
Dai sonniferi ai ritardi dei soccorsi: la verità sugli ultimi giorni di Jimi Hendrix. FOTO
Il giornalista e critico musicale Enzo Gentile, autore con Roberto Crema di "The story of life" (Baldini Castoldi), ha ricostruito gli avvenimenti che hanno portato alla morte del grande chitarrista, tra tante fake news e le testimonianze di chi lo ha conosciuto. LA GALLERY
A cura di Stefania Leo
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"Ci sono storie che tutti gli interessati alla grande epopea del rock hanno sentito raccontare, a volte in maniera distorta, fino alla nausea. Quella forse più facile e ovvia da tramandare riguarda i caduti della musica, a cominciare da Jimi Hendrix", scrivono Enzo Gentile e Roberto Crema in "The Story of Life. Gli ultimi giorni di Jimi Hendrix" (Baldini+Castoldi). Sul decesso del grande chitarrista, avvenuto il 18 settembre 1970, si è scritto molto e male, imputando alla droga la sua fine e costruendo una delle più grandi fake news della storia della musica
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Gli autori hanno cercato di mettere ordine nella disordinata catena di eventi che ha preceduto la morte del chitarrista, intervistando chi lo ha conosciuto, chi ha trascorso gli ultimi momenti con lui, rovistando nel suo archivio fotografico
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Jimi Hendrix è morto accidentalmente a causa dell'assunzione di un eccessivo numero di tranquillanti, che gli causarono un conato di vomito che lo soffocò. Con lui, a dare l'allarme, c'era la sua ragazza, Monika Dannemann, che lo accompagnò in ospedale. Medici e paramedici sottovalutarono la situazione, ignorando anche l'identità del paziente
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“Per 50 anni è stato venduto come un morto per droga – spiega Enzo Gentile, intervistato per Sky TG24 - Ma l'autopsia ha messo in evidenza che non c'erano segni di aghi o altro: il decesso fu riconducibile a un eccesso di barbiturici e a un bicchiere di vino rosso, che provocarono il conato di vomito che l'ha strozzato. Riportando i giornali dell'epoca, dimostriamo che i pregiudizi sul rock e sulle droghe hanno creato la storia intorno alla morte”.

“È come fosse stato ucciso due volte: dalla sfortuna e da una macchina fatta di media, pregiudizi, manager, gruppi e discografici, che gli hanno succhiato ogni energia. A un certo ponto era solo: avrebbe potuto combattere quella battaglia, ma la sfortuna lo ha battuto. Non aveva più le forze”
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Il "demone della droga" non è stato la causa della sua morte, ma lo ha caratterizzato per tutta la vita. “Sicuramente erano anni in cui circolavano Lsd, hashish, marijuana e non le droghe sintetiche di oggi, più pericolose. Sicuramente lui ne ha fatto uso, anche per uscire un po' da una gabbia e perché a volte gli mancavano le energie per far fronte a tutte le giornate passate sul palco. Ma a nessun musicista può bastare una dose di Lsd per fare quello che ha fatto lui: è stato un ausilio, non forza scatenante”

“Intorno a lui la stampa ha dipinto un personaggio che nella realtà era molto diverso. Nonostante fosse una rockstar, andava a fare shopping con la fidanzata. La sua ultima foto, quella che oggi è la copertina del libro, è stata fatta nel giardino di casa, con una chitarra e una tazza di tè. Tutto sembra remare contro l'immagine della rockstar maledetta. Musicalmente era un personaggio fuori dalle righe, ma nel quotidiano cercava la quiete” (foto: Baldini Castoldi)
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Volendo definire l'artista Jimi Hendrix con tre parole, era “alieno, perché nessuna spiegazione logica può razionalizzare quello che ha fatto in poco tempo, da autodidatta e senza nemmeno una squadra al suo fianco. Era generoso: ha suonato tantissimo, con chiunque, ovunque. Irripetibile, perché la sua tecnica è stata studiata e in qualche verso imitata, ma con i mezzi che aveva a disposizione 50 anni fa, sembra di vedere la storia del calabrone: fisicamente non potrebbe volare, ma lui lo fa”
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Per l'uomo Jimi Hendrix le tre parole sono: “Fragile, perché molto esposto alle vicissitudini del mondo. Era circondato da persone che lo hanno spremuto, reso esausto. Alla fine dei suoi giorni era provato, ma mai domo. Era però indifeso, perciò fragile. Ha generato tantissimo denaro, ma nel suo conto corrente c'erano cifre ridicole. Era solo perché, nonostante le folle plaudenti, la sua vita privata è stata contrassegnata da momenti difficili, anche da una ricerca di isolamento, il rovescio della medaglia delle masse che lo applaudivano”

