Cento anni dalla nascita di Charlie “Bird” Parker, il sassofonista "Picasso del Jazz"

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Stefania Bernardini

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Genio rivoluzionario, padre dello stile Bebop, è stato uno dei più grandi musicisti di sempre. Nato il 29 agosto 1920, venne definito il “Mozart d’America” e il suo soprannome "Bird" sembra venisse dal fatto che con la sua musica riuscisse veramente a volare. Ha avuto una vita breve  segnata dalla dipendenza di droga e alcool

Charlie Parker è stato il più grande sassofonista di tutti i tempi e tra i migliori musicisti di sempre, nonché tra i creatori del Bebop. Una carriera e una vita brevi, morì quando non aveva neanche 35 anni, ma durante le quali si è imposto entrando a far parte della storia della musica. Era considerato “il Mozart d’America” e un genio rivoluzionario ma, allo stesso tempo, era anche profondamente solo, affetto dalla dipendenza dalla droga e dall’alcool. Con il suo talento è stato capace di rendere uno strumento, il sassofono, fino ad allora relegato all’accompagnamento, protagonista di brani ed esibizioni, grazie a fraseggi e scale tipiche dello stile di Parker. Il 29 agosto 2020 avrebbe compiuto cento anni, se n’è andato invece il 12 marzo 1955, mentre la sua musica continua a influenzare il mondo.

La leggenda del soprannome “Bird”

Charlie Parker era chiamato anche “Bird”, ossia uccello. Ci sono varie storie riguardo all’origine del soprannome. Alcuni sostengono sia nato a causa di un pollo investito dal musicista che poi lo cucinò e mangiò, altri ritengono sia legato alla passione del sassofonista per le ali di pollo fritte, ma la versione più diffusa (e poetica) dice che sia relativo al talento di Parker che con la musica riusciva davvero a volare.

Dal Kansas verso il successo

Charles “Charlie” Parker nasce nel ghetto nero di Kansas City nel 1920. Suo padre è un pianista, cantante e ballerino che lo abbandona presto alla madre, un’infermiera minorenne. È proprio la donna a regalare al bambino il suo primo sassofono con il quale entra per qualche mese nella banda scolastica. Inizia a 13 anni con un sassofono baritono per poi aggiungere, l’anno dopo, il contralto con il quale arriva a esercitarsi anche per quindici ore al giorno. La passione e il talento nella tecnica del sax lo portano ad abbandonare la scuola a 15 anni, mentre nel 1937 arriva l’occasione per farsi conoscere durante una jam session alla House of Swing di Kansas City, chiamata anche Reno Club.

(Original Caption) Duke Ellington (Edward Kennedy; 1889-1974), American composer and arranger, at the keyboard. Half-length photograph, 1910's.

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Le prime esibizioni

La prova al Reno Club è abbastanza scarsa, Charlie improvvisa sulla progressione di “I got rythm” ma esce dal pezzo. Non si dà per vinto e continua a studiare, nello stesso periodo conosce e sposa Rebecca Ruffin, di poco più grande di lui. Entra nelle orchestre di Lawrence Keyes, Jarlan Leonard e Jay McShann e, con quest’ultima, arriva a New York nel 1941. Inizia a formarsi il suo stile personale, che alla base swing e blues unisce improvvisazioni costituite da sostituzioni armoniche e maggiore attenzione al ritmo, creando un vero e proprio linguaggio musicale che in seguito sarà chiamato Bebop.

Lo stile Bebop

Il Bebop è uno stile jazz che si sviluppa proprio negli anni ’40 a New York e di cui Parker è considerato il creatore insieme a una serie di altri musicisti, come Dizzie Gillespie e Kenny Clarke. Il genere è caratterizzato da tempi molto veloci e da elaborazioni armoniche innovative ed è considerato il principale idioma del jazz. Con il termine Bebop si indica oltre allo stile musicale anche l’atteggiamento tendenzialmente ribelle dei cosiddetti “bopper” e per questo motivo lo stile diventa popolare tra i letterati della Beat Generation. J.E Berendt, in “Il libro del jazz”, scrive: “Si deve a Bird più di chiunque altro il modo in cui fu suonata quella musica (il Bebop, ndr); ma è merito di Dizzy se fu messa per iscritto”.

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La dipendenza dalla droga

Sarebbe stato a causa di un incidente stradale che “Bird” viene a contatto con la droga già in età adolescenziale. Durante il ricovero, per combattere i dolori dovuti a una frattura della colonna vertebrale, i medici gli somministrano degli oppiacei. Tornato a casa, ormai assuefatto, inizia a fare uso di eroina. Da qui ha inizio la dipendenza da sostanze stupefacenti e alcool che lo porta a condurre una vita estremamente sregolata. Si racconta che Parker arrivasse ad addormentarsi sul palco o a saltare dei concerti e, per questo motivo, nell’organico fosse previsto sempre un sassofonista di riserva.

