. Lo registrammo in momenti diversi, tenendo come guida una linea vocale di Freddie Mercury sopra la quale abbiamo costruito le varie parti. Quando Freddie mi ha chiesto un assolo, gli ho detto che volevo cantare una strofa con la chitarra. Ed è quello che feci: cantai, suonando con la chitarra. Niente effetti: solo il tremolo. Usavo come plettro una moneta da cinque pence”.

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La miglior canzone del secolo

I Queen non ebbero subito il coraggio di presentare live Bohemian Rhapsody. Lo faranno per la prima volta in una versione ridotta solo Il 24 dicembre 1975, quando la band tenne uno storico concerto all'Hammersmith Odeon di Londra che fu mandato in diretta dalla BBC. Da allora Bohemian Rhapsody è diventato quasi un inno popolare e persino Elton John e Axl Rose ne hanno riproposto una storica versione il 20 aprile 1992 a Wembley, durante concerto tributo in onore di Freddie Mercury. La loro non è tuttavia la cover più famosa: stando a un sondaggio inglese del 2009 la rilettura più amata resta quella ad opera dei Muppets. È lecito pensare che si tratti di una bizzarra vendetta del karma nei confronti dell’inizialmente dubbioso autore di Rocket Man. Contro le sue previsioni, oggi Bohemian Rhapsody è diventato il secondo pezzo più passato dalle radio britanniche. Proprio in UK questa composizione è stata eletta addirittura canzone del secolo nel 2000 mentre negli Stati Uniti hanno deciso di preservarla nella Biblioteca del Congresso. Niente male per un brano scritto sull’elenco telefonico.

 

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