Yusuf / Cat Stevens torna dal vivo: “Un mondo migliore? Dipende da tutti noi”. INTERVISTA

Musica
Valentina Clemente

Valentina Clemente

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Un nuovo album (a cui ha lavorato per più di dieci anni), un nuovo tour con una sola data in Italia, il 18 giugno alla Cavea dell’Auditorium Parco della Musica a Roma, il ricordo e la musica di George Harrison e le speranze per il futuro del pianeta e dell'umanità. Yusuf / Cat Stevens si racconta a Sky TG24 in una lunga intervista. In cui parla anche dell’importanza del silenzio in una società spesso “troppo rumorosa”

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Incontro Yusuf / Cat Stevens in una domenica di giugno, mentre si trova a Berlino in vista della prima data del suo nuovo tour, che lo porterà anche in Italia. Dopo un lungo periodo di assenza dalle scene, dovuto alla pandemia, l’artista britannico è pronto a tornare sul palco: con lui una band arricchita da nuovi musicisti e un nuovo album, King Of A Land, a cui ha lavorato per quasi 12 anni. La calma che trasmette attraverso il suo sorriso, anche se ci divide lo schermo del computer (e qualche migliaio di chilometri, visto che io mi trovo a Milano) è contagiosa. Ci salutiamo e, dopo qualche istante, mi inizia a raccontare delle prove fatte a Londra, città in cui abita, e della felicità di tornare finalmente sui palchi di tutta Europa.

Yusuf / Cat Stevens torna in tour, con nuova musica e i classici del passato

Come si sente all’idea di – finalmente – portare la sua musica in tour?

Penso sia a dir poco bellissimo: non c’è nulla di più bello che suonare dal vivo. Sai, puoi ascoltare un disco più volte, ma un concerto ha qualcosa di diverso ed è sempre unico. Abbiamo preparato un grande spettacolo, scelto accuratamente tutti i brani; con le sonorità potremo tornare indietro nel tempo, fino al 1966. Abbiamo aumentato il numero di musicisti e aggiunto degli ottoni, in modo da poter suonare alcune canzoni del passato; sarà bello rivivere quelle emozioni, sia per chi le ha assaporate in quel periodo, sia per chi non c’era e può viverle ora. Per tutti ci sarà un assaggio degli anni Sessanta.

 

Ha parlato delle “vecchie canzoni” che porterà in questo nuovo tour. Non credo siano vecchie, bensì eterne. Anche se sono state realizzate delle versioni differenti nel corso del tempo. Penso a Father and Son, che ha visto anche una cover dei Boyzone, boyband che ha segnato l’adolescenza di molti di noi…

(ride) Sì, erano estremamente adorabili, ad essere sincero. Ho lavorato con loro ed è stato fantastico! Penso che Ronan Keating abbia cantato quella canzone magnificamente.

 

La canterà anche in questo tour?

Certo, la canto sempre, fa parte del mio dna. Non può mancare tra i brani del concerto!

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L'eredità musicale e il primo concerto a Glastonbury

Father and Son, come del resto tante altre canzoni che ha creato in questa lunga carriera, fa parte della sua eredità musicale e culturale. Come si sente all’idea si trasmettere questo suo bagaglio di musica a chi verrà dopo di lei, musicisti e appassionati di musica?

Per me questo è un regalo. Sai, quando inizi un percorso artistico nella tua vita non sai mai dove andrai a finire, se questo percorso potrà andare avanti anche senza di te, oppure se riuscirai a influenzare le persone e le loro vite. Ho avuto la fortuna di non pensarci perché tutto quello che stavo facendo era semplicemente creare un percorso, vivere il mio viaggio. Ma mentre facevo questo, sapevo che il pubblico avrebbe vissuto cose simili e che stavamo condividendo questo tipo di esperienze. Ho scritto testi in cui molte persone si sono rispecchiate, ed è bellissimo. Credo sia veramente un regalo che ti viene dato, che arriva da una dimensione più spirituale. E questo è sempre stato il mio stile. A un certo punto comprendi che non lo stai facendo perché è un lavoro, ma perché è la tua vita. Mi sento fortunato e grato.

