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Hanno Ucciso l'Uomo Ragno, la storia del primo album degli 883

Musica

Giuditta Avellina

©Getty

Max Pezzali e Mauro Repetto hanno un sogno: partire da Pavia e arrivare al mondo. Tutto comincia quando un produttore decide di supportarli per il primo album, Hanno ucciso l'Uomo Ragno. Di questo e molto altro racconta la serie Sky Original da ascolti record di Sydney Sibilia: più di 1 milione 300mila spettatori medi in una settimana per il terzo e quarto episodio, sempre su Sky e in streaming su Now 

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Il sogno che ha generato gli 883 ha a che fare con un supereroe: l'Uomo Ragno. L'icona dei fumetti della Marvel simboleggia la gioventù più pura che, d'improvviso, si schianta con le inevitabile luci-ombre della crescita. Quelle in cui Nord-Sud-Ovest-Est, di lì a poco, diventerà l'unica non direzione tangibile. Quelle in cui l'oggetto del desiderio diviene mito e le donne dondolano tra l'essere un sogno e un grande incubo. Ma prima della disillusione c'è quel 1992,  quando Max Pezzali e Mauro Repetto partecipano al Festivalbar e vengono premiati a Vota la voce come Miglior rivelazione e Miglior album. Per i ragazzini dell'epoca è una piccola rivoluzione che due ragazzi di provincia diventino riconoscibili e amati. I walkman sono costantemente in play e la canzone riprodotta ancora è ancora è sempre quella: Hanno ucciso l'Uomo Ragno. Un inno al fatto che sì, forse tutti siamo un po' sfigati e un po' fighi in potenza.

Il 1992 visto da un adolescente (anzi, due)

Chissà se chi era preadolescente o adolescente in quegli anni pensava più ai supereroi da riporre nel cassetto assieme al grembiule di scuola o all'ardente volontà, almeno per un giorno, di inforcare occhiali scuri e una felpa col cappuccio in testa per sentirsi meno solo. D'altronde i Novanta non erano certo anni facili per chi aveva voglia di trovare un posto nel mondo. Sembrava tutto un enorme calderone, il 1992: gli Snap di Rhythm is a dancer facevano da contraltare a Non amarmi di Aleandro Baldi e Francesca Alotta. I R.E.M di Everybody Hurts cantavano una sfumatura di disagio differente da quegli introspettivi Cure di High. Eppure, in quel disagio esistenziale che scivolava giù, invischiante, dal grunge dei Nirvana di Live at Reading, c'era anche un appendice nuova in Italia. Si chiamava 883, come la cilindrata di un'iconica moto Harley Davidson. E rombava forte. 

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La fine dei supereroi, l'inizio di un sogno

In tv c'era il Festivalbar, MTV era nell'epoca più effervescente per i videoclip. Le boy band cavalcavano on the edge of glory, i duri e puri seguaci di Soundgarden o Silverchair attraversavano le alterne fasi ed epoche del grunge. Tra suoni e moti dell'animo infimi, certamente, e sporadiche risalite umorali. Prima di una nuova caduta. In questo contesto due giovani ragazzi che amavano correre in motorino lungo il Ticino piuttosto che studiare chissà che roseo futuro avrebbero potuto avere. Forse una fortunosa appendice di vanagloria, un singolo in classifica prima dell'oblio. Eppure più di una solita notte da lupi nel bronx, Max e Mauro erano in procinto di inanellare - pure se ancora non lo sapevano - una sfilza di desideri avverati. E la lampada da sfregare portava inciso un nome: Hanno ucciso l'Uomo Ragno. Un paradosso: il delitto di un sogno come arma concreta per realizzarlo. In un'intervista dell'epoca a Il tempo, Max raccontava: "Avevamo un contratto [con la Warner Chappell ndr] che ci dava molto poco economicamente, ma che ci costringeva a scrivere dodici pezzi l'anno, pena una multa salatissima. Così la necessità e la pressione ci hanno costretto a tirare fuori una buona idea. […] Era un periodo in cui il supereroe della Marvel non aveva molta fortuna in Italia, inoltre non era ricco come Batman e Iron Man. Era un poveraccio, oggi lo definiremmo un precario".