"Si può anche definire sfortunato. Jimi è nato e cresciuto a Seattle in una famiglia molto povera, funestata dalla morte della madre in tenera età. Quando lui muore, lo fa per una fatalità sfortunata: i soccorsi che arrivano tardi, male, che non capiscono cosa gli sia successo: tante concause di una morte naturale che poteva essere evitata” (nella foto, con il padre Al Hendrix)
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Hendrix ha sempre amato le donne: "Veniva inseguito e non si è mai ritratto. Anche qui però c'è un doppio volto – spiega l'autore - perché di Jimi esiste una versione più romantica, sentimentale, di una persona che chiedeva tranquillità e, forse, un rapporto più sereno e meno disordinato”

"Jimi era un figlio di quella America che non sarebbe piaciuta a Trump”, scrivono gli autori. Nel corso della sua vita ha avuto contatti e versato denaro a favore di formazioni dell'opposizione nera, ma non si è mai espresso in modo esplicito. "Sicuramente il potere lo temeva ed esistono rapporti dell'FBI che indagò su di lui, nel timore che il suo carisma potesse fare da miccia alle potenziali rivolte giovanili. Credo che non sarebbe stato insensibile a determinati accadimenti di oggi, e avrebbe detto la sua in relazione a Black Lives Matter”
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"Hendrix, con il suo avvento, dimostrerà come di colpo fosse diventato semplice l’impossibile: con l’innesto del blues nella psichedelia, il funky a braccetto con il rock più duro e spigoloso, le sonorità ferrose, scarnificate in matrimonio con linee morbide e suadenti di melodie invincibili: tutto in un pugno di canzoni puntualmente riedificate, reinventate sul palco"
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"Hendrix e la sua musica vivono e godono di ottima salute”, si legge ancora. La longevità dell'arte di Jimi Hendrix è resa possibile dal fatto che "non nacque nel nome delle mode, ma per esprimere un sogno, una libertà e una fantasia incondizionate per cui alcuni valori si sono proiettati fino a noi, senza mostrare i segni del tempo. Trattandosi di una formula originale, e in continua mutazione, la sua musica non ha avuto modo di invecchiare e di accumulare la polvere di tanti progetti studiati a tavolino”

Tra le testimonianze di chi l'ha conosciuto, nel libro c'è anche quella di Pat Metheny: "Jimi Hendrix ha reinventato la chitarra elettrica, ha saputo trasportare il blues in una condizione moderna, in una accezione di novità come mai era capitato prima. [...] Nella musica di Hendrix c’è la storia futura, ha una prospettiva sempre valida: uno come lui ha dato più in questi cinquant’anni che nei tre in cui è stato sulla breccia. Allora non tutti si erano accorti del suo valore”

Carlo Verdone, regista e attore di "Maledetto il giorno che t'ho incontrato" ricorda: "In quel periodo, era appena passato il ventennale della morte, veniva fuori di tutto. [...] Il bello è che si sparse la voce relativa a questo italiano che stava indagando in Inghilterra sulla fine di Jimi Hendrix. E sul set, in Cornovaglia, arrivarono da Londra due giornalisti per intervistarmi, nella speranza di ricavare qualcosa. Furono molto cortesi ma dovetti spiegare e sottolineare che si trattava di un’opera di fantasia…" (nella foto, Hendrix con Mick Jagger)
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Eric Burdon, amico di Hendrix, ricorda: “Sono stato tra le ultime persone a vedere Jimi, ma soprattutto l’ultimo a suonare con lui in una jam session: fu al Ronnie Scott’s, dove per diverse sere ero in cartellone con i War. Insieme eseguimmo Tobacco Road e Mother Earth. Jimi stava bene, si divertiva, aveva una gran passione per il blues. Quando seppi cosa gli era successo, la mia reazione naturale e spontanea fu di rabbia. Avevo una gran rabbia perché non si era potuta evitare quella tragedia”