 

Tra pochi giorni, il 18 giugno, sarà a Roma, la settimana successiva a Glastonbury: passerà da un luogo intimo come la Cavea dell’Auditorium Parco della Musica a uno dei Festival più importanti. Come si sente all’idea di incontrare così tante culture diverse?

È molto bello, soprattutto perché ogni sera il concerto è diverso. Ma, soprattutto, anch’io tocco con mano reazioni diverse al mio concerto. O meglio, sarà bello vedere come le persone a Roma risponderanno alle mie canzoni, e sicuramente ci sarà una reazione diversa a Glastonbury. Sarà un’esperienza per me e per chi viene al concerto, senza alcun dubbio.

 

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Un nuovo album, ricco di sfumature

King Of A Land è il suo ultimo album. Ma è vero che ci ha lavorato per dieci anni e solo ora, dopo averlo completato, ne è completamente soddisfatto?

Penso che tutto queto faccia parte della bellezza del processo di registrazione dell’album. Riesci a catturare qualcosa di particolare un giorno, ma magari non fare nulla il giorno successivo. Questo album, per me, è molto bello perché ho inserito tutte le sfumature che avevo immaginato. Pensa alla musicalità, ma anche alla felicità che si prova quando si registra una canzone. Tutto si complica se devi registrare un album ogni anno, perché tutto diventa più ripetitivo. Ma questo non è il caso di King Of A Land. Diciamo che ho fatto come Michelangelo, quando non permetteva a nessuno di vedere le sue opere fino a quando non erano complete e “perfette” per lui.

 

Crede che questo album sia “perfetto”?

Credo sia perfettamente bilanciato, perché rispecchia i miei stili musicali e il mio percorso artistico: da questo punto di vista è perfetto. Non credo esista una perfezione assoluta nella musica, credo che ogni canzone sia perfetta per me perché, appunto, descrive ciò che io volevo raccontare.

Ma è vero che l'ha registrato nello studio di George Harrison?

L’abbiamo registrato tra Berlino, la Francia e altri luoghi, ma nello studio di George lo abbiamo completato. Non credo molte persone ci siano state, e il fatto di aver mixato il mio album lì è stata un’esperienza mistica in un luogo magico.

 

Sentiva aleggiare la figura di George Harrison?

Sì, decisamente (sorride). C’era il figlio con noi, ma io sentivo la vicinanza con George, il suo spirito ci ha tenuto compagnia

"Un mondo migliore? Dipende da ciacuno di noi"

Con la sua musica ci ha insegnato che un mondo migliore è possibile. Crede lo sia, ancora oggi?

Dipende da come ti comporti in questo mondo. Il mondo è qualcosa di astratto. Quello che puoi fare è lavorare su te stesso, è nella tua anima, non là fuori. In questi miei concerti suono alcune canzoni di George Harrison, perché rappresentava il Beatle che si guardava dentro. John parlava sempre, era più politico. Paul era il musicista che voleva solo la musica, ma George guardava più in profondità. E questo è il luogo in cui scopriamo che il mondo esiste per noi. Se riusciamo a trovare quella pace dentro di noi, il mondo può essere un posto migliore.

Ringo Starr and George Harrison perform during a concert for the Princes Trust, attended by Princess Diana and Prince Charles, at Wembley Stadium, London, circa 1987 (Photo by Dave Hogan/Getty Images)

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Il duplice ruolo dell'artista, oggi

Ho letto che le piacerebbe collaborare con i Green day, è vero?

Lascio al mio manager il compito di creare un legame, ma credo loro siano veramente fantastici. Quando ho ascoltato la loro canzone Know Your Enemy ho subito pensato: "Wow, sono veramente fantastici. Ribelli e coraggiosi". Sì, mi piacciono molto, sono bravi.

 

I Green Day, come del resto altri artisti, nel corso della loro carriera hanno preso delle posizioni che possono essere sembrate scomode. Crede che oggi gli artisti debbano prendere una posizione e alzare la voce?

Credo che gli artisti abbiamo una duplice opportunità: possono far pensare le persone due volte. Con la loro musica, ma anche attraverso i loro comportamenti e pensieri. Viviamo in un periodo in cui, attraverso i social media, tutti possono esprimersi come vogliono. Ma a volte ciò di cui abbiamo bisogno è un po’ di silenzio, che ora è quasi un lusso.

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