Valeria Golino: “L'arte della gioia? Non volevo essere pop come Bridgerton"

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Camilla Sernagiotto

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Al Riviera International Film Festival, la kermesse cinematografica che si tiene a Sestri Levante, l’attrice e regista racconta il percorso creativo che l’ha vista firmare la regia della serie Sky Original tratta dall’omonimo romanzo di Goliarda Sapienza, riflettendo sul successo, le difficoltà e l’intensità emotiva che l’hanno accompagnata nel portare a termine il progetto più ambizioso della sua carriera da regista

Valeria Golino ha partecipato nei giorni scorsi al Riviera International Film Festival, la kermesse cinematografica che si tiene a Sestri Levante ogni anno.
L’attrice e regista ha raccontato il percorso creativo che l’ha vista firmare la regia della serie Sky Original L'arte della gioia, tratta dall’omonimo romanzo di Goliarda Sapienza, riflettendo sul successo, le difficoltà e l’intensità emotiva che l’hanno accompagnata nel portare a termine il progetto più ambizioso della sua carriera da regista.

 

Ricordiamo che la serie in sei episodi diretta da Valeria Golino e Nicolangelo Gelormini, in esclusiva su Sky e NOW, era la favorita alla 70esima edizione dei Premi David di Donatello, ha portato a casa tre statuette nelle categorie Miglior Sceneggiatura non originale, Migliore Attrice protagonista (Tecla Insolia) e Migliore Attrice non protagonista (Valeria Bruni Tedeschi).

 

A Sestri Levante, durante il talk dedicato a L’arte della gioia, l’attrice e regista ha condiviso il suo stato d’animo all’indomani della vittoria ai David di Donatello, sottolineando quanto le abbiano toccato le vittorie delle attrici protagoniste: "Ma quando hanno vinto le mie attrici vincere il David, anche rispetto a quando li ho vinti io, penso di essermi emozionata di più. Mi ha riempito di gioia. Tecla è giovane e vive questo come il motore di qualcosa che sta già succedendo".

Per Golino, il riconoscimento ricevuto da Tecla Insolia ha avuto un valore simbolico, legato non solo al talento della giovane interprete, ma anche alla consapevolezza che quel premio rappresentava l'inizio di un percorso artistico già in movimento.

Dal romanzo alla serie: un’idea maturata nel tempo

Il progetto di adattare L’arte della gioia non è nato per caso. Valeria Golino racconta a Sestri Levante come abbia scoperto Goliarda Sapienza da giovanissima, ma solo molti anni dopo, rileggendo il libro più volte, si sia sentita pronta a farne un’opera visiva. Inizialmente pensato come film, il progetto si è trasformato in serie quando, insieme alla produttrice Viola Prestieri, si è resa conto che la complessità del testo necessitava di uno spazio narrativo più ampio. "La mia produttrice Viola Prestieri e io avevamo preso i diritti", ricorda la regista. "Ci siamo rese conto che era meglio realizzare una serie perché come film non riuscivo a trovare la quadra. Abbiamo subito trovato un'interlocutore in Sky ed è stato come un piccolo miracolo. Non è sempre così, spesso ci metti anni a trovare chi fa diventare un sogno realtà".

 

Golino aggiunge: “Avevo letto il libro 15 anni fa, c'era chi già al tempo voleva farlo diventare un film. Io avevo conosciuto Goliarda da giovanissima, sapevo di lei e del romanzo che non usciva. Nel 2008 qualcuno pensava potessi essere Modesta. E infatti il film non si è fatto (ride, ndr). L'ho riletto per piacere anni dopo e una terza volta quando abbiamo deciso di ottenerne i diritti. Perché erano dieci anni che erano stati presi e si stavano liberando. Viola mi ha avvisata, ma non avevo mai pensato di fare la regia. E con ingenuità ho detto: 'Faccio la serie'".

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Tecla Insolia: una scoperta sorprendente

Il casting di Tecla Insolia nel ruolo di Modesta è stato tutt’altro che scontato. Valeria Golino ricorda il primo provino con una punta di ironia: “Facciamo anche quest’altro provino, tanto non la prendo”. Ma quella giovane attrice ha spiazzato tutti cantando Mi sono innamorato di te con una delicatezza che ha stregato l’intera stanza. Dopo mesi di provini e confronti, è diventata chiaro che Tecla era l’unica possibile interprete. “Si è presa il ruolo contro tutto e tutti”, afferma Golino, sottolineando quanto l’attrice sia riuscita a incarnare un personaggio complesso, stravolgendo le sue aspettative iniziali.

