Sziget Festival, Nothing but Thieves: “Il nostro è come un matrimonio”

Musica
Matteo  Rossini

Matteo Rossini

©IPA/Fotogramma

Conor Mason, Dom Craik e Joe Langridge-Brown ci hanno svelato il segreto del loro affiatamento che li ha portati a divenire una delle formazioni inglesi di maggior successo dell’ultimo decennio. Il cantante: “Siamo cresciuti insieme, la nostra chiave è la comunicazione. Sia in studio che in tour per noi l’importante è parlare”. L’INTERVISTA

I Nothing but Thieves sono tra gli artisti esibitisi domenica 13 agosto al FreeDome presented by Mastercard dello Sziget Festival. Poche ore prima della performance, il gruppo britannico ci ha raccontato come sia cambiato in oltre dieci anni di carriera e il segreto del suo affiatamento.

nothing but thieves: “Siamo cresciuti insieme, la nostra chiave è la comunicazione”

 

Un ritorno tanto atteso. I Nothing but Thieves si sono nuovamente esibiti allo Sziget Festival, in programma sull’isola di Óbuda fino al 15 agosto. La formazione, fresca della pubblicazione del nuovo album Dead Club City, arrivato alla prima posizione dei dischi più venduti nel Regno Unito, ci ha aperto le porte della sua musica.

 

Pronti per questo ritorno allo Sziget?

Dom Craik: Proprio pochi secondi fa stavamo parlando della popolarità internazionale del Festival, le persone arrivano da ogni parte del mondo. Credo che i motivi del successo dello Sziget siano due: la durata e la line up incredibile. Un evento di grandissimo livello. È la nostra terza volta qui.

 

Poche settimane fa avete pubblicato Dead Club City, qual è stato il suo processo di creazione?

Joe Langridge-Brown: Questa volta è stato diverso rispetto al passato. Per gli ultimi due album abbiamo seguito il classico percorso di produzione: sei settimane chiusi in uno studio di Los Angeles. Per il concept album Dead Club City abbiamo fatto una scelta diversa, ovvero lavorarci con maggior calma.

 

C’è una canzone a cui siete più legati?

Dom: Credo che la canzone di cui ci siamo sorprendentemente innamorati sia Welcome to the DCC. Il processo della sua produzione ha funzionato molto bene.

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Com’è trascorrere tanto tempo insieme?

Conor Mason: Siamo cresciuti insieme, la nostra chiave è la comunicazione. Sia in studio che in tour per noi l’importante è parlare, darci spazio a vicenda e seguire il flusso positivo delle cose. È come un matrimonio, siamo una famiglia. Serve pratica come per tutte le cose.

 

Avete fondato la band nel 2012, come siete cambiati rispetto ai ragazzi che eravate più di dieci anni fa?

Dom: Questa è una domanda abbastanza difficile perché ci sarebbero tantissime cose da dire. A livello musicale per me è evidente, siamo cambiati moltissimo e abbiamo sviluppato una nostra visione.

Joe: Non ci concentriamo unicamente su una canzone, da essa non dipende tutta la band. Ci possono essere brani che arrivano primi e altri no, è normale.

Conor: Siamo focalizzati sull’essere un gruppo.

 

E cosa direste a voi di dieci anni fa?

Dom: Al me di dieci anni fa direi che le cose miglioreranno sicuramente e che andranno bene.

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Il ricordo più bello?

Dom: Direi esibirsi alla O2 Arena.

Joe: Per me tutte le cose inaspettate, come ad esempio il successo del nostro primo album in Corea del Sud.

 

E guardando al futuro, cosa vorreste raggiungere?

Conor: Avere una solida consapevolezza ed essere in grado di poter fare la musica che vogliamo e show in posti sempre più grandi dove non siamo mai stati continuando a scoprire il mondo e a divertirci.

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