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Un glorioso disastro, i Cassandra: “Abbiamo camminato su due binari"

Musica

Matteo Rossini

Crediti: ufficio stampa

Francesco Ravazzi, chitarrista della band, ci ha raccontato il nuovo album Un glorioso disastro: “Questo disco è stato scritto durante il tour di quattro mesi della scorsa estate, racchiude tanta vita vissuta in quel periodo”. L’INTERVISTA

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È uscito Un glorioso disastro, il nuovo album dei Cassandra. Matteo Ravazzi, Francesco Ravazzi e Giovanni Sarti hanno unito il mondo del cantaurorato italiano con suoni più vicini al pop e rock britannico. La nostra intervista al gruppo tra i tantissimi concerti estivi del 2023 e la nascita del progetto discografico.

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Francesco Ravazzi ci ha aperto le porte del mondo dei Cassandra: dal significato del nome della band al nuovo album Un glorioso disastro fino ad arrivare ai progetti per l’anno appena iniziato. Lo abbiamo intervistato.

 

Partiamo da voi, dal nome

Tantissime persone credono che il nome racchiuda qualcosa di molto elevato e profondo, invece è molto più urban di quanto si possa immaginare. Il nome è nato quando un giorno abbiamo trovato la scritta ‘Cassandra mi manchi’ su un muro davanti alla sala prove. In quel periodo eravamo alla ricerca del nome così abbiamo pensato che forse il destino avesse scelto per noi. Nel nostro primo album c’è un brano che si intitola Cassandra, ma in questo caso è legato al mito.

 

Vi siete mai chiesti chi fosse quella Cassandra?

Assolutamente sì, tantissime volte, ma non lo abbiamo mai saputo.

 

Da poco è uscito il nuovo album Un glorioso disastro, quali sono state le influenze nella scrittura?

Noi abbiamo sempre camminato su due binari: da una parte il cantautorato italiano con nomi come Lucio Dalla, Francesco De Gregori, Lucio Battisti e Fabrizio De Andrè, dall’altro il pop e rock inglese con gruppi come i Beatles, i Rolling Stones, gli Strokes e i Libertines.

 

Differenze con il primo album?

Per quanto concerne i testi devo dire che non è cambiato molto, ci sono sempre cose che riguardano la nostra vita. Questo disco è stato scritto durante il tour di quattro mesi della scorsa estate, racchiude tanta vita vissuta in quel periodo. Il primo disco è nato nel corso degli anni, mentre questo dall’urgenza di fissare le emozioni. Per quanto riguarda il sound c’è una maggiore istintività.

 

C’è un brano a cui siete maggiormente legati?

Ognuno di noi ha il suo brano preferito per una questione emotiva. Se dovessi pensare a un brano rappresentativo del gruppo direi Sponsor perché è il perfetto trait d’union tra il primo e il secondo album.

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Cosa direste ai voi del primo album?

Non direi nulla, ma non per mancanza di modestia perché è ovvio che non appena chiudi un disco pensi subito a tutte quelle cose che avresti potuto fare diversamente, ma perché il primo album è stato veramente sofferto da un punto di vista della realizzazione. Forse l’unica cosa che mi sentirei di dire è di non curarsi di cosa possa funzionare o meno.

Il nuovo anno è appena iniziato, cosa vi aspetta all’orizzonte?

Sicuramente suonare, suonare e ancora suonare! Ci stiamo già preparando ai concerti, il nostro obiettivo è quello di portare la musica live in giro per l’Italia.

 

Anche sorprese in arrivo?

Noi stiamo continuando a scrivere, è una nostra necessità, quindi non è detto che non ci sia qualche sorpresa più avanti.

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