 

"Mentre scrivevamo, un processo durato due anni e mezzo circa, non sapevo chi sarebbe stata Modesta. Nella mia immaginazione c'era un altro tipo di donna più folcloristicamente del sud rispetto a Tecla. Ora non riesco a immaginare nessuno se non lei", ammette Golino al Riviera Film Festival. "La prima volta che l'ho vista entrare nell'ufficio dei provini tra me e me mi sono detta: 'Facciamo anche quest'altro provino, tanto non la prendo'. L'ho fatto con gentilezza e garbo come è giusto che sia. Qualcuno del mio casting mi ha detto che era anche cantante e così le ho chiesto di cantare, tanto per perdere tempo. Lei inizia a intonare Mi sono innamorato di te ed è come se avesse fermato il tempo. Ha imposto la sua piccola voce e presenza mentre noi abbiamo trattenuto il fiato. Ho continuato a vedere persone per il ruolo. Poi le ho rifatto altri provini con persone diverse e in situazioni diverse per altri duo e tre mesi. Era talmente lei che si era impossessata del mio immaginario. Si è presa il ruolo contro tutto e tutti. Già l'amavo, ma non sapevo ancora quanto mi avrebbe regalato".

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Valeria Bruni Tedeschi: la principessa senza rivali

Diverso il caso di Valeria Bruni Tedeschi, scelta per interpretare la principessa Gaia. La regista, con cui Golino aveva già lavorato in passato, la definisce “la più grande attrice europea della mia generazione”. Il ruolo, inizialmente pensato per una donna più matura, è stato riscritto su misura per lei dopo un provino che ha convinto tutti.
È la più grande attrice europea della mia generazione. E lo dico anche un po' inca***ta (ride, ndr). È un'attrice fuori concorso, senza pari", racconta la regista.

 

"Pensavo che il ruolo della principessa Gaia, un donna capricciosa, cattiva, cinica, colta, aristocratica, rappresentativa di una casta decadente, fosse perfetto per lei. Ma nel libro era una donna più adulta. Aveva tutto per interpretarla, ma era troppo giovane. Nonostante questo ha voluto leggere la sceneggiatura e mi ha detto: "Voglio fare un provino". È venuta a Roma ed è stata straordinaria. Già dopo dieci minuti il ruolo era suo".

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Linguaggio televisivo e identità cinematografica

L’arte della gioia rappresenta anche la prima esperienza nella serialità per Valeria Golino come regista, dopo Miele del 2013 ed Euforia del 2018 (e Armandino e il MADRE, cortometraggio del 2010). Un passaggio non semplice per una regista abituata ai tempi e ai silenzi del cinema.

 

Al Riviera Film Festival, ha dichiarato: "Tante cose non sapevo come le avrei fatte e tante cose le ho imparate strada facendo, sbagliando e raddrizzando il tiro" .

Sottolinea come "volevo fosse cinema ma che fosse anche bello da vedere in televisione. Non volevo fare una serie che fosse contro una serie, che fosse così cinematografica e rigorosa da diventare noiosa. Non volevo ti distraesse". E ha aggiunto: "Il silenzio che puoi avare in un film non è lo stesso che puoi avere in una serie. Dopo tre secondi cambi canale. Sono cose impercettibili per uno spettatore, ma mentre lo fai capisci che c'è un'energia che devi tenere. Non volevo fosse una serie pop, ma che la forma avesse un peso visivo molto impostato. Non volevo fare la moderna in una serie che parlava dell'inizio del Novecento. Però volevo che dentro ci fossero il disordine e l'umano. L'ho detto fin dall'inizio che non avrei fatto Bridgerton".

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Un finale imprevisto e una festa in pronto soccorso

Le riprese si sono concluse in modo piuttosto rocambolesco, come ricorda con ironia Golino. L’ultimo ciak, arrivato dopo cento giorni di lavoro, si è chiuso con una caduta accidentale e un trauma cranico, proprio durante i festeggiamenti. “’L’ultimo ciak l’abbiamo battuto il 100° giorno di riprese. Eravamo dentro i campi con Modesta bambina e il piccolo attore che interpreta Tuzzu. Vicino c'era una piazzola di cemento dove c'eravamo appoggiati. Un centinaio di persone che correvano da una parte all'altra facendosi le feste. A un certo punto, da lontano, vedo uno dei miei collaboratori e corro verso di lui al galoppo e lo abbraccio attaccandomi al collo. Essendo un uomo di un metro e novanta mi aspettavo mi prendesse. E invece cadiamo indietro con lui sopra di me. Sbatto la testa sul cemento e lui mi ha detto di avermi sentita dire: 'Ops' (ride, ndr). Il rumore della mia testa sul cemento ha fermato cento persone. Ho passato la notte della festa di fine film all'ospedale a fare tac con alcune persone con le fiaccole fuori dall'ospedale. Valeria Bruni Tedeschi piangeva e ha fatto tutto il suo teatro mentre qualcuno è andato alla festa. So tutti i loro nomi (ride, ndr)”. 

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