Eurovision 2025, l’UER minaccia sanzioni alla Spagna per aver citato Gaza

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Tensione alle stelle all’Eurovision Song Contest 2025 dopo che i commentatori spagnoli hanno ricordato in diretta le vittime del conflitto a Gaza. L’Unione Europea di Radiodiffusione ha minacciato sanzioni contro Rtve per presunte violazioni della neutralità politica del festival. La Spagna replica: “Non è politica chiedere rispetto per i diritti umani”. Cresce il dibattito sul ruolo della musica di fronte ai drammi umanitari globali.

All l’Eurovision Song Contest 2025 (lo Speciale), esplode il caso Spagna. L’Unione Europea di Radiodiffusione (UER) ha ammonito duramente la radiotelevisione pubblica spagnola Rtve, minacciando “multe punitive” se, durante la finale della 69ª edizione in programma questa sera, verranno nuovamente menzionati i dati sulle vittime del conflitto tra Israele e Gaza.

 

 

LA POLEMICA NATA DOPO LA SECONDA SEMIFINALE

La polemica è scoppiata dopo la seconda semifinale, trasmessa su La2, durante la quale i presentatori spagnoli hanno ricordato in diretta le oltre 50.000 vittime civili a Gaza, di cui circa 15.000 bambini, secondo dati delle Nazioni Unite. In particolare, è stato menzionato il fatto che Rtve aveva richiesto formalmente di discutere la partecipazione di Israele all’evento, alla luce della situazione umanitaria in corso.

Secondo quanto riportato in esclusiva da El País, l’UER ha inviato una comunicazione ufficiale ad Ana Maria Bordas, capo della delegazione spagnola, nella quale si accusa l’emittente di aver infranto le regole del concorso, che vietano ogni riferimento politico che possa “compromettere la neutralità del festival”. Il messaggio sottolinea inoltre che “il numero delle vittime non ha posto in un programma di intrattenimento apolitico”, ricordando che lo slogan dell’edizione, United by Music (Uniti per la Musica), rappresenta l’impegno per l’unità, non per il confronto politico.

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La replica della televisione spagnola

La risposta di Rtve non si è fatta attendere. In una dichiarazione rilasciata sempre a El País, l’ente pubblico spagnolo ha espresso “sorpresa” per la reazione dell’UER, sostenendo che “invocare il rispetto per i diritti umani e la pace non è un attacco a un paese specifico, né un atto politico”. Rtve ha inoltre anticipato un possibile “gesto” in diretta durante la finale, segnale che la questione non è chiusa.

Un ulteriore elemento che ha esasperato il contrasto è il doppio standard percepito da parte della delegazione spagnola. Non è infatti stato ritenuto politicamente scorretto il riferimento della cantante israeliana Yuval Raphael alla sua esperienza personale come sopravvissuta agli attacchi di Hamas del 7 ottobre 2023, messaggio portato anche sul palco. Per molti osservatori, si tratta di una disparità di trattamento che mette in discussione la coerenza dell’UER nel far rispettare il principio di neutralità.

La vicenda solleva questioni complesse: può davvero la musica essere apolitica, soprattutto in tempi di guerra e crisi umanitarie? E qual è il confine tra espressione umanitaria e dichiarazione politica?

L’Eurovision, nato nel dopoguerra come simbolo di pace, cooperazione e unità europea, è oggi un colosso mediatico seguito da milioni di persone. La sua evoluzione negli anni ha reso il festival non solo una vetrina musicale, ma anche un campo di tensione geopolitica, dove le scelte artistiche, le partecipazioni e perfino i silenzi assumono valenze simboliche.

Mentre i riflettori si accendono per la finale, resta alta l’attesa per capire se e come Rtve deciderà di rinnovare il proprio messaggio. Ma una cosa è certa: l’edizione 2025 dell’Eurovision sarà ricordata tanto per le canzoni, quanto per il dibattito – più che mai attuale – sul rapporto tra arte, libertà d’espressione e responsabilità etica.

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