Eurovision 2025, Gabry Ponte in finale "Non era scontato, Carlo Conti mi ha scritto"
Musica ©GettyIl dj-producer che rappresenta San Marino insegue la vittoria col brano Tutta l'Italia. Il 28 giugno sarà in concerto a San Siro. L'INTERVISTA
Aspettando la finale dell'Eurovision Song Contest Gabry Ponte, che rappresenta San Marino, racconta come sta vivendo questa esperienza e ci accompagna, con le sue parole, dietro le quinte di una show che, nonostante il suo scetticismo, vede Tutta l'Italia tra i brani favoriti. Il suo prossimo appuntamento sarà a San Siro per un concerto-evento in prograamma sabato 28 giugno e già sold out. Intanto è uscito il suo nuovo singolo, realiazzto in collaborazione con la band Train: si intitola Brokenhearted e racconta il dolore causato da una rottura sentimentale, tra solitudine, nostalgia e il desiderio di risposte.
Gabry sei pronto per la finale?
Sono felicissimo di esserci, siamo in finale e non era scontato, c'è stata molta tensione fino alla fine. Con tutto il lavoro fatto non sarebbe stato bello tornare a casa dopo la semifinale. Ho avuto in passato già contatti con Eurovision ma a livello di collaborazioni e ti dico che esserci come artisti è uno spettacolo pazzesco, è bellissimo convivere con dinamiche distanti dal nostro mondo. il dj di solito qui paga pegno, abbiamo temuto anche se consci che il disco sia forte, i fan si sono affezionati anche dagli altri paesi, eppure ho tremato fino alla fine, la gioia per la finale era sincera.
Facciamo una parentesi: oggi è anche un giorno di nuova musica.
Oggi è uscito Brokenhearted, un singolo nuovo fatto con i Train, band molto famosa negli Stati Uniti, anche questa una collaborazione nata in maniera spontanea.
Con che sensazioni sei arrivato a Basilea?
L'entusiasmo per il brano visto lo abbiamo crescere già nei pre-party, abbiamo partecipato a quelli di Amsterdam, Londra e Madrid. Abbiamo visto il mood cambiare, il testo in italiano non è facile da assimilare, ma nell'ultimo party c'è stata una esplosione ed è stato un bel segnale.
Come lo vivi a livello personale?
Qui sto imparando tante cose, siamo abituati a vederlo in tivù ma esserci è diverso e io stesso che ci ho collaborato non ne conoscevo tanti aspetti. E' per me una prima volta e a 52 anni, con più di 25 anni di carriera, trovare delle prime volte non è facile. Quando mi hanno invitato quelli di San Marino ho detto sì in 30 secondi.
Eurovision è un prodotto televisivo. Senti grandi differenze rispetto al tuo mondo artistico?
Una cosa sono lo spettacolo e la televisione altro è il divertimento. I ragazzi vanno in luoghi che negli anni sono cambiati, prima andavi in discoteca a ballare ora quello è un genere mainstream, vai nei Festival, negli stadi. In Italia la Club Culture è meno forte che in altri paesi europei ma ora si è ingrandita l'audience e dunque sono cambiate le location.
Come è nato questo progetto?
L'idea del disco nasce pensando al concerto di San Siro del 28 giugno, non è stato pensato solo per Sanremo. In studio c'è stata una sessione per scrivere musica con l'idea di creare un inno per San Siro da lanciare prima dell'evento, poi ti dico che tutte le strade portano a Sanremo; ho iniziato a scrivere su mia backing track con un po' di sapore di pizzica e ho sviluppato l'arrangiamento in quel senso, mi piace contaminare, la dance può contaminare atri generi.
Anche la tua professione è mutata radicalmente.
Io come rappresentante della prima generazione di dj-produttori posso dirti che all'inizio degli anni Novanta il dj era un operaio della notte che stava in un angolino e la gente non lo guardava neanche. Quando abbiamo sentito l'esigenza di raccontare in pubblico i nostri album siamo diventati performer. La crescita ci ha portato a Sanremo, ai Festival, in luoghi dove era di casa il Pop.
Cosa c'è di negativo e di positivo all'Eurovision?
Di negativo che io sono un maniaco del controllo e in uno show così complesso e articolato è praticamente impossibile vigilare su tutto. A cena impazziamo perché non sappiamo che accadrà il giorno dopo ma è pure un limite nostro che non sappiamo rilassarci. Di positivo c'è che è una esperienza che mi ha arricchito.
Come ti sei preparato a questa esperienza?
Ci sono mesi di lavoro per questo show, qui già un mese prima tutto è già incasellato mentre noi siamo abituati a organizzarci in tempi più brevi. Qui trovi tanti professionisti che hanno lavorato in sinergia. I visual sono fatti da ragazzi di Milano, l'idea è nata in un brainstorming, ci siamo immaginati come dare un fil rouge alla rappresentazione: il brano è un tributo alla cultura italiana e siamo partiti dall'idea di rievocare opere d'arte e architettoniche italiane e abbiamo giocato con queste immagini.
Rispetto alla performance che hai portato al Festival di Sanremo qui è completamente diverso.
A Sanremo ci siamo presentati con corpo di ballo di oltre 30 persone, c'erano ballerini anche in platea, qui ci sono limitazioni, sono previsti sei performer sul palco, poi ci sono regole ferree sulla performance vocale, tutto dal vivo cori compresi e per ricreare la coralità abbiamo portato qui un corista in più oltre a chi lo ha scritto con me. Restavano due posti e limitare a due il numero dei ballerini non ci piaceva dunque abbiamo optato per la fisarmonica e tamburello. Tutto è in playback perché così son le regole, ci abbiamo provato a chiedere di fare tutto live ma il backstage sembra i paddock di formula 1, ci sono squadre di persone che agiscono con una velocità pazzesca e dunque è impossibile esibirsi dal vivo. Ho voluto la consolle, canto con i ragazzi cosa che di solito non faccio, ma ci si adatta allo show, la cosa più importante è che scaturisca una esibizione potente ed efficace. Lo show ha le sue dinamiche e ci adattiamo. Siamo molto minimali.
Carlo Conti lo hai sentito?
Mi ha scritto, è anche un po' suo questo brano.
Speri di vincere?
Non sono ossessionato dal vincere anche se si va con l'intento di piazzarsi meglio possibile essendo una gara. Qui sono fuori dalla mia confort zone da dj, ho accettato di partecipare col cuore e con entusiasmo ma oggettivamente non credo di avere possibilità di vittoria anche se farò del mio meglio. Io produco con altri la mia musica e la faccio cantare ad altri perché cantare non è il mio lavoro. La missione è creare emozioni a chi le ascolta.
Infine come commenti il fatto che c'è chi ha definito Tutta l'Italia un pezzo politico?
Ci hanno anche dato dei sovranisti! Nella scrittura del pezzo nulla c'è di politico, la musica è divertimento e questo genere è leggero e spensierato, abbiamo parlato di stereotipi della cultura italiana e dell'italianità e lo abbiamo fatto col sorriso. Poi ti dico che le emozioni non sono solo festa ma anche portatrici di riflessioni.
