Ne è passato di tempo da "4:13 Dream". Ma, alla fine, il gruppo post-punk britannico è tornato. Il nuovo disco, uscito in tutto il mondo venerdì 1 novembre, ha al centro il tema del tempo
Sono passati sedici anni dall'ultimo disco dei Cure, 4:13 Dream. Ma, alla fine, il gruppo post-punk britannico è tornato.
Songs of a Lost World è il suo quattordicesimo album in studio, e contiene alcuni dei brani cantati per la prima volta live durante il tour Shows of a Lost World che, nel corso delle 90 date in 33 Paesi, ha coinvolto oltre 1 milione e 300mila spettatori.
Le tracce contenute nel disco, uscito in tutto il mondo l'1 novembre, sono otto. E, al centro, hanno il tema del tempo.
Songs of a lost World, la tracklist
Così il frontman ha raccontato Alone, la traccia d'apertura: "È il brano che ha sbloccato il disco. Non appena abbiamo registrato quel pezzo ho capito che doveva essere la canzone d'apertura e ho sentito che l'intero disco veniva messo a fuoco". Ci ha messo un po', Robert Smith, a trovare la frase d'apertura. Con in testa il concetto dell'essere soli, si è ricordato della poesia Dreg di Ernest Dowson. E, in quel momento, tutto è diventato concreto.
Questa la tracklist completa:
Alone
And Nothing Is Forever
A Fragile Thing
Warsong
Drone: Nodrone
I Can Never Say Goodbye
All I Ever Am
Endsong
Cosa aspettarsi da Songs of a lost world
Alone e Endsong sono l'inizio e la fine di Songs of a lost world. Un disco cupo, solenne, che dura in totale cinquanta minuti e che è pieno di lacrime e di rimpianti. Ma se Robert Smith in Disintegration e Bloodflowers raccontava del passaggio ai trenta e poi ai quarant'anni, nel nuovo disco tutto è diverso. “Prima scrivevo di cose che pensavo di capire. Ora so di capirle", ha raccontato.
I sette minuti di Alone rimandano alla poesia di Ernest Dowson, narrata dalle note di chitarra, synth e batteria, con la voce di Smith che canta: “This is the end of every song that we sing". C'è il dolore universale, in Alone, che si fa personale nella traccia And Nothing Is Forever. Ci sono i conflitti privati di Warsong, e ciò che di brutto succede nel mondo in Drone: nodrone. Perché, dinnanzi alle scene che lo schermo ci rimanda, non si può che avvertire frustrazione, per quello scontro che è proprio della natura umana. Ma c'è anche l'elaborazione del lutto, quello di Richard Smith, che Robert affida a I Can never say goodbye. E c'è, in Endsong, una sorta di canto alla luna, che è placida e solenne, sopra una Terra sempre più violente. Di fronte a cui, la malinconia, è probabilmente l'unico possibile sentimento.