Beatles, 55 anni fa i Fab Four sbarcavano a Milano per il loro unico tour italiano

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Matteo Furcas

LaPresse

Il 24 giugno 1965 arrivavano in Italia per quella che sarebbe stata la loro unica esperienza nel nostro Paese. Tre tappe, a Milano, Genova e Roma, con due esibizioni, una pomeridiana e una serale. Ma la “Beatlemania”, travolgente nel resto d’Europa e negli Stati Uniti, non aveva ancora conquistato la Penisola e non ci fu il tutto esaurito. Un anno dopo, i quattro avrebbero detto addio ai concerti. Ecco la storia di quella fugace apparizione

Nel giugno del 1965 il pubblico italiano accoglieva i Beatles (LA FOTOSTORIA). Sono passati 55 anni dalla prima e unica tournée italiana dei Fab Four, iniziata il pomeriggio del 24 giugno 1965 sul palco allestito al centro del Velodromo Vigorelli a Milano e proseguita a Genova al Palazzo dello Sport della Fiera del Mare, il 26 giugno, e a Roma al Teatro Adriano, il 27 e 28 giugno. Tutti concerti con una scaletta snella, circa mezz’ora, e due esibizioni, una pomeridiana e una serale. Una consuetudine dell’epoca, lontana dalle lunghezze dei concerti attuali. Erano tempi di “Beatlemania”: dopo la Gran Bretagna i Fab Four avevano ai loro piedi anche gli Stati Uniti, raggiunti per la prima volta nel febbraio 1964 e poi per un tour da record nell’agosto dello stesso anno. Ma l’Italia non fu terra di conquista per la band, con cifre lontane dal tutto esaurito. La storia della tournée italiana dei Beatles è la storia di un’accoglienza tiepida.

La tiepida accoglienza italiana

I concerti furono organizzati dal famoso impresario Leo Wachter, promoter e talent scout di numerose band negli anni ’60, a cui si devono le tournée italiane di moltissimi artisti, e fondatore del teatro Ciak di Milano nel 1977. Wachter riuscì a rendere realtà i concerti dei Beatles in Italia grazie anche alla promozione di un importante sponsor e al sostegno della casa discografica Carisch. A quell’etichetta appartenevano infatti i supporter dei Beatles, che si esibirono prima dei Fab Four: Peppino di Capri, Guidone e i suoi Amici, i Giovani Giovani, Fausto Leali e i suoi Novelty, e i New Dada di Maurizio Arcier. I Beatles arrivarono a Milano in treno, il Trans Europe Express, dalla Francia. Per depistare i fan fu annunciato in arrivo al binario 16 della Stazione Centrale, ma fu invece fatto arrivare sul binario 3: i Beatles e i loro accompagnatori riuscirono così ad uscire praticamente indisturbati da una scala laterale della stazione, dove li attendevano quattro auto. Il costo del biglietto? Dalle mille alle tremila lire. Per dare un’idea dei prezzi dell’epoca, un giornale costava 50 lire e un caffè 60. Per un disco ne servivano 1.800.

La scaletta

La scaletta dei concerti – sempre la stessa per tutte le date - prevedeva 12 classici del loro repertorio live: “Twist and shout”, “She’s a woman”, “I’m a loser”, “Can’t buy me love”, “Baby’s in black”, “I wanna be your man”, “A hard day’s night”, “Everybody’s trying to be my baby”, “Rock and roll music”, “I feel fine”, “Ticket to ride” e “Long tall Sally”. A Milano i Beatles suonarono complessivamente per 26mila persone: 7mila il pomeriggio e 19mila la sera. Insomma non certo un flop, ma numeri che non possono far parlare di un successo clamoroso e appaiono un po’ bassi per un periodo di piena “Beatlemania”.

La copertina dell'album dei Beatles ''Let It Be'', 05 maggio 2020. Per i fan dei Beatles aprile e maggio sono due mesi drammatici: il 10 aprile 1970, in un'ormai celeberrima intervista, Paul McCartney annunciava la sua uscita dal gruppo, rendendo ufficiale la fine dei Fab Four. Una settimana dopo usciva il suo primo disco solista. A un mese di distanza, l'8 maggio 1970 usciva "Let It Be", ultimo atto ufficiale della band che ha cambiato il mondo e che si congedava facendo uscire contemporaneamente anche un documentario, diretto da Michael Lindsay Hogg, che raccontava le sedute di registrazione, compreso il leggendario concerto sul tetto del quartier generale della Apple Records di Savile Row a Londra.  ANSA / Immagine tratta da Internet  +++ATTENZIONE LA FOTO NON PUO' ESSERE PUBBLICATA O RIPRODOTTA SENZA L'AUTORIZZAZIONE DELLA FONTE DI ORIGINE CUI SI RINVIA+++   ++NO SALES; NO ARCHIVE; EDITORIAL USE ONLY++