Le notti di New York

Come aveva fatto il padre, anche Charlie abbandona moglie e figlio per esibirsi in giro per l’America. Nei primi anni ’40 si impone nella scena jazz di New York rendendo il sassofono, strumento considerato fino ad allora secondario e solo d’accompagnamento, protagonista delle esibizioni. È il periodo delle jam session al Monroe's e al Minton’s, noti locali della Grande Mela, e delle collaborazioni con i maggiori musicisti dell’epoca come il suo alter ego trombettistico Dizzie Gillespie e Earl Hines. Tra le incisioni di metà anni ’40 si ricordano “All the things you are”, “Salt peanuts”, “Ko-Ko” e “Ornithology”.

I problemi di Charlie Parker

Si narra che abbia scritto persino un brano, “Moose the mooche”, dedicato al suo spacciatore, con il quale avrebbe diviso le royalty. Da metà anni ’40 la sua dipendenza dalla droga diventa sempre più problematica e lo porta a chiedere prestiti e donazioni a colleghi e ammiratori, a impegnare il suo sassofono varie volte, fino a mendicare per strada quando è a corto di denaro e senza una scrittura. Nel 1946 riesce comunque a convincere la Dial Records a fare delle sedute di registrazione diventate leggendarie. Il capo della casa discografica, Ross Russell, impone però che sia presente uno psichiatra perché Parker in quel periodo è soggetto a sbalzi d’umore, dovuti alle crisi d’astinenza, e ad aggressività.

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L’incisione di Lover Man

Il 29 luglio del 1946, dopo aver inciso a fatica “Max in Making Wax”, Charlie vuole preparare un altro brano: “Lover Man”. Il medico gli dà delle medicine per iniziare una nuova seduta di registrazione e Ross Russell racconta che “ci fu una lunga introduzione pianistica, che sembrò interminabile” perché Parker aveva mancato l’entrata. Quando il sassofonista riesce ad attaccare, “la sonorità si era rinfrancata. Era stridente, piena di angoscia. In essa c'era qualcosa che spezzava il cuore - è la descrizione del discografico - Le frasi erano strozzate dall'amarezza e dalla frustrazione dei mesi passati in California. Le note che si susseguivano avevano una loro triste, solenne grandiosità. Sembrava che Charlie suonasse con automatismo, non era più un musicista pensante. Quelle erano le dolorose note di un incubo, che venivano da un profondo livello sotterraneo. Ci fu un'ultima strana frase, sospesa, incompiuta e poi silenzio. Quelli nella cabina di controllo erano imbarazzati, disturbati e profondamente commossi”. Quello stesso giorno Parker incide anche “The Gypsy” e “Bebop”, ma quando viene accompagnato in hotel ha una crisi che lo porta prima in prigione per una decina di giorni per aver urlato nudo nella hall dell’albergo e tentato di dare fuoco alla sua stanza, poi a essere internato nel reparto psichiatrico della casa di cura “Camarillo State Mental Hospital”, vicino a Los Angeles. Da questa esperienza arriva l’ispirazione di Bird per il celebre brano “Relaxin’ at Camarillo”.

La morte a casa di un’amica e mecenate

Uscito dalla struttura psichiatrica Charles è sobrio e realizza alcune delle migliori registrazioni fino a quando resta in California. Tornato a New York riprende a far uso di droghe, intanto incide brani per le etichette discografiche Savoy e Dial, molte delle quali nella formazione con il “quintetto classico” che comprendeva anche Miles Davis e Max Roach. Il 12 marzo 1955 muore mentre guardava la tv a casa dell’amica e mecenate baronessa Pannonica de Koenigswarter. Il medico che esamina la salma gli attribuisce circa 53 anni al posto dei sui 34 a causa del corpo devastato dagli abusi di sostanze. Come causa della morte viene stabilita la pomonite, che anni prima aveva ucciso anche la figlia avuta dall’ultima compagna Chan Richardson.  

Vita privata e fama

Charles Parker si è sposato tre volte e ha avuto varie relazioni. Con Chan Richardson ebbe due figli, Pree e Baird. La morte a circa due anni, nel 1953, della bambina devastò il musicista fino a rendere ancora più accentuata la sua mania di autodistruzione. Il talento del sassofonista è invece evidente già dai primi anni di attività. La fama raggiunta presto lo rese egocentrico e difficile da trattare e parallelamente stimato e ammirato. A lui è stato dedicato un locale a New York, il “Birdland”, dove l’artista si esibì spesso, mentre l’appartamento a Manhattan che divise con Chan è stato inserito nel National Register of Historic Places e la strada ribattezzata Charlie Parker Place. Alla sua figura è ispirato il film “Bird” di Clint Eastwood, ma la miglior descrizione del sassofonista è forse quella del giornalista e scrittore Arrigo Polillo che lo definisce “il Picasso dell'arte afroamericana, l'uomo che reinventò la sintassi e la morfologia della musica jazz e ne deviò il corso”.

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