Il grande cantautore americano è stato fonte d'ispirazione per decine di nostri musicisti, da De André a Tenco, da Ligabue a De Gregori che gli ha dedicato un intero disco di cover
“Mister Tamburino, non ho voglia di scherzare/rimettiamoci la maglia, i tempi stanno per cambiare”, sono i primi due versi di uno dei maggiori successi di Franco Battiato, uno degli attacchi più famosi della storia della musica leggera italiana: due versi che si aprono con una citazione di Bob Dylan – anzi, di un personaggio di Bob Dylan, come acutamente osservato da Morgan nello speciale Italian Masters 33 Giri dedicato a La Voce del Padrone e trasmesso su Sky Arte in memoria del Maestro. Mr. Tambourine Man è una delle canzoni più famose del Menestrello di Duluth, universalmente considerata il punto di partenza del genere folk rock, ma non dobbiamo sottovalutare il doppio senso che si porta dietro da oltre mezzo secolo: secondo un'interpretazione accreditata, il “tambourine man” era un riferimento agli spacciatori nei club newyorkesi che si sedevano e battevano le nocche sul tavolo, come segnale di “disponibilità” per eventuali compratori.
E anche “i tempi stanno per cambiare” del secondo verso, del resto, altro non è che un riferimento a The Times They Are a-Changin', così come – sempre nello stesso album – nella madeleine di ricordi di Cuccuruccucù Paloma trovano posto anche Like a Rolling Stone e Just Like A Woman (“storpiata” in “Like just a woman”). Così Bob Dylan è dappertutto, nella musica e non solo, nella cultura, negli spot pubblicitari, nei modi di dire, nelle citazioni involontarie che non sappiamo nemmeno appartenere a Dylan. Alcuni grandi cantautori italiani gli hanno tributato enormi omaggi sotto forma di cover o addirittura di interi album, come nel caso di Francesco De Gregori che nell'autunno 2015 pubblicò Amore e furto, una raccolta di undici canzoni tradotte e reinterpretate che si apriva con Un angioletto come te (Sweetheart like you) e si chiudeva con Dignità (Dignity), passando per Via della Povertà (Desolation Row) o Acido Seminterrato (Subterranean Homesick Blues). Via della Povertà, in particolare, fu scritta in collaborazione con Fabrizio De André, che più volte la eseguì dal vivo attualizzandola e inserendo nel testo riferimenti a personaggi della politica italiana come Almirante, Berlinguer, Craxi o Pertini.
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Proprio il video che accompagnava Subterranean Homesick Blues presente nel documentario Dont Look Back, in cui Dylan mostra le parole della canzone scritte su alcuni cartelli cercando di stare al passo con la musica, rappresenta una delle citazioni più amate e diffuse nella cultura musicale contemporanea. Due esempi italiani per tutti: Daniele Silvestri, nel suo esordio al Festival di Sanremo con L'uomo col megafono (1995), o Luciano Ligabue con il video di Almeno Credo in cui, tra i tanti personaggi che reggevano i cartelli, da Luciana Littizzetto a Gianni Mura, c'era anche Fernanda Pivano, la prima che fece conoscere anche all'Italia gli intellettuali della letteratura beat e diede a Dylan una dignità da poeta già a metà anni Sessanta, molto prima che s'iniziasse a discutere su un suo possibile premio Nobel.
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Al fascino di Dylan non è stato immune nemmeno Fabrizio De André, che nel 1978 riprese Romance in Durango (dall'album Desire del 1976) trasformandola in Avventura a Durango: particolare l'opera di traduzione di De André e Massimo Bubola sul ritornello, che nella versione originale era un misto di inglese e spagnolo, reso con un pastiche un po' in italiano e un po' in dialetto (nun chiagne Maddalena, Dio ci guarderà). Ma l'elenco delle cover italiane di Dylan è innumerevole e va da Vinicio Capossela (La nave sta arrivando, da When the ship comes in) ai Nomadi (Ti voglio, da I Want You), finendo con versioni decisamente più strampalate come la cover di Knockin' on Heaven's Door in cui si cimentò nientemeno che Adriano Pappalardo (Ai miei figli che dirò), con risultati rivedibili...
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In questa rassegna di omaggi e citazioni non poteva mancare una delle canzoni più famosi e generazionali di Dylan, ovvero Blowin' in the wind, il cui testo compare ancora di oggi sui libri di scuola di tutto il mondo e il cui verso più famoso (the answer, my friend, is blowin' in the wind) viene citato alla lettera anche, per esempio, da Renato Zero in Piper Club, traccia d'apertura del suo album Via Tagliamento 1965/1970. Fu Mogol a riadattare il testo in italiano; l'onere e l'onore di cantarla se lo assunse tra gli altri anche Luigi Tenco, ma questa versione rimase inedita fino al 1972, cinque anni dopo la tragica morte del cantautore alessandrino, quando uscì l'album postumo Luigi Tenco canta Tenco, De André, Jannacci, Bob Dylan. La versione di Tenco de La risposta è caduta nel vento ha un ritmo sorprendente, molto più veloce e allegro dell'originale, stravolgendone l'arrangiamento e togliendole forse intensità. A voi il giudizio!