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Perché in Italia non fu un trionfo

L’esplosione dei Beatles non aveva però travolto un’Italia ancora abbastanza provinciale dal punto di vista musicale, che coglieva quanto accadeva intorno ai Fab Four forse più come fenomeno di costume che per le loro rivoluzionarie innovazioni nel mondo della musica. L’accoglienza tiepida non fu tanto del pubblico dei presenti: non mancarono quelle scene di “isteria collettiva” tipiche dei concerti dei Beatles nel Regno Unito e in tante altre parti del mondo, con la musica sovrastata dalle grida delle fan impazzite. A mancare fu soprattutto l’entusiasmo del mondo culturale e musicale. Gli italiani non erano stati ancora travolti dalla “Beatlemania”: una tendenza che si poteva verificare anche negli spazi riservati alla band delle riviste dell’epoca. Il 24 giugno i Beatles salirono sul palco del Vigorelli in una Milano calda e assolata, in giacca e cravatta e con l'abito, con John Lennon con in testa il classico cappello da marinaretto. Paul McCartney azzardò un "ciao" prima di partire e qualche altra parola in italiano per presentare il gruppo. Poi la partenza del set con “Twist and shout” e tutte le altre canzoni.

Giugno 1965, i Beatles alle soglie di una svolta

Ma a che punto era la storia dei Beatles in quel giugno 1965? I Fab Four avevano alle spalle già nove 45 giri che avevano raggiunto il numero 1 in classifica, quattro album (“Please please me”, “With the Beatles”, “A hard day’s night” e “Beatles for sale”) e anche un film (“A hard day’s night”). Esattamente 10 giorni prima del concerto a Milano, il 14 giugno, avevano terminato di registrare negli studi di Abbey Road la versione definitiva di “Yesterday”, uno dei loro brani più celebri. Nel giugno 1965 i Beatles erano a metà del guado, tra le sonorità beat e quello che sarebbe arrivato dopo. Attraverso il tour americano, la conoscenza con Bob Dylan, le prime esperienze con marijuana e Lsd e il lavoro in studio, la band avrebbe presto compiuto un vero e proprio balzo evolutivo, tra i più rivoluzionari del rock, con sperimentazioni sul pop e suggestioni psichedeliche in dischi come "Revolver", "Sgt. Pepper's", il "White album" e "Abbey Road". Proprio nei giorni del tour in Italia erano nel mezzo del processo creativo che avrebbe portato a “Rubber soul”, uscito nel dicembre 1965 pochi mesi dopo “Help” – che conteneva “Yesterday” - e primo step della nuova fase dei quattro di Liverpool. Dal febbraio del 1964, inoltre, i Beatles avevano conquistato anche l’America: 15 giorni travolgenti con concerti a Washington e New York e un’esibizione durante una puntata dell’Ed Sullivan Show. Ma il successo negli Usa diventò ancora più travolgente nel tour intrapreso tra l’agosto e il settembre del 1964: 25 concerti nelle principali città statunitensi che consacrarono i Beatles come fenomeno di massa anche in terra americana.

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L’ANNO SUCCESSIVO L’ADDIO AI CONCERTI

Le date a Milano, Roma e Genova erano destinate a essere le prime e uniche apparizioni dei Beatles in Italia. Dopo quella tournée i quattro tornarono negli Stati Uniti per un altro tour americano, dove le scene di isteria collettiva culminarono con lo storico concerto tenuto il 15 agosto 1965 allo Shea Stadium di New York, davanti ad un pubblico di 55mila persone. I ritmi sfiancanti dei concerti, con il logorio di anni di tournée, e una vita divisa tra viaggi, alberghi, fuga dai fan, esibizioni, poi brevi pause per registrare i dischi e via da capo, aveva decisamente stancato i quattro di Liverpool. A tutto questo si aggiunsero, nel tour americano del 1966, le contestazioni di alcuni gruppi di religiosi per la celebre intervista in cui Lennon dichiarò che i Beatles erano “più famosi di Gesù”. Nonostante le nuove dichiarazioni di Lennon per chiarire la sua tesi, i quattro musicisti vissero però ugualmente l'ultima fase della tournée con il terrore di essere bersaglio di qualche attentato. Il 29 agosto del 1966, con il concerto al Candlestick Park di San Francisco decisero di chiudere definitivamente con i tour dal vivo. Non ci fu alcun annuncio e i membri della band non lo dissero a nessuno, ne parlarono solo tra loro. Finì così la storia dei concerti dei Beatles. 

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