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Tutto iniziò da un panino

Non fu semplice fare uscire un testo valido dalla cantina in cui i due registravano. L'ispirazione reale venne in seguito, quando i due andarono a fare una passeggiata al Bar del Turista a Pavia. "Ci prendemmo il panino piccante, pancetta e tabasco, una roba da peritonite fulminante. Eravamo lì con un taccuino, ma la canzone non veniva. Ci arrendemmo. Poi la sera di rientro a casa mia madre aveva preparato il minestrone che, unito al panino piccante di prima, non vi dico la sensazione. Poi a tavola all’improvviso, un po' anche per i fumi del tabasco, mi è venuta una frase: 'Hanno ucciso l'Uomo Ragno, chi sia stato non si sa'". Da lì, a cascata, l'album che li rese un piccolo grande mito italiano. I sogni infranti, come i cuori, possono ricomporsi e riavere una vita nuova e, forse migliore? La risposta è sì. E questa vaga e non più vana speranza fu e forse è all'origine di quella malia che furono gli 883. La riprova che sperare in un lieto, più ottimistico finale dopo molti inesorabili ...continua? (ricordate la scrittina gialla in basso a destra nelle loro musicassette?) è possibile, cantano. E accade quando un moto dell'animo solletica un pigro e non morto sentimento. Il risveglio, in una sera qualsiasi, può concretizzarsi in un mi sento vivo, ti sento vivere. Che poi, in fondo, non è forse la sorpresa più inspiegabile, che dona l'amore?

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Hanno ucciso l'Uomo Ragno - 883 - ©Getty

10 febbraio 1992, l'inizio di tutto

E così, il 10 febbraio 1992 vide la luce il primo disco degli 883. Trentacinque minuti abbondanti, nove tracce. Pierpaolo Peroni, Marco Guarnerio e Claudio Cecchetto a produrlo in studio, la distribuzione avvenne su cd, musicassetta, lp. Dentro c'era il piccolo mondo antico di questi due ragazzi di provincia che celebravano la sala giochi Jolly Blue, raccontavano dei primi timidi approcci con le ragazze e sognavano, con diecimila lire - anzi, un deca - di  essere i re della serata. E che, invece, come sempre, l'epiteto cui massimamente tendere era 6/1 sfigato. Forse il vero successo di questo primo album degli 883 stava, in fondo, proprio in questa piccola inconfessabile verità: tutti noi siamo un po' sognatori e un po' perdenti. Nonostante la vita apprezzabile e più brillante di certi nostri lati opacizzati dalle delusioni. Nonostante certe speranze infrante, l'Uomo Ragno schiacciato dal peso di una realtà meno ideale del previsto. Eppure, gli 883 rappresentano dal 1992 lo slancio di crederci comunque in quel "nonostante tutto". Nonostante il "chi sia stato non si sa" di un supereroe ucciso. Nonostante la mala o forse la pubblicità.  Il primo album fu quel manifesto generazionale e mantra di un disagio che non atterrerà mai del tutto. Per quel segreto semplice che fu la mescola di un Max più profondo, un Mauro più leggero. Per quel'incauto ottimismo che li ha uniti. Per quell'essere scanzonati che li rese così super-umani più che eroi. 

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Prima dell'album, un brano trampolino: Non me la menare

Prima dell'album Hanno ucciso l'Uomo Ragno, però, c'era stato un brano: Non me la menare. La storia di come nasce Non me la menare viene raccontata, in forma romanzata, sul finale del quarto episodio di Hanno ucciso l’Uomo Ragno – La leggendaria storia degli 883, ogni venerdì in esclusiva su Sky e in streaming solo su NOW, sempre disponibile on demand. Max e Mauro si ritrovano dopo un anno di lontananza, appianano le loro divergenze e tornano a incidere un brano che si rivelerà un successo straordinario e farà svoltare la loro carriera. A partire da quella cassetta inviata a Claudio Cecchetto, la partecipazione a Castrocaro e il divenire che, ancora oggi, è ben descritto da quel glorioso Sei un mito che alcuni anni dopo, nel 1993,  avrebbe reso gli 883 indimenticati ed indimenticabili.

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La tracklist di Hanno ucciso l'Uomo Ragno

Non me la menare – 4:14

S'inkazza (Questa casa non è un albergo) – 3:37

6/1/sfigato – 3:58

Te la tiri – 3:34

Hanno ucciso l'Uomo Ragno – 4:12

Con un deca – 5:01

Jolly Blue – 3:30

Lasciati toccare – 4:46

Non me la menare (Gospel) – 2